venerdì 16 dicembre 2016

Gesù secondo l'Islam.


Il Natale, che celebra la nascita di Gesù, è una delle più grandi festività cristiane, ma in realtà quella di Gesù è una figura importante anche per l'Islam.
I musulmani credono che sia un profeta di Dio (non suo figlio o la sua reincarnazione), che sia nato dalla Vergine Maria e che nel giorno del giudizio tornerà sulla terra per restaurare la giustizia e per sconfiggere l'Anticristo.
La sua nascita è un momento importante per alcuni musulmani che celebrano questa ricorrenza, seppur in modo non ufficiale, attraverso letture del Corano, riunioni familiari, elemosina e canti religiosi.
I musulmani non credono però che Gesù sia stato crocifisso: Dio lo salvò e lo portò a sé, mentre le fattezze di Cristo furono date a un altro uomo. I nemici di Gesù presero quest'uomo e lo crocifissero, pensando che fosse il figlio di Maria.
Gesù(in arabo Isa o Issa), Maria (Maryam) e l'arcangelo Gabriele (Jibrīl) compaiono tutti nel Corano, così come Adamo, Noè, Abramo, Mosè e altri personaggi della Bibbia.
La menzione di Gesù viene sempre accompagnata dall'eulogia «Su di lui la pace», simile a quella impiegata per il profeta Maometto: «Dio lo benedica e gli dia pace».
A Maria è dedicato un intero capitolo del Corano, l'unico in cui viene nominata una figura femminile e anche per l'Islam Maria era vergine quando diede alla luce Gesù. L'Islam rispetta tutti i profeti, compreso Gesù, e secondo il Corano chi non crede anche in lui non è musulmano.

giovedì 8 dicembre 2016

Marocco: regole di comportamento.


Oggigiorno sono pochi i popoli che hanno il culto dell’ospitalità come i marocchini.
Dopo pochi minuti di conversazione i mercanti del suk e la gente di campagna (ma non solo), potrebbero invitarvi a casa loro a bere un bicchiere di tè o a condividere un pasto. Declinare questi inviti è praticamente impossibile, perché il rifiuto risulterebbe come un’offesa; per contro, accettare un invito da un commerciante non significa che si debba acquistare qualcosa da lui.
Ci sono comunque regole che vanno rispettate quando si è invitati a casa di una famiglia marocchina.
Per prima cosa, quando si entra in casa d’altri è educazione levarsi le scarpe lasciandole accanto alla porta ed è preferibile non essere troppo espansivi con le donne delle famiglia soprattutto da parte dei maschietti. Se l’invito è per un pranzo, bisogna prepararsi ad enormi porzioni di cibo! E’ difficile rifiutare la prima e spesso anche la seconda razione di un piatto. Generalmente si mangia prendendo il cibo con le dita e aiutandosi con pezzi di pane. Se la cosa risulta difficile vi verranno dati comunque coltello e forchetta.
Quando si mangia bisogna utilizzare la mano destra perché la sinistra è riservata all’igiene personale e tradizionalmente considerata impura.
Il pasto si conclude quasi sempre con del tè alla menta, ne saranno servite almeno tre tazze che come al solito non si possono rifiutare. Se l’invito è da parte di una famiglia con scarsi mezzi economici è meglio non offrirsi mai di pagare il pasto, ma un piccolo regalo è sufficiente per ringraziare.
Le regole in Marocco però non finiscono qui:
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In questo paese si possono fare fotografie praticamente ovunque, ma sono vietate in alcuni musei (in altri è richiesto il pagamento di un’apposita tariffa) in edifici militari o ufficiali dove la cosa potrebbe costarvi la confisca della pellicola e una lunga serie di domande…
Se si vogliono fotografare persone o bambini in particolare, è consigliabile chiedere sempre prima il permesso in quanto i marocchini sono molto sospettosi riguardo qualsiasi tipo di immagine.Meglio tener presente che chi accetta di farsi fotografare, soprattutto in zone turistiche, potrebbe chiedere in cambio qualche soldo!
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E’ considerato davvero maleducato criticare o parlar male della religione e non si deve mai disturbare nessuno durante la preghiera, né parlando né, tantomeno, fotografando.
Il Ramadan viene strettamente rispettato in Marocco; anche se i non musulmani possono mangiare, bere e fumare quando vogliono, è davvero buon uso evitare di farlo in pubblico Le coppie devono evitare effusioni in pubblico e mantenere atteggiamenti decorosi. In Marocco tra gli uomini c’è l’usanza di camminare tenendosi per mano… attenzione a non fare gaffe!!!! Tutte le moschee, tranne la grande moschea di Casablanca e la vecchia moschea di Tin Mal, sono accessibili solo ai musulmani. Per visitare questi edifici bisogna togliersi le scarpe, coprirsi il capo (le donne) e comportarsi in maniera rispettosa. Meglio non insistere per entrare in un moschea se viene proibito, oppure spiare da uno spiraglio, può risultare sacrilego!!!
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Le abitudini in materia di abbigliamento sono molto cambiate, nelle grandi città non è insolito vedere donne marocchine vestite “all’occidentale” è comunque consigliabile evitare gli abiti succinti, soprattutto nelle zone più tradizionali.
Le donne in topless, sia in piscina, sia in spiaggia non sono assolutamente gradite.
Portare un foulard sul capo fa evitare attenzioni indesiderate.
Il nudismo è proibito in Marocco, chi lo pratica rischia l’arresto!
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Il fumo è proibito sulla maggior parte degli autobus e nei cinema moderni.
In regioni isolate vedere una donna fumare è ancora uno choc!!!
La marjuana e il kif sono vietati per legge, anche se molto diffusi, meglio evitare però contatti con gli spacciatori!

domenica 30 ottobre 2016

Le tradizioni matrimoniali più bizzarre del mondo arabo.



