venerdì 15 dicembre 2017

Danze tradizionali del Marocco


ahidous
Le danze nel Marocco sono differenti a seconda delle aree geografiche in cui sono nate e si sono sviluppate. Una danza tipica delle regioni del Medio Atlante è l’ahidous, diventata quasi la danza nazionale del Marocco, data la sua diffusione. È una danza di origine berbera in cui uomini e donne si dispongono in cerchio attorno ai musicisti, alternati, cantando in antifona strofe di canti tradizionali berberi. I musicisti suonano uno strumento tipico, il bendir, un tamburo di origine orientale senza sonagli. Lo si danza in ogni occasione festiva, in particolare nelle feste principali, alla fine della Festa del sacrificio (Eid - al Adha) e nei giorni delle nozze; inoltre, d'estate, dopo la mietitura, quasi tutte le sere nei villaggi.


ahouach

Nelle regioni a sud, invece, nell’Anti Atlante, è diffusa la danza ahouach, una danza simile all’ahidous ma meno complessa. A ballare sono soltanto le donne che, in abiti dai mille colori, si dispongono attorno ai musicisti, ondeggiano, battono le mani e rispondono ai ritornelli cantati dagli uomini.

guedra
Scendendo ancora più a sud, nelle zone del Marocco sahariano, tra il popolo tuareg,  è tipica la guedra, danza che prende il nome dal tamburo che ne scandisce il ritmo. Questo tamburo è in realtà una grossa pentola di terracotta che viene trasformata in uno strumento a percussione. Accerchiata da un piccolo gruppo di uomini che suonano, una donna in mezzo al cerchio, inginocchiata e coperta da un velo nero, danza seguendo il ritmo impresso dai tamburi, i movimenti delle braccia, della testa e delle mani diventano sempre più frenetici fino a cadere in una sorta di trance e di ipnosi sensuale e travolgente. 
Anticamente la guedra era rituale di guarigione e benedizione. Il rituale inizia con il tamburo suonato ad un tempo lento che ricorda il battito del cuore. Questo è accompagnato da battimani e canti che nella tradizione africana si dicono “chiamata e risposta”. La ballerina indossa un kaftano avvolto da un lunghissimo tessuto chiamato 'haik', appuntato sulla clavicola con fibule (vecchie spille di sicurezza romane), un complesso copricapo di conchiglie di ciprea e perline, con i capelli strettamente intrecciati e incorporati nel copricapo. Un velo blu o nero copre la testa e il viso e una grande collana "magica" è posta sopra questo velo, attorno al collo. Spesso la danzatrice inizia a muoversi ipnoticamente da una posizione eretta, che è chiamata T'bal e le mani seguono il ritmo con piccoli movimenti. E’ quando la ballerina si posiziona in ginocchio che si parla di guedra . All'aumentare del tempo, aumentano anche i movimenti delle mani e delle braccia che segnano le quattro direzioni: Nord, Sud, Est e Ovest; i quattro elementi: Fuoco (il sole), Terra, Vento e Watesun (la sabbia), il passato il futuro, il fegato, l'anima e tutti i presenti che ricevono le benedizioni della danzatrice. Con il crescendo della danza, iniziano anche l'ondeggiamento e il rigirarsi della testa da un lato all'altro, i sollevamenti e le cadute del torace e infine viene rimosso il velo dalla faccia e dalla testa.

mercoledì 8 novembre 2017

L'adozione nei paesi islamici


“Dio non… ha fatto dei vostri figli adottivi dei veri figli… Chiamate i vostri figli adottivi dal nome dei loro veri padri… E se non conoscete i loro padri, siano essi vostri fratelli nella religione e vostri protetti…”. Corano (Sura XXXIII: 4-5, 37-40)

