venerdì 7 marzo 2014

Donne nel mondo arabo. La classifica di Reuters Foundation. ( prima parte)


Un sondaggio realizzato dalla Thomson Reuters Foundation e rivolto a 336 esperti nel settore, ha messo in evidenza la condizione della donna nei paesi arabi. Le domande del sondaggio basate sulla Cedaw, Committee on the Elimination of Discrimination, hanno permesso di  valutare la condizione femminile in base ad una serie di parametri quali il diritto alla maternità, il trattamento all’interno della famiglia, l’integrazione nella società, la possibilità di inserirsi nell’economia e nella politica del proprio paese e la presenza di comportamenti violenti diffusi. In base a tutto questo è stata stilata una classifica che vede al :
22° posto: Egitto
L’Egitto si è piazzato ultimo in tutte le categorie: molestie sessuali subite dal 99% delle donne e delle bambine. Estrema diffusione di matrimoni forzati, soprattutto nei villaggi dove la donna diventa merce di scambio e viene letteralmente venduta e data in sposa al migliore offerente. Altra questione che fa precipitare l’Egitto in coda alla classifica è la pratica delle mutilazioni genitali che continuano ad essere la prassi per il 91% delle bambine, secondo i dati raccolti dall’Unicef.
21° posto: Iraq
In Iraq la condizione delle donne risulta peggiorata dal 2003, anno di inizio dell’intervento americano. Sempre più sono le donne che vivono in condizioni di vulnerabilità, e che rischiano di subire abusi sessuali o di diventare oggetto di tratta. Soprattutto nei villaggi, la libertà personale è ancora fortemente limitata: il 72,4% delle donne è costretta a chiedere il permesso al marito anche per ricevere cure e assistenza sanitaria. 
20° posto: Arabia Saudita
Al ventesimo posto la condizione femminile dell’Arabia Saudita, da dove un mese fa si è levata ancora una volta la protesta di alcune donne contro il divieto di guida, supportata anche da artisti come Hisham Fageeh, che ha realizzato un video rivisitando il testo di “No woman no cry” di Bob Marley.
Le donne sono sottoposte a un regime di tutela da parte del parente uomo più prossimo (marito, padre o fratello) e non possono disporre liberamente neppure dei propri documenti di identità. Serve il permesso del “garante” per viaggiare, sposarsi, frequentare le scuole e ricevere assistenza sanitaria. Nel 2015 le donne dovrebbero andare a votare per la prima volta. Nei casi di stupro la vittima rischia di essere accusata di adulterio e deve comunque produrre quattro testimoni uomini per poter denunciare la violenza.
19° posto: Siria
Con la guerra civile le donne sono diventate vittime del conflitto e non di rado si sono registrati casi in cui le violenze sono state impiegate deliberatamente per scoraggiare le proteste e fiaccare la resistenza. Se l’età minima per il matrimonio è 17 anni, nei campi profughi sono stati riscontrati casi di nozze anche con bambine di 12 anni.
18° posto: Yemen
Uno dei traffici più redditizi nel paese è quello dei matrimoni con minorenni, spesso con turisti stranieri. Non esiste un’età minima per le nozze e si stima che almeno un quarto delle adolescenti si sposi prima dei quindici anni. Sul fronte dell’istruzione, solo il 53% delle ragazze completa le scuole primarie, contro il 73% dei ragazzi.
17° posto: Sudan
L’età minima per il matrimonio è di soli dieci anni. Nel codice penale esiste ancora un articolo, il 152, che ammette l’arresto e la flagellazione per il modo di vestire. Sul fronte della partecipazione politica però il Sudan ha fatto notevoli progressi  dal 2008, il 25% dei seggi dell’Assemblea Nazionale sono stati riservati alle donne.
16° posto: Libano
Il codice penale, nell’articolo 522, consente agli stupratori di evitare il processo se si impegnano a sposare la vittima. Le donne non possono trasferire la cittadinanza ai propri figli se avuti da partner straniero. L’aborto resta ancora oggi un reato punibile con 7 anni di carcere. Anche se il paese ha sottoscritto la Cedaw, non ha mai dato parere positivo rispetto agli articoli su cittadinanza e uguaglianza fra uomo e donna nel matrimonio e nella vita familiare.
14° posto: Somalia
In Somalia il ruolo politico delle donne è riconosciuto in Parlamento. Il 39% delle somale ha un impiego, fatta eccezione per le aree controllate dal gruppo islamista al Shabaab, dove vige il divieto di avere un impiego fuori dalle mura domestiche. La violenza contro le donne è ancora molto diffusa.