Il sito internet della tv Almustaqbal ha pubblicato un servizio sulle più strane usanze matrimoniali che, anche se limitate ormai a piccole aree rurali, vengono praticate per consuetudine, senza che abbiano necessariamente particolari implicazioni o significati.
In Bahrain ad esempio, all’inizio della cerimonia di nozze, l’ostetrica del villaggio prende un contenitore di coccio e lo mette al centro del cortile della casa. Gli sposi si siedono l’uno di fronte all’altra, mettono i piedi nel contenitore alluci contro alluci, e la sposa deve lanciare una monetina all’interno del contenitore.
In Tunisia,nella città di Sfax, la sposa salta diverse volte su del pesce posato su un grande piatto, come auspicio per una buona sorte, mentre nella città di Bizerte la sposa si lega al piede un pesce, lo  trascina per alcuni metri  e infine ci salta sopra sette volte, assicurandosi di essere la prima poi a mangiarlo, per tenere lontani il male e l’invidia. 
In Marocco la sposa, la notte prima delle nozze, rompe un uovo precedentemente dipinto con l’hennè su una parete della sua nuova casa.
In Libano alcune spose incollano dei ritagli di pasta sulla porta della loro nuova casa, come augurio per un futuro roseo.
In Sudan: durante il ballo degli sposi, la sposa prova a lasciarsi cadere in terra mentre lo sposo prova a sorreggerla, subendo se non ci riesce lo scherno da parte degli invitati.
Negli Emirati Arabi Uniti è usanza, nella tribù di As-Shohu, che lo sposo corra verso casa della sposa, spogliandosi durante il percorso di alcuni abiti come per esempio del turbante.
In Siria lo sposo si reca a piedi a casa della futura sposa, accompagnato dai suoi amici.
In  Iraq la donna nubile in cerca di marito scrive il proprio nome sulla suola delle scarpe di una sposa nel giorno delle nozze. Alcune famiglie della provincia di Diyala, invece, benedicono il talamo nuziale con l’urina di un bambino, come buon auspicio per l’arrivo di un figlio maschio.
Nello Yemen presso alcune tribù locali, lo sposo la notte delle nozze recita alcune preghiere, specifiche per tenere lontano il male.
In Mauritania i festeggiamenti in onore degli sposi non possono prendere il via prima che lo sposo esca dalla camera matrimoniale con in mano una candela accesa, simbolo che conferma la verginità della sposa.

Pubblicato sul sito ” Lahamag” in data 09/12/2014, traduzione dall’arabo all’italiano.

domenica 25 settembre 2016

La danza dei Dervisci Rotanti


Il Samâc (in turco, Semà), detto anche “la danza dell'estesi”, o cerimonia dei Dervisci Rotanti, ha antiche origini afgano-persiane, anche se oggi viene praticata soprattutto in ambito turco, dove si è diffusa a partire dal XIII° secolo.
Questa danza ha un profondo significato mistico ed ogni suo aspetto rimanda a precisi simboli, come il cappello conico, che simbolizza una lapide tombale, oppure il tappeto rosso dove, il maestro, siede per guidare la danza e che rappresenta il tramonto del giorno in cui il maestro Rumi morì.
I danzatori sono vestiti con un mantello nero (l'ignoranza che opprime l'uomo), ma tale mantello cade quando inizia la cerimonia per rivelare una candida tunica, simbolo della purezza e del sudario.
La danza da lieve diventa sempre più frenetica, con i Dervisci che ruotano sull'asse del proprio piede sinistro mentre le tuniche creano dei candidi coni, la mano alzata a congiungersi con Dio, fino a produrre uno stato di estasi.Quando questo stato è raggiunto, la musica dei percussionisti, dei cantanti e dei musicisti si ferma ma i dervisci, nel loro stato di estasi, continuano a roteare nel silenzio. (Si dice che quando un derviscio raggiunge l'estasi, può accadere che i suoi piedi non tocchino terra).  Al termine un suono di flauti richiama i Dervisci. La musica che accompagna questa danza è dominata infatti dal nay (flauto verticale) che ha un ruolo mistico nella musica turca, dai Küdum (piccoli timpani in cuoio ricoperti di pelle di capra) e dagli halile (piatti in rame). Il canto cerimoniale è basato soprattutto su poemi tratti dal Masnavi o da altri scritti di Rûmi. Queste danze, secondo i Dervisci Rotanti, sono il loro modo per  allontanare la mente da ogni contatto con le cose terrene e per far si che le loro anime si allontanino dai corpi così da potersi riunire a Dio. L'educazione di un derviscio è particolarmente ardua e consiste in 1001 giorni di penitenza e prevede il digiuno e la meditazione. Per apprendere la loro danza, i Dervisci bloccano due dita del piede al pavimento; in questo modo essi imparano a mantenere regolare e disciplinata la loro rotazione. Mentre rotea il Derviscio appoggia il suo peso sul piede sinistro e allorché la rotazione acquista velocità, sulle dita del piede sinistro, mentre la gamba destra dà slancio alla rotazione. Per evitare il capogiro, il derviscio tiene la testa leggermente inclinata verso destra e gli occhi fissi sul palmo della mano sinistra. " Molte strade portano a Dio. Io ho scelto quella della danza e della musica"


domenica 21 agosto 2016

Il Ponte strallato di Rabat.



Primo del suo genere in Marocco, il ponte della città di Rabat è stato inaugurato giovedì 7 luglio dal re del Marocco. Con i suoi 950 metri, il ponte strallato* Mohammed VI, che attraversa il fiume Bouregreb e unisce la città di Rabat, capitale del Marocco, con la città di Salé, è uno dei ponti più lunghi in Africa . Il lavoro, iniziato nel 2011, è costato più di 730 milioni di dirham (67 milioni di euro), ed è stato finanziato dalla società delle autostrade del Marocco (ADM) e dalla Banca mondiale. Per la realizzazione di questo importante progetto, è stata ingaggiata una società cinese che aveva già partecipato alla costruzione del Ponte Kigamboni (680 metri) in Tanzania.
Particolarmente elegante, con i suoi due archi gotici in stile arabo, che simboleggiano le porte della città di Salé e Rabat, la sua struttura è tenuta sospesa da 160 cavi portanti a due torri di 200 m di altezza e dispone di una una carreggiata che supporta tre corsie per ogni direzione dove possono circolare oltre 20 000 veicoli al giorno. Il ponte sospeso Mohamed VI, non è l'unico nel continente africano, il Sud Africa ad esempio ne ha sei o più  e la Nigeria ne ha inaugurato uno nel 2013 che si sviluppa su 1358 metri, tuttavia è il primo del suo genere in Marocco, e sicuramente una delle più belle opere del paese. Il ponte, infatti offre  diversi vantaggi estetici, abilità tecnica e rispetto per l'ambiente, fornendo al contempo un elevato livello di sicurezza per gli utenti. Rispetto ai convenzionali piloni, le due grandi torri del ponte lo rendono molto snello e aerodinamico. Ma ciò che è ancora più impressionante  è quello che accade durante la notte, quando il ponte prende vita con uno spettacolo di luce straordinaria, alimentato da illuminazione a LED di Philips, che adorna l’intera lunghezza del ponte  con 16 milioni di colori disponibili. 



*ponte strallato è un ponte di tipo "sospeso" nel quale l'impalcato è retto da una serie di cavi (gli stralli) ancorati a piloni (o torri) di sostegno.

giovedì 21 luglio 2016

Le donne tuareg


Le donne tuareg sono musulmane ma non portano il velo (qui sono gli uomini, non le donne, a coprirsi il volto), possono avere più partner sessuali, rapporti extraconiugali e divorziano tranquillamente.  Per secoli hanno attraversato il deserto del Sahara, spesso private dalla sabbia persino della vista e guidate solo dal loro elevato senso dell'olfatto e del gusto per scegliere un percorso sicuro attraverso le dune mutevoli, ma dietro il loro antico modo di vivere c'è una cultura progressista. Pur avendo abbracciato l’Islam, le tribù hanno saldamente mantenuto alcuni dei costumi che sarebbero inaccettabili per gran parte del mondo musulmano (e non solo).
Prima che una donna si sposi, ad esempio, è libera di avere il numero di partner che vuole. Gli uomini tuareg si intrufolano nelle tende delle giovani passando la notte insieme a loro, mentre la famiglia educatamente fa finta di non accorgersene. Tuttavia, vi è anche un codice di condotta che nessuno deve infrangere. La privacy è importante e l'uomo deve sempre andare via prima dell’alba.
Questa libertà fa sì che le donne si sposino più tardi rispetto ad altre tribù, a 20 anni circa. Ricevono poesie scritte dagli amanti e loro stesse ne scrivono, avendo imparato l’alfabeto dalle madri. C’è molto romanticismo fra i membri dei tuareg. Una volta sposate, le donne non perdono alcun diritto e alcun potere. Possiedono casa e animali, che sono la fonte primaria di sussistenza. Sono riverite dai generi, che non osano mangiare nella loro stessa stanza. Se la storia finisce con un divorzio (in genere deciso dalla donna), a lei restano le proprietà e i figli, a lui resta il cammello per tornare a casa dalla mamma. La mamma è la casa, la figura centrale attorno cui si sviluppa la comunità. Il divorzio non è per niente una vergogna, anzi spesso si fanno feste di divorzio per far sapere che quella donna è tornata libera.  E’ una società matrilineare, ovvero la linea di discendenza è femminile, quindi è l’uomo ad appartenere ad un clan femminile. Non è però una società matriarcale in senso stretto. Le decisioni politiche sono ancora appannaggio degli uomini  ma questi stessi non possono lasciare l’eredità ai propri figli, ma a quelli delle loro sorelle. Il motivo, forse, è dovuto ad una “precauzione” dovuta alla libertà sessuale che vige per le donne e pertanto  la relazione genetica con i nipoti è assolutamente certa, quella con i figli no.
Ai nostri giorni le tribù tuareg in Libia, soffrono la minaccia dell’ISIS e di Boko Haram in Mali e in Nigeria;  qualche donna tuareg ha cominciato ad indossare l’”hijab”. Ma la speranza è che queste tribù fiere, sopravvissute per più di 1.000 anni al deserto, tengano alte le proprie tradizioni, rimanendo diverse da tutti gli altri.

venerdì 3 giugno 2016

Ramadan in un villaggio sudanese.
















I sudanesi amano celebrare il Ramadan e si preparano a questo mese speciale con molto anticipo. I mercati, riforniti di materie prime, si riempiono di persone; le donne rinnovano i loro utensili da cucina con l'acquisto di nuovi servizi di piatti, di tazzine da tè, caffè, vassoi e succhi di frutta e le case sono decorate e ridipinte per l’occasione. Gli abitanti dei villaggi che lavorano nelle città e all'estero, tornano in gran numero alle loro case d’origine partecipando ad attività sportive e culturali. Le moschee sono affollate di fedeli impegnati tutto il giorno con programmi religiosi, tra cui la recitazione Corano. Durante le Taraweeh, preghiere notturne, ogni sera si recita uno dei 30 capitoli del Sacro Corano in modo da terminarne la lettura per la fine del Ramadan. Ogni Taraweeh si  conclude con invocazioni e poesie su Maometto il Profeta. All’interno del cortile della moschea si organizzano mostre di libri religiosi. Durante questo mese sacro, i sufi intensificano i loro riti religiosi di invocazioni recitando versi speciali del Corano, e rievocano con discorsi commemorativi e cantando poesie religiose, eventi come la battaglia di Badr e la conquista della Mecca. Dopo le preghiere Taraweeh, i vocalist invocano più volte  il nome di Dio accompagnati dai tamburi. Il programma di khalwah (gli studenti si riuniscono in una stanza per memorizzare il Corano) viene eseguito durante tutto l'anno, compreso il mese di digiuno, se non che, durante il Ramadan, lo Shaykh sceglie l'allievo più meritevole che verrà premiato con un viaggio in Terrasanta in Arabia Saudita per eseguire pellegrinaggio. 'Bere l'acqua' è una frase utilizzata in Sudan per riferirsi al Ramadan suhoor ( pasto consumato al mattino presto prima del digiuno) che ha alcune caratteristiche uniche. Nei villaggi è usanza che le persone si riuniscano in gran numero sulle principali strade e un gruppo di anziani invitino con insistenza i passanti a condividere con loro la colazione. Uomini e ragazzi delle case vicine, di solito rompono il digiuno insieme. I giovani del quartiere preparano  un sufficiente spazio di terra a cielo aperto per stendere i tappeti e condividere il pasto e poi pregare.  Prima della Adhan,(la preghiera) gli uomini si siedono sui tappeti, mentre i giovani portano vassoi pieni di una gran varietà di cibi deliziosi e succhi di frutta.  Dopo aver mangiato i datteri  e bevuto acqua pura, tutti i fedeli in fila dietro l'imam dicono le preghiere del tramonto e, subito dopo tutti i vassoi sono presi d'assalto per schiacciare la sete e sconfiggere la fame. Ognuno  mangia e beve dal vassoio più vicino, non necessariamente quello portato da casa sua, a significare la solidarietà e l'uguaglianza tra ricchi e poveri. Il vassoio Ramadan contiene alimenti sudanesi genuini e bevande, in particolare aseedah (porridge fatto da sorgo), l’helamour(dolce-amaro, una bevanda a base di sorgo e di tutti i tipi di spezie) e bevande kerkede, limone e vari tipi di carne, frutta e succhi di frutta.Ramadan è considerato un ritorno alla cucina sudanese originale e le casalinghe preparano piatti genuini e deliziosi tra cui il kisra, che è preparato con sorgo accompagnato da una spessa okra in polvere e bresaola, il gurrasah che è fatto con grano, farina, insalate e altri tipi di alimenti altamente nutrienti. In passato, ogni regione e ogni tribù del Sudan era famosa per uno specifico tipo di cibo o di bevanda, ma ora che la gente è migrata da una regione all’altra, non vi è più alcuna distinzione.




venerdì 20 maggio 2016

La leggenda di Aisha Kandisha.


Aisha Kandisha è uno dei tanti jinn (termine arabo che designa uno spiritello di natura sia benevola sia, per lo più, maligna) che popolano l’immaginario del Marocco. Si manifesta sotto sembianze umane, spesso come una donna bellissima con una leggera veste bianca, altre volte come una vecchia strega senza denti; in ogni caso, la si può riconoscere da un particolare caratteristico: ha zampe di cammello o di capra al posto dei piedi e delle gambe. E appare di notte, solo agli uomini.
Si narra che, nel 17° secolo, una contessa di origine portoghese cadde follemente innamorata di un ricco uomo di Safi, cittadina sulla costa atlantica del Marocco. A differenza delle donne del posto, usciva senza velo indossando una lunga veste bianca e tutti gli uomini che la vedevano si innamoravano di lei, storditi dal suo fascino irresistibile. Tanti persero la ragione e vagarono disperati per l'eternità. Presto venne soprannominata “kandisha”, dalla parola portoghese “condessa”, contessa. Dopo il matrimonio con il suo amato, la donna si convertì all’Islam e prese il nome di Aisha. Secondo un’altra versione, Aisha era la figlia di un proprietario terriero dell’Alto Atlante, una giovane di rara bellezza, dalla pelle di un bianco candido, gli occhi nocciola e dai lunghi capelli neri. Per aiutare la resistenza contro gli invasori portoghesi già stabilitisi sulla costa e proteggere le proprie terre, la giovane utilizzava la sua avvenenza per sedurre gli ufficiali portoghesi, condurli in luoghi bui e appartati e quindi ucciderli. Anche dopo la sua morte continuò a vagare, specialmente vicino a corsi d’acqua e laghi, e a spaventare gli uomini che si avventuravano in luoghi isolati e che dovevano stare bene attenti a non soccombere alla sua bellezza, potendo facilmente riconoscerla dagli zoccoli di cammello al posto dei piedi. Il solo modo che gli uomini avevano per salvarsi era mostrare un coltello o un oggetto metallico.
Un’ultima versione ne fa una donna uccisa dal marito, che torna dall’oltretomba per vendicarsi degli uomini e il cui arrivo si riconosce dal suono dei suoi zoccoli di metallo che creano mille scintille.
Nella variante più moderna e urbana della leggenda, Aisha sarebbe l’incubo dei tassisti, dapprincipio ammaliati da una donna bellissima ed eterea e, in seguito, spaventati dal vederla trasformarsi in vecchia strega dai piedi di cammello proprio dentro al loro taxi. In realtà, di questa che viene considerata come una delle più conosciute leggende del Marocco, esistono varie versioni che talvolta si intrecciano ed è probabile che essa trovi le sue radici nella ben più antica mitologia ebraico-berbera del paese. Una cosa, però, è certa: ancora oggi Aisha Kandisha è viva nella memoria popolare marocchina, continua a spaventare gli uomini che viaggiano solitari e viene spesso invocata per tenere a bada i bambini monelli e spingerli ad addormentarsi rapidamente.

martedì 3 maggio 2016

Raqs el Saif, la danza che dona la libertà.



La danza "Raqs el Saif" affonda le sue radici nei tempi lontani e scintillanti di ori dei sultani ottomani. Le donne che vivevano nell’harem del sultano, vendute da familiari o rapite come bottino di guerra, odalische seminude, in questo serraglio di passione e voluttà, per pochi istanti danzanti, sfidavano la loro condizione di donne schiave e prigioniere rivendicando con elegante spudoratezza la libertà del loro animo ( "si può tenere una spada sopra la mia testa, ma io sono libera nella mia anima"). Si divertivano a sottrarre le spade ai loro carcerieri che adagiavano sulle loro teste, in equilibrio. In questa posizione continuavano ad eseguire la loro danza, fatta di passi così piccoli, da risultare quasi impercettibili, ma sensuali e morbidi. In questo modo fermavano quasi il tempo e lo “usavano” per stare ferme, per stare sulla scena, con aria di coraggiosa sfida e sguardo alto, ballerine impavide e simbolicamente libere. Nel breve tempo della "Raqs el Saif".


martedì 12 aprile 2016

Il matrimonio in Tunisia ( 1° parte)


Fino ad una quindicina di anni fa il matrimonio veniva combinato, per ragioni economiche, tra i genitori degli sposi, ma oggi i ragazzi arabi si frequentano nelle scuole, hanno la possibilità di innamorarsi e potersi scegliere, tanto che le vecchie donne del paese, come quasi ovunque nel mondo, lamentano che tutto sia cambiato e che i giovani facciano quello che vogliono.
Nei paesi del sud della Tunisia può cambiare, nel corso degli anni, la mentalità, nella quotidianità possono mutare le esigenze e le mode, importate dalle immagini televisive del mondo occidentale, ma le tradizioni restano sempre le stesse e non si osa trascurarle e farne a meno. In Tunisia, come in molti altri posti, se due ragazzi si conoscono e si piacciono, decidono di frequentarsi per un po' di tempo. Ma solo dopo che anche le famiglie si sono conosciute, si organizza il fidanzamento ufficiale. La festa del fidanzamento ufficiale è bellissima: la ragazza indossa un abito ricchissimo e c'è uno scambio di anelli, come si usa anche nei matrimoni. Tutti ballano e mangiano a casa della futura sposa.
Mentre il fidanzamento però dura un giorno, il matrimonio dura quasi una settimana.
Il colore dominante del costume della sposa deve essere il rosso, come rossa è la henna che porta tatuata alle mani e ai piedi; i parenti della sposa non badano a spese per dare alla figlia il vestito più dignitoso e costoso possibile, adornato e decorato con ornamenti e gioielli d'oro massiccio, che la sposa porta con sè in dote e mostra a tutti nel giorno del matrimonio.
In compenso il giovane sposo deve pensare alla casa, ai mobili, ai tappeti.
I genitori iniziano a costruire la casa per il figlio fin dall'età di quattordici anni e quando la casa è completata, iniziano la costruzione di un'altra per il secondo figlio da sistemare. 
Si va nella casa dei futuri sposi per pulirla e renderla pronta ad essere abitata qualche giorno prima del matrimonio. Le sorelle e le cugine della sposa ci vanno anche la vigilia del matrimonio per preparare il letto nuziale.
La dote, che è stata preparata dalla madre della sposa da quando la bambina è nata, si porta nella nuova casa. Era stata conservata fino a quel momento proprio per questo scopo. Nella nuova casa si porta di tutto: dalle cose più pregiate come lenzuola e tessuti fatti a mano a tutto ciò che è utile in casa, persino i saponi… E intanto anche le persone si preparano. Il terzo giorno prima del matrimonio viene chiamato "bienna": gli uomini della famiglia dello sposo vanno in visita alla famiglia della sposa e il padre dello sposo dà al padre di lei una somma di denaro, come prezzo simbolico della sposa, che verrà tolta al padre. Gli uomini leggono il Corano e pregano per la riuscita del matrimonio. Due giorni prima del matrimonio c'è il "giorno della henna", il giorno in cui si fanno gli inviti e della colorazione della henna sulle mani e sui piedi della sposa; la henna, a seconda delle diverse tradizioni, viene applicata per due o tre notti consecutive, di modo che il colore divenga il più scuro possibile. Sia gli uomini che le donne vanno nell' hamman, il bagno turco, dove si lavano, si profumano e festeggiano…anche lì! La sposa viene portata al bagno turco insieme a tutte le sue amiche, sorelle, cugine, familiari. Viene accompagnata a piedi portando un profumo tra grandi festeggiamenti. Per la sposa, nell' hamman, c'è appositamente una donna a sua disposizione per lavarla, asciugarla, curarla, farle la ceretta, passarle gli olii sul corpo. Questa donna viene chiamata hennena, perché è anche colei che fa l'henna. L'henna è una pianta di cui si seccano le foglie. Una volta sbriciolate le foglie secche, si mischiano con acqua di rose (o acqua) e si fa una pasta rossa. Le donne usano questa pasta per disegnare meravigliosi ricami sul palmo della mano o sotto la pianta del piede. Questi disegni, che in pochi giorni diventeranno neri, sono di ottimo augurio. L'henna rimasto alle donne, dopo tre giorni viene portato dai familiari della sposa a casa dello sposo. Gli uomini invitati però si sporcano solo il mignolo, dopo aver dato in regalo dei soldi allo sposo. Sporcarsi il dito mignolo è simbolo di virilità. Durante questi giorni di festa si danno banchetti, sia a casa dello sposo, sia a casa della sposa.


mercoledì 30 marzo 2016

Il matrimonio in Tunisia (2° parte)



Il giorno della cerimonia la ragazza indossa l'abito tradizionale, che varia da regione a regione, ma che di solito è ricchissimo e adornato con tantissimo oro cucito addosso, tanto che per quanto è pesante e per la temperatura interna che raggiunge (40 gradi!!!), la sposa fa fatica a muoversi. L'oro cucito sul vestito è il regalo della madre della madre alla sposa. In certe città, la sposa si veste con sette tuniche che toglie successivamente per farle ammirare le une dopo le altre durante la festa che ha luogo prima della sua partenza dalla casa paterna. L’ultima tunica, la più sontuosa sarà quella con la quale si presenterà al marito a casa sua. Il corteo dello sposo giunge a destinazione presso la casa della sposa, la quale sta a guardare davanti alla casa, vestita in abiti tradizionali e circondata da donne. Dopo di che le due parti degli sposi si separano e continuano i festeggiamenti ognuna per conto suo. La notte prima del matrimonio la sposa danza per un'ora da sola con gli abiti del matrimonio, davanti alle altre donne. A casa dello sposo si svolge uno spettacolo diverso: all'aria aperta sotto il cielo stellato e la luna, molte donne siedono a terra urlando, questa volta dietro le ragazze più giovani. Dalla parte opposta ci sono molti uomini. Questo è un altro modo per amoreggiare a distanza con la donna dei sogni senza essere visto e sognare nuovi e futuri matrimoni. Amici e parenti danno doni e soldi allo sposo, un modo gentile per aiutarlo a riparare le spese sostenute per la costruzione della casa. In questa notte i parenti delle famiglie riuniti ognuno nelle rispettive case, ballano, cantano, di solito sulla terrazza della casa; viene sparso l'incenso e, mentre un'orchestra suona musica popolare, tra i balli e le urla di gioia, anche allo sposo viene messa ad una mano un po' di henna. Il giorno dopo è il giorno effettivo delle nozze e viene chiamato "djefa", ovvero la sedia, posta sopra il cammello, con il quale viene trasportata la sposa dallo sposo. Esso viene decorato con palme, foglie e simboli porta fortuna come il pesce, l'occhio e la mano di Fatima. La sposa aspetta lo sposo nel cortile della sua famiglia, seduta su un trono come una regina, vestita con il costume rosso del matrimonio, imbellettata e ricoperta di oro, con la henna rossa sulle mani. Ripetutamente copre e scopre il viso con le mani tatuate come simbolo di addio verso la casa paterna e verso la sua giovinezza. Arrivato lo sposo, si siede vicino a lei per lo scambio degli anelli, il segno dell'avvenuta sanzione del vincolo del matrimonio. Dopodichè la sposa viene trasportata con il cammello decorato per tutto il villaggio al suono della canzone tradizionale "pip, pip 'l 'arusa jet!!", ovvero "pip, pip arriva la sposa!!", fino alla porta della nuova casa degli sposi. Questo è il momento in cui la sposa varca per la prima volta la soglia della sua nuova casa e come poco prima nella casa dei suoi genitori, si siede su un trono decorato, per indicare il suo stato di nuova padrona e il passaggio dalla sua vecchia casa alla nuova. Sul suo trono la sposa viene ammirata dalle donne della sua nuova famiglia, che la circondano ai suoi piedi insieme ai regali donati il giorno prima benedetti con cuscini rossi decorati con mano di Fatima dorate; poco dopo viene servito il couscous che precede il momento solenne che sta per arrivare. Improvvisamente si sente il ritmo di darbuka che suonano la marcia della sposa, velocemente le donne lasciano la stanza, la sposa entra, la porta viene serrata e gli sposi vengono lasciati soli per la prima notte di nozze. Per le prime notti la madre della sposa resta nella casa della figlia, nei tempi passati invece gli amici dello sposo rimanevano fuori della casa, in attesa che lo sposo uscisse per attestare la verginità della sua nuova moglie. La coppia di sposini un tempo doveva rimanere nella loro stanza da letto per otto giorni, ricevendo le visite degli ospiti in questa camera durante il giorno. Tre giorni dopo il matrimonio la sposa, alla presenza delle donne del villaggio, punta un'unghia nel cortile della sua nuova casa, questo è il segno della sua rimanenza lì. Tutti si recano sulla terrazza e danzano sulla musica di una darbuka con la sposa. Poi i regali vengono lodati e cosparsi di incenso da alcune donne, che chiedono benedizione e scartano i pacchi pieni di ogni sorta di cosa. Nei giorni che hanno preceduto questa grande festa, tutti nel paese hanno contribuito a cucinare, a portare bibite, biscotti, dolci…

http://www.donnamed.unina.it/rito_tunis.php

lunedì 22 febbraio 2016

Chefchaouen



Chefchaouen è una piccola città a sud-ovest di Tangeri, nel cuore della catena montuosa del Rif. Ha una ricca storia, uno splendido ambiente naturale e una architettura meravigliosa, ma ciò che più la rende famosa è il suggestivo e vivace colore blu delle pareti di molti degli edifici situati nella "città vecchia", o medina. Questa pittoresca cittadina di montagna, fondata dagli spagnoli nel 1471 lungo la rotta commerciale che collegava Tetouan e Fez, è suddivisa in una parte orientale (medina), e una metà occidentale (Ciudad Nueva, o città nuova). Il cuore della medina è Plaza Uta el-Hammam, con la sua inconfondibile kasbah. Qui gli uomini vagano per le strade con lunghe vesti con cappucci a punta conosciuti come jellabas e le donne tessono tappeti marocchini fatti a mano  con lana, pelo di cammello, fibra di cactus, e coloranti naturali dalle montagne circostanti.
Dichiarata dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità, Chefchauoen è rimasta fuori dalle principali rotte turistiche del Marocco  per lungo tempo; nella città infatti, per secoli considerata sacra, era persino proibito l’ingresso agli stranieri. Solo negli anni ’50 le cose sono cambiate, motivo per cui ora Chefchaouen si è rivelata al mondo ed è divenuta una meta turistica, ma ancora al riparo dal turismo di massa. Ma a cosa è dovuto il blu delle pareti degli edifici? Secondo alcuni risale al 1930, ad opera di rifugiati ebrei che dipinsero tutto di blu per rappresentare il cielo e il paradiso; altri invece sostengono che il colore sia nato per allontanare le zanzare, rievocando la tinta dell’acqua cristallina; sta di fatto che la città è spesso chiamata "la perla blu del Marocco.”

https://www.youtube.com/watch?v=T4kY0gH9PpA



sabato 30 gennaio 2016

Le donne e la Sharì'a



I diritti di una donna in una grande città sono regolati dagli Statuti personali riformati e dalle leggi spesso abbastanza laiche dello Stato, ma a poche centinaia di chilometri dai grandi centri, nelle piccole comunità, nei villaggi, nelle tribù e nei paesi integralisti, la Sharì'a' acquista una grande forza. Lo status, i diritti, il ruolo della donna variano moltissimo a seconda che intervenga il pensiero sunnita, sciita, o le diverse scuole coraniche nei vari Paesi. Probabilmente è nella famiglia che si nota, secondo la Sharì'a', la più grande differenza tra l'uomo e la donna, una famiglia spesso patriarcale retta da regole e consuetudini arcaiche e rigidissime, in cui come ai tempi degli antichi romani, il pater familias aveva diritto di vita e di morte.
La patria potestà spetta esclusivamente al padre e secondo la Sharì'a' il marito ha il ta' dib', ossia un vero e proprio diritto di correzione sulla propria moglie, che gli consente anche mezzi coercitivi violenti. In alcuni stati questo diritto, è stato abolito dalle leggi laiche, ma resiste nelle campagne. Nei confronti della donna, soprattutto poco istruita, spesso analfabeta, la coercizione più forte è forse quella psicologica, di violare qualcosa di sacro e di essere esclusa dalla Umma, cioè dalla comunità dei credenti e quindi anche dai mezzi di sostentamento che il più delle volte appartengono all'uomo. Se la donna appartiene alla comunità Sciita i figli maschi stanno con lei fino a due anni e le femmine fino a sette anni. Una legge recente, ma contestata, permette di tenerli più a lungo, ma se la donna si risposa perde il diritto ai figli e questi le sono tolti.
Un tempo, alla morte del padre, quando venivano oltrepassati detti termini di età dei figli,e la madre li aveva in custodia, gli stessi dovevano andare con i parenti del padre, non dalla madre, ma durante la guerra Iran-Iraq, visto il gran numero di vedove fu concesso il diritto di tenere i figli e la reversibilità dello stipendio del marito, senza che i parenti di questo, almeno legalmente potessero interferire. Questo diritto è oggi riconosciuto a tutte le donne che perdono il marito.
Nella comunità sunnita prevale il diritto della madre su quello del padre, almeno in teoria, in caso di figlio maschio la madre può occuparsene fino a sette o nove anni, se è una femmina fino alla maggiore età della stessa. Un donna egiziana ottiene in genere l'affidamento dei figli salvo che il marito dimostri che non è adatta oppure se si risposa.
I tribunali tunisini valutano caso per caso.
In Algeria la custodia dei figli spetta in genere alle madri e i padri hanno diritto di visita. Al compimento dei dieci anni i maschi vanno a vivere col padre, mente le figlie rimangono con la madre fino al matrimonio. In caso di morte del coniuge le donne algerine hanno automaticamente diritto alla custodia dei figli. Però nel mondo musulmano, come spesso da noi, le donne che ottengono la custodia dei figli difficilmente riescono a farsi pagare dall'ex marito l'assegno di mantenimento per se stesse e spesso anche per i figli. La madre decade dalla custodia dei figli se si risposa con un uomo proibito (ossia un non musulmano), infatti mentre un uomo può sposare una donna del Libro, la Bibbia, ossia una donna cristiana o ebrea ciò non è ammesso per la donna che deve sposare un musulmano, per far si che i figli siano educati nella religione musulmana. E’molto difficile, in un paese islamico, che una donna non musulmana possa ottenere l'affidamento dei figli, sempre per il timore che non li educhi nella religione islamica o, come spesso accade, voglia tornare nel suo paese di origine. Il padre rimane comunque sempre il tutore legale per tutte le decisioni riguardanti i figli e va ricordato che raramente il Governo Italiano ha la possibilità di intervenire nelle diatribe, spesso pesanti, circa la possibilità della madre occidentale di vedere i figli, in quanto vi sono Stati islamici che non hanno ratificato le convenzioni internazionali. Sarebbe opportuno tentare di prevenire queste penose situazioni, soprattutto con un'informazione corretta dei diritti che spetteranno o meno a ciascun coniuge. Le persone di religione diversa spesso si sposano con troppa leggerezza senza essere informate che in caso di fallimento del matrimonio vi possono essere, soprattutto per la donna, problematiche molto pesanti.

venerdì 8 gennaio 2016

La differenza tra sunniti e sciiti

sunniti e sciiti che pregano in moschea in due gruppi separati
Subito dopo la morte del Profeta, la maggior parte dei credenti riteneva che egli non avesse designato alcun successore e che fosse compito della comunità islamica eleggerlo, mentre una minoranza sosteneva che Mohammad avesse già scelto il suo successore nella persona di Alì, suo cugino e genero. Il primo gruppo, seguendo le regole dei costumi tribali, affidò l'elezione ad un'assemblea di saggi, che designò Abu Bakr, con il titolo di "primo califfo" (Khalifah). Mentre questo avveniva, il secondo gruppo, minoritario, continuava a sostenere Alì, ritenendo illegittima l'elezione del nuovo califfo e considerando Abu-Bakr un usurpatore del diritto di Alì.
Questo momento segnò l'inizio della scissione nell'Islam, una scissione che persiste fino ai giorni nostri. I musulmani si dividono infatti in due principali rami: sunniti e sciiti. I sunniti costituiscono l’85 % della popolazione complessiva di musulmani nel mondo. Gli sciiti costituiscono il restante 15 % e si trovano soprattutto in Iran, Pakistan, Arabia Saudita, Bahrein, Libano, Yemen, Siria.
Il termine sunnita deriva dall'arabo Ahl al-Sunnah che significa “il popolo delle tradizioni dei detti (ahadith) di Maometto” I sunniti ritengono di essere la scuola di pensiero più ortodossa e tradizionalista dell'Islam.
Il termine sciita deriva dall'arabo Shi'atu Ali, ovvero “sostenitori del partito di Alì”. Molte scuole di pensiero sunnite ritengono che gli sciiti siano i peggiori nemici dell’Islam in quanto vengono accusati di venerare il loro Imam Ali e i suoi discendenti.
Le principali differenze che troviamo tra le due scuole di pensiero riguardano:
  • I pilastri del culto che per i sunniti sono 5 mentre per gli sciiti sono 10, infatti alla testimonianza di fede (al-shahada); alla preghiera rituale (al-salah); all’elemosina (al-zakah); al digiuno durante il Ramadan (sawm); e  al pellegrinaggio a Mecca (hajj), si aggiungono, fra gli altri, tawalla, dove si esprimere l’amore per il bene e tabarra, dove si esprime l' odio per il male.
  • I sunniti celebrano solo due feste: l’Eid al-Fitr, che segna la fine del mese di digiuno, e l’ Eid al-Adha, festa del sacrificio, alla fine del pellegrinaggio (hajj) alla Mecca. Gli sciiti, invece festeggiano soprattutto l’Ashura ove si commemora il martirio dell’ imam Hussein ibn Ali, decapitato nel 680 DC durante il massacro di Karbala, in cui vennero uccisi anche 72 suoi familiari. Secondo gli sciiti, ad Hussein, figlio di Alì (rispettivamente nipote e genero di Maometto) sarebbe spettata la successione al profeta nella guida dell’Islam, ai loro occhi usurpata invece dai sunniti.
  • I sunniti pregano con le mani congiunte all’altezza del diaframma e per la Professione di fede si ripete la formula: «Testimonio che non c’è divinità se non Iddio, e Muhammad è il suo Profeta». Gli sciiti invece aggiungono «e Ali ibn Abi Talib è amico di Dio» inoltre pregano con le mani in parallelo rispetto al corpo, davanti alle cosce. Finiscono poi  pronunciando tre volte il takbir («Allahu akbar).
  • Per quanto riguarda il cibo e le bevande non vi sono differenze tra i sunniti e sciiti (vietati l’alcol e la carne di maiale).
  • Il velo (hijab) è obbligatorio per entrambi in base a due sure del Corano.
  • Fra i sunniti non c’è clero. L’imam è colui che guida la preghiera. Lo sciismo invece, ha un clero organizzato, preparato in università specifiche di scienze islamiche.