A parte la Tunisia, l’adozione nei Paesi di religione musulmana è vietata non solo all’interno dello stesso Paese, ma è vietata anche l’adozione internazionale. Il divieto di adozione è rimasto anche nelle legislazioni contemporanee dei Paesi islamici, i quali concedono però largo spazio al riconoscimento di paternità, ammesso dal diritto islamico, il quale produce un legittimo rapporto di filiazione. Il riconoscimento di paternità diventa quindi un sotterfugio giuridico per aggirare questo divieto.
Il Corano, e quindi il diritto islamico che dal libro sacro deriva,  proibisce l’adozione in generale, perché non riconosce legami tra genitori  e figli diversi da quelli biologici.
La nostra adozione non esiste nei paesi musulmani dove si è figli solo se c’è il legame biologico. Esiste però la “Kafala” (in diritto islamico significa “fideiussione”) che è un istituto giuridico e costituisce oggi lo strumento principale di protezione dell’infanzia in tanti Paesi islamici. Il minore per essere sottoposto alla Kafala deve essere preventivamente dichiarato in stato di abbandono dal Tribunale. Secondo la Kafala un bambino musulmano  che è orfano di entrambi i genitori  o un bambino abbandonato dai suoi genitori biologici viene  affidato preferibilmente a dei parenti maschi che curino la crescita e l’istruzione del minore. Questa persona diventa nel termine islamico  ”kafil” e  il bambino diventa un ” makfoul”, cioè vuol dire che il bambino non cambia cognome e non diventa figlio. L’impegno richiesto è di crescere e accudirlo fino a quando compie 18 anni. Questo significa che la “kafala” non crea alcun legame parentale e non recide il vincolo di sangue del minore con la famiglia d’origine. La “Kafala” quindi corrisponderebbe quasi ad un ” affidamento famigliare”  disciplinato nei nostri paesi occidentali, ma si differenza in quanto prevede l’impegno definitivo del “kafil”, mentre il nostro istituto prevede la collocazione  temporanea del minore presso un’altra famiglia, in attesa del momento in cui il minore potrà tornare nella propria famiglia d’origine.

Sylvia Eibl, presidente di  Children First onlus
Associazione Umanitaria Filantropica, www.childrenfirst.it

venerdì 20 ottobre 2017

Marrakech: i giardini Majorelle.


E’ in Marocco, a Marrakech che sorge uno dei più bei giardini al mondo: i Jardines Majorelle progettato dall’artista francese Jacques Majorelle nel 1931.
Ecco la sua storia.
L’artista, trasferitosi nel 1919 a Marrakech, acquistò un terreno per trasformarlo in un lussureggiante giardino. Voleva un posto in cui trovare ispirazione per le sue opere, isolarsi dal mondo e dipingere in tranquillità. Un rifugio lontano dal caos cittadino, dove raccogliere pian piano varie specie di piante e far convivere natura e arte islamica (non è un caso che il parco sia cinto da mura e con l’acqua al centro, come vogliono le prescrizioni del Corano per il Giardino Islamico).
Su idea dell’architetto Paul Sinoir, la cinta del giardino e le pareti della villa costruita all’interno, vennero colorate di un particolare blu, che prese poi il nome di “blue majorelle” proprio per la sua unicità. Un tono acceso, vivace, in piacevole contrasto con la calma e la quiete trasmessa dallo scorrere dell’acqua, dai fior di loto galleggianti, dai mille profumi dispersi nell’aria. Un vero e proprio eden, fatto di centinaia di piante provenienti da cinque continenti, dove passeggiare tra vialetti all’ombra, piccoli ruscelli e costruzioni in stile moresco e Art Déco.
Aperto al pubblico nel 1947, il giardino venne a poco a poco abbandonato a partire dal 1962, quando Majorelle, trasferitosi in Francia in seguito ad un incidente, morì.
Fu solo nel 1980 che giardino e villa furono riscoperti da Yves Saint Laurent e Pierre Bergè, al vertice della famosa casa di moda. Il loro obiettivo era quello di riportare a nuova vita  un autentico tesoro, popolato da un’eccezionale varietà di piante e fiori. Il blu Majorelle riprese vigore in un gioco di contrasti col giallo limone dei vasi in terracotta. La flora venne arricchita, passando dalle 145 specie alle 300 attuali, creando così un eden snodato tra alberi ad alto fusto, dense foreste di bambù e un giardino di cactus dove il silenzio si alterna allo scorrere lento delle fontane. Lo stilista trovò nel Giardino Majorelle una fonte inesprimibile di ispirazione, tanto da sceglierlo come suo futuro luogo di sepoltura. Nel 2008, infatti, alla sua morte le ceneri vennero disperse proprio nel roseto all’interno dell’orto botanico. Una passeggiata al Jardin Majorelle è tuttora una delle più belle sorprese che Marrakech riserva ai suoi visitatori.

venerdì 29 settembre 2017

L' Ashura.

Il 29 e 30 settembre 2017 si festeggia l' Ashura.


Ashura significa letteralmente il decimo, ed è una celebrazione religiosa musulmana che cade nel decimo giorno di Muharram, primo mese sul calendario islamico. È celebrata da sunniti e sciiti ma per ragioni diverse.
I 3 giorni del festival dell’Ashura  hanno avuto origine, molto tempo fa  quando il profeta Maometto con i suoi seguaci, trovò la comunità di ebrei a Medina che stava digiunando per lo Yom Kippur o Giorno dell'espiazione. Quando il Profeta chiese agli ebrei il motivo del loro digiuno, risposero che era per ricordare il giorno in cui Dio salvò Mosè  dagli egiziani. Essendo Mosè un profeta della fede islamica, Maometto pensò che anche i musulmani avrebbero dovuto digiunare in questo giorno per espiare i peccati commessi durante l’anno. Con l’avvento del Ramadan, due anni più tardi la celebrazione dell' Ashura non fu più obbligatoria. Fu con la morte del Profeta  che si verificò nella comunità musulmana un grande scisma che diede origine alla divisione tra sunniti e sciiti  discordi su chi dovesse succedere a Maometto.
Per i musulmani sciiti il giorno dell’ Ashura acquistò un nuovo significato dopo la morte di Husayn ibn Ali, nipote di Muhammad, che  il  10 ottobre del 648 D.C. morì flagellato insieme a familiari e seguaci (una settantina di persone in tutto) contro un esercito di centomila persone guidato da Umar ibn Sa'ad, figlio del fondatore di Kufa, nella battaglia di Karbala in Iraq. L’Ashura, diventò un giorno di lutto in commemorazione del martirio di Husayn ibn Ali, e la battaglia di Karbala fu vista come una lotta tra il bene e il male. Questo diede origine anche alle due differenze nella celebrazione dell’ Ashura che per i sunniti è tempo di gioia perché celebra la vittoria di Allah attraverso Mosè contro gli egiziani, mentre  per i musulmani sciiti è una giornata di dolore. Vengono indossati abiti di lutto e non c'è segno di gioia, musica, danza e nessun godimento terreno, si leggono poesie che ricordano la battaglia a Karbala e il martirio di Husayn ibn Ali. È vietato programmare nozze o feste per questo giorno o in prossimità. 
Si fanno processioni e le persone battono i loro petti in segno di dolore. In alcune città si organizzano rappresentazioni della battaglia di Karbala, con attori che ripropongono  gli eventi di quel giorno. Anche se molte delle autorità spirituali sciita hanno proibito e scoraggiato la pratica dell'autoflagellazione, ci sono molti credenti che seguono ancora queste pratiche e flagellano il loro corpo con catene.
In questi giorni si organizzano anche pellegrinaggi sulla tomba di Husayn ibn Ali.
A causa della loro rivalità storica, specialmente nei paesi con presenza di comunità sciita e sunnita, in questi giorni si verificano anche attacchi mortali tra le due comunità.

domenica 3 settembre 2017

Il matrimonio tuareg


Nelle tribù tuareg è tradizione contrarre matrimonio all'interno della stessa tribù, in un cerchio di parenti abbastanza stretti e preferibilmente tra cugini.
Il desiderio dei genitori non sempre rispecchia i desideri dei loro figli, anche se dicono la loro, soprattutto durante il primo matrimonio.
Prima del matrimonio la ragazza “pretesa”, viene agghindata per l’occasione. È il ragazzo che va a trovarla nella sua tenda durante la notte. Essa può accettare o rifiutare il dialogo richiesto da quest’ultimo. Se rifiuta, questi ha solo un’opportunità; quella di ritirarsi inosservato dal resto del campo.
Se la ragazza accetta di effettuare quello che viene definito un esame di "prova", allora può avere inizio l’iter comunicativo. Si tratta di un dialogo, tenuto prevalentemente dalla ragazza, basato su enigmi e puzzle, che via via divengono sempre più complicati.
Se il ragazzo ha tutte le risposte, viene per così dire approvato ed otterrà un talismano o un anello appartenente alla ragazza, un segno di amicizia che porterà come prova del suo successo . Durante questo “flirt”, il ragazzo potrebbe essere comunque “detronizzato” da un rivale più abile nel dare risposte più decise o fantasiose.
Queste discrete riunioni notturne, conosciute da tutti, devono comunque preservare un certo anonimato e anche se va bene tutto per flirtare,si deve far attenzione che il risultato non sia una gravidanza. Questi rapporti, se proseguono per un certo periodo in modo costante, possono portare al matrimonio.
La richiesta ufficiale viene poi dalla famiglia dello sposo a quello della giovane donna.
La dote o “taggalt”, è il dono che la famiglia del giovane deve fornire alla famiglia della sua futura moglie. L'importo dipende dal taggalt doganale, particolare e differente per ogni tribù, dalla famiglia ed in funzione dello status sociale della ragazza. Può passare anche da madre a figlia. All’origine era costituito da animali, oggi è di solito un importo in contanti.
La Cerimonia religiosa avviene nel villaggio o nel campo della sposa, anche se poi gli sposi andranno ad abitare nel villaggio o nell'accampamento della famiglia dello sposo.
La donna porta la sua tenda i mobili ed il taggalt donato alla famiglia e a volte anche quello cedutogli dalla madre. Prima della cerimonia però Il marabout convoca i testimoni e recita un un versetto del Corano a chiamare la benedizione di Dio su questa unione.
Nell'Ahaggar la festa di matrimonio è di solito supportata da tutta la comunità. E’ anche comune celebrare diversi matrimoni nello stesso giorno, cosicchè si possano da una parte ridurre i costi e dall’altra dare più enfasi alla festa. I riti del matrimonio nell’ Ahaggar prevedono una serie di canzoni tradizionali Tuareg che includono gli âléwen ( poesie adattate in musica) che accompagnano ogni fase dei preparativi per la festa: il corteo nuziale, la preparazione dei pasti collettivi, il montaggio della tenda nuziale e letto di sabbia ...
Il montaggio della tenda ( ehen) è detto ekres ehen, che per estensione significa anche "sposare" ed è uno dei riti più importanti della cerimonia. Forse il principale, visto che è la casa dei futuri sposi.
Il giorno prima della festa nuziale, viene eretta una tenda provvisoria. Al suo interno trova posto un letto di sabbia, abdel. Il giorno successivo invece, verrà effettuato il montaggio definitivo della tenda che rimarrà fino al settimo giorno. In essa, trova posto un secondo letto di sabbia, il tadebût. Questo, considerato inviolabile da tutti e dedicato esclusivamente allo sposo, viene preparato solo poco prima dell'arrivo quest’ultimo nella tenda. Tenda e letto di sabbia sono una reliquia del matrimonio nomade. Oggi, il letto di sabbia viene anche sostituito da materassi e coperte ed installato nella casa scelta per la cerimonia.
La sfilata di cammelli chiamata ilugan avviene in prossimità delle tende ed è accompagnata da tamburi e canti âléwen . Durante questa sfilata i cammelli si destreggiano in una sfida che vede la fine della giostra, quando uno dei cammellieri, montando uno di questi animali, riesce a strappare un velo ad un gruppo di donne.
Dopo il tramonto, una processione di uomini, accompagna lo sposo alla tenda nuziale.
Poco dopo, una processione di donne accompagna cantando anche la sposa. Nel viaggio, i fratelli dello sposo (di solito), vengono chiamati ed ottengono un paio di sandali, (dopo lunghe discussioni sulla qualità di questi ighatimen).
La sposa è sistemata inizialmente nella tenda accanto a quella del marito. Solo quando ognuno torna a casa, gli sposi entrano in comunione tra loro, nella prima notte di nozze. Questo generalmente avviene dopo il secondo giorno di festa.
Gli sposi rimarranno nella loro tenda durante i cinque giorni di festa successivi e riceveranno i giovani e le donne del villaggio.
Il divorzio è comune. L’iniziativa può essere dell’uomo come della donna. La donna lascia spesso i bambini con il marito, ad eccezione di quelli che non sono ancora stati svezzati e porta via la tenda e tutto ciò che aveva portato durante il matrimonio. Gli animali della taggalt possono essere riconsegnati o meno a seconda dei motivi della separazione e del costume prevalente della tribù in questione.


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venerdì 4 agosto 2017

La moschea Koutoubiya



Il luogo di culto più celebre di Marrakech è la moschea Koutuobiya la cui costruzione fu iniziata nel 1120 sotto la dinastia berbera degli Almoravidi. Fu durante il regno del sultano Yacoub el Mansour (1184-99) che la moschea venne completata o per meglio dire, sostanzialmente ricostruita perché risultò che il Mihrâb, la nicchia ricavata nel muro di preghiera, non era orientato verso la Mecca. Le fondamenta della prima costruzione sono ancora visibili. Nella lingua araba la parola 'al-Koutoubiyyin' significa “bibliotecario"e alla moschea venne dato questo nome in quanto era circondata da commercianti che cercavano di vendere manoscritti.
Il minareto, costruito in pietra rosa ed elevato fino a 77 m di altezza è un capolavoro dell’arte almohade ed ha fatto da modello per la costruzione della torre della Girala a Siviglia e per quella di Hassan a Rabat. E’ sormontato da 4 globi dorati di dimensioni decrescenti,  che originariamente erano 3 ma una  leggenda racconta che  il quarto venne donato dalla moglie di Yacoub el Mansour. Aveva mangiato tre acini d’uva durante il periodo di digiuno del Ramadan e, sentendosi in colpa per le sue azioni, sciolse tutti i suoi gioielli d'oro per creare la quarta cupola da donare alla Koutoubia.
Secondo un’altra leggenda queste cupole sono protette da “geni” e chiunque osasse rubarle incorrerebbe in grandi sciagure. L'interno della torre è composto da sei camere che si trovano una sopra l’altra e c’è anche una rampa che permette al muezzin di correre fino al balcone per il richiamo alla preghiera. La Moschea Koutoubia, una delle più grandi del mondo, ha sedici navate parallele e identiche e una navata centrale più grande. Ci sono 112 colonne che coprono una superficie di 58.000 metri quadrati e la sala di preghiera può ospitare 25 mila adoratori. La moschea non è aperta ai non musulmani.

mercoledì 21 giugno 2017

Normative che regolano il matrimonio nei paesi del Maghreb.

matrimonio marocchino

L'istituzione del matrimonio nei paesi del Magreb (“dove tramonta il sole”), cioè 
Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, ed Egitto è in linea di massima un'istituzione divina, nikah, ed è l'unica unione legittima tra i sessi. 
Il matrimonio è un dovere sia religioso che civile per il musulmano, non è visto in modo favorevole il celibato e tanto meno la donna nubile, che spesso rimane emarginata dalla società, in quanto non “produce”, termine brutto ma veritiero, figli e rimane spesso priva di mezzi di sostentamento. L'uomo musulmano può sposarsi se è in grado di pagare il dono nuziale, la dote e se ha mezzi per mantenere la famiglia, anche se la moglie dovesse essere ricchissima. E' il curatore matrimoniale del futuro sposo, il wali, che chiederà per lui la mano della sposa all'agnato, parente maschio più prossimo alla sposa, tramite un intermediario il khatrib.
E' vietato chiedere in matrimonio:
1) una donna già fidanzata con un altro uomo, salvo che questi sia un non musulmano o persona immorale. 
2) la donna che sia nel periodo legale di ritiro, idda, per vedovanza (che dura circa tre mesi) o per ripudio.
Il fidanzato e l'intermediario hanno di solito diritto di vedere il viso e le mani della futura sposa, rito dell'esibizione delle bellezze e  delle decorazioni con l'hennè, la pianta dalla quale si estrae il colore bruno-nero per fare decorazioni rituali.
E' riprovevole per chi non ha un lavoro per mantenersi chiedere una donna in sposa, ed è peccato per chi soffre di impotenza o non è in grado di mantenere la moglie, anche se ricca. 

giovedì 11 maggio 2017

Le festività islamiche: Laylat ul Bara'ah


Venerdì, 12 maggio 2017 è:


Laylat ul Bara'ah o "notte della purificazione", una celebrazione musulmana che si verifica esattamente due settimane prima del Ramadan. Questo è un momento di cui i credenti sono invitati a cercare il perdono per i peccati commessi durante l'anno passato. Pertanto, questa notte dovrebbe essere spesa in totale sottomissione ad Allah Onnipotente, e ci si dovrebbe astenere da tutte quelle attività, che possono dispiacere ad Allah. Anche se ogni musulmano deve costantemente astenersi dai peccati, questa astensione diviene tanto più necessaria in questa notte, perché commettere i peccati significherebbe rispondere alle benedizioni divine con disobbedienza e crimini. Un tale atteggiamento arrogante può scatenare solo l'ira di Allah. 
Per il profeta, è stato il momento in cui Allah ha concesso la sua misericordia che si è manifestata nel definire il destino di pentiti e dando indicazioni sul comportamento da avere nell'anno futuro.
Durante la notte del Laylat ul Bara'ah, è consuetudine pregare e chiedere perdono per tutti i peccati passati. È pertanto opportuno di rimanere svegli tutta la notte, dire 100 preghiere oppure leggere il  Corano.
Il digiuno è talvolta praticato il giorno dopo la notte del Laylat ul Bara'ah.

sabato 22 aprile 2017

Le festività islamiche: Lailat al Miraj

Masjid-al-Aqsa

Il 24 aprile 2017 si festeggia  Lailatul Miraj (in arabo: الإسراء والمعراج) o Lailat Al-Isra che può essere tradotto come "la notte del viaggio e l'ascesa al cielo”. Si commemora l'ascensione del Profeta Muhammad al cielo.
La tradizione, ricchissima a questo proposito, ci riferisce che una notte, mentre Maometto stava dormendo, fu svegliato dall’arcangelo Gabriele e trasportato nel corso d'una sola notte (da qui il termine isrāʾ) "dal Tempio Santo al Tempio Ultimo", identificati poi nella Kaʿba della Mecca e nella Spianata del Tempio di Gerusalemme (dove, in effetti, fu poi costruita la moschea detta al-Aqṣā, cioè "Ultima").  Questo sarebbe stato possibile grazie ad un destriero alato mitico chiamato Burāq, dal volto umano femminile e dal corpo a metà strada fra il mulo e l’asino. Poi, partito dal "Tempio Ultimo", Maometto avrebbe sorvolato il baratro infernale, assistendo alle pene decisamente corporali (fiamme e dolori fisici) inflitte ai dannati in funzione del loro peccato commesso sulla terra, secondo un'anticipazione del cosiddetto "contrappasso" dantesco e  avrebbe asceso i sette Cieli, in ognuno dei quali avrebbe incontrato un profeta. Adamo fu il primo, seguito da Yaḥyà (Giovanni Battista) e da ʿĪsā (Gesù), da Yūsuf (Giuseppe) nel terzo Cielo, da Idrīs (Enoch ?), da Hārūn (Aronne) nel quinto, da Mūsā (Mosè) nel sesto Cielo e da Ibrāhīm (Abramo) nell'ultimo.
Maometto venne ammesso infine al supremo cospetto divino, dove ricevette una serie di comandi, tra cui la pratica delle cinque preghiere quotidiane.
Gli eventi di Lailat al Miraj sono descritti brevemente nel capitolo 17 del Corano, che è chiamato “Sura Al-Isra”. Molti dei dettagli della storia si possono ritrovare negli hadith, del profeta Maometto.
Sul calendario islamico, Lailat al Miraj è generalmente osservata il giorno 27 del mese di Rajab ed è consuetudine pregare per tutta la notte, a casa o in una moschea e raccontare la storia ai bambini. In alcuni paesi, le case sono decorate e illuminate tutta la notte.

martedì 28 marzo 2017

La mano di Fatima



La Mano di Fatima (anche nota come Khamsa, in arabo: خمسـة, ossia il  numero"cinque") è un amuleto molto antico caratteristico delle religioni musulmana ed ebraica, molto diffuso nel Medio Oriente e nell'Africa settentrionale. Per gli islamici vale la leggenda secondo la quale Fatima, figlia del profeta Maometto, mentre preparava la cena, avrebbe assistito al ritorno del marito con una concubina; ingelosita da ciò, per errore mise la propria mano nell'acqua bollente, senza tuttavia avvertire dolore. Per i credenti islamici rappresenta dunque il simbolo della serietà e dell'autocontrollo.  In età moderna l'immagine è stata utilizzata per indicare gli spazi adibiti alle donne, e più in genere come oggetto apotropaico, costituito da una mano colorata e a volte molto adornata da arabeschi, recante per di più al centro l'occhio di Allah. Da un punto di vista antropologico - religioso, la mano è collegabile alle basi stesse del credo islamico: le cinque dita della mano ricordano infatti i cinque pilastri dell'Islam della fede. Per l'Islam popolare, la Mano rappresenta tuttavia più che altro un rimedio infallibile contro il malocchio e gli influssi negativi in genere. La mano aperta con dita distese e unite e una pietra, un disegno o un occhio al centro del palmo, protegge dalle negatività in generale, l’occhio in particolare protegge dalle malattie. Sebbene sia difficile stabilirne la provenienza, gli archeologi credono che l’usanza sia di epoca pre-islamica, risalente ad un’antica dea mediorientale la cui mano proteggeva dal malocchio, il disegno è stato rinvenuto anche sulle pareti delle grotte del Tessili. Attualmente la Khamsa è popolare come oggetto decorativo in pendenti, portachiavi o decorazioni per la casa. L’abitudine di porre il segno della mano destra sull’ingresso della casa per proteggerne gli abitanti è molto in uso presso i beduini. L'antropologo Desmond Morris ha spiegato, nel saggio “Amuleti e talismani”, il significato di molti oggetti legati alla superstizione, come la Mano di Fatima, diffusissima in Oriente sotto forma di un monile in filigrana d'argento o d'oro.Persino le pietre preziose, spiega sempre Morris, hanno un significato: l'ametista protegge dall'ebbrezza durante le feste, lo smeraldo migliora creatività e memoria, il rubino salvaguarda dagli incidenti, lo zaffiro è indossato dai sovrani per allontanare il maligno ed è efficace per evitare gli incantesimi e pacificarsi coi nemici. Anche i diamanti sono sempre stati considerati ottimi per proteggere dalla pazzia e dalle debolezze. 

sabato 11 febbraio 2017

San Valentino nel mondo arabo.



La Festa di San Valentino, in Africa e nel mondo arabo, non trova molto spazio, poiché è quasi del tutto sconosciuta, viene festeggiata solo tra i giovani  delle élites politiche e economiche delle grandi città, i quali, pur di rivendicare un semplice diritto, come quello di festeggiare l’amore, si battono anche a costo del carcere.
In Arabia Saudita, uno dei paesi estremamente fondamentalisti, esiste una polizia religiosa, che proibisce ai negozi di  vendere souvenir per questa festa e censura qualsiasi pubblicità dell’evento sui mass media, perché questa festa potrebbe esortare i giovani ad avere rapporti sessuali prima del matrimonio, di conseguenza i ragazzi, sono costretti a scambiarsi doni di nascosto. La stessa situazione si ritrova in Pakistan e in Iran, paesi in cui i giovani innamorati  sono costretti a festeggiarsi in privato, dato che in questi paesi, anche un semplice scambio di auguri viene condannato. Nello Yemen, nel 2008, hanno preso di mira  una cantante siriana Asala Nasri,  minacciata a morte perché considerata la portavoce della festa di San Valentino tra i giovani arabi. L’organizzazione al-Qaeda da allora ha dichiarato guerra a qualsiasi mezzo di persuasione per impedire che la società islamica venisse corrotta da forme ritenute depravazioni della religione.
In Kuwait, invece, questa festa non è stata vietata  dalle