Fine prima parte

8 marzo festa della donna. Auguri!



giovedì 6 marzo 2014

Donne nel mondo arabo. La classifica di Reuters Foundation. ( seconda parte)

moroccan women

13° posto: Djibouti
Sono 7 le donne che siedono in Assemblea Nazionale, e che rappresentano l’11% dei membri.  La nota dolente di questo paese a metà classifica è l’altissima diffusione ancora oggi delle pratiche di mutilazione genitale.
12° posto: Barhain
Le donne hanno votato e acquisito il diritto di eleggibilità nel 2002. Sul fronte giudiziario la testimonianza di una donna ha lo stesso valore di quella di un uomo davanti alla Corte Islamica. Il 40% delle donne ha un impiego. L’età minima per il matrimonio è ancora di 15 anni, e il 30% delle donne sposate ha subito abusi dal coniuge.
11° posto: Mauritania
Il paese ha introdotto le quote rosa nelle liste elettorali. La maternità è riconosciuta nel mondo del lavoro con 98 giorni di permesso retribuiti e pure il controllo delle nascite, ma il 69% delle donne mauritane continua a subire in tenera età mutilazioni genitali.
10° posto: Emirati Arabi
Solo nel 2008 alle donne è stato concesso di intraprendere gli studi in legge. In un processo, la testimonianza della donna continua a valere la metà di quella di un uomo. Nei casi di violenza le vittime che denunciano devono raccogliere molti elementi di prova e rischiano comunque di essere accusate di adulterio. E’ vietato sposare uomini non musulmani.
9° posto: Libia
Nelle elezioni del 2012, 33 donne sono state elette in Consiglio Nazionale su 200 rappresentanti. Il paese ha un età minima di matrimonio piuttosto alta, 20 anni, la stessa per donne e uomini. Il 28% della forza lavoro totale del paese è composta da donne. 
8° posto: Marocco
Il Marocco è piuttosto avanti sul fronte del controllo delle nascite. Le violenze domestiche però continuano a verificarsi in numero elevato.Tra l’altro esiste un articolo del codice penale, il 496, che sancisce il reato di accoglienza di una donna che abbandona il tetto coniugale.
7° posto: Algeria
In Algeria le donne hanno il 31,6% dei seggi in Parlamento, e un’età media di matrimonio paragonabile a quella europea. Il 14 ottobre 2012 il paese ha firmato la prima convenzione contro le molestie sessuali.
6° posto: Tunisia
Nel 2002 la Tunisia ha finalmente concesso alle donne che sposano cittadini stranieri di trasferire la cittadinanza a marito e figli. Dal 2009 le donne non musulmane godono degli stessi diritti del coniuge. Per quanto riguarda la maternità, si ha diritto a 30 giorni di assenza dal lavoro. L’aborto è concesso entro i primi tre mesi di gravidanza.
5° posto: Qatar
Il Qatar ha salutato la prima giudice tre anni fa, mentre in politica solo un posto su 29 nel Consiglio Centrale è occupato da una donna. L’età media di nozze è di 25,4 anni. Per guidare le donne hanno ancora bisogno del permesso del marito, ma il 51% della forza lavoro totale è al femminile.
4° posto: Giordania
Dal 2003 le donne possono richiedere il passaporto senza il permesso del marito o del parente (uomo) più prossimo, anche se la società giordana resta estremamente patriarcale.
3° posto: Kuwait
Nel 2005 le donne hanno ottenuto il diritto di voto attivo e passivo, e oggi occupano almeno la metà dei 240 mila posti ministeriali. Sulla violenza e le molestie sessuali però non esiste ancora una legge specifica, e lo stupro fra le mura domestiche non è riconosciuto né punibile.
2° posto: Oman
Il 29% delle donne adulte ha un lavoro. Il divorzio è ammesso ma se la richiesta arriva dall’uomo non servono motivazioni che la giustifichino, mentre per la donna è necessario passare attraverso un procedimento legale di otto fasi prima che la sua richiesta venga accolta.
1° posto: Repubblica Federale Islamica delle Comore
Nell’arcipelago il divorzio non solo è ammesso, ma tutela le donne che mantengono la casa ed eventuali proprietà terriere. I reati sessuali sono riconosciuti e puniti. In politica ci sono due donne al vertice dei ministeri delle telecomunicazioni e del lavoro. 

Vai al rapporto completo: http://www.trust.org/spotlight/poll-womens-rights-in-the-arab-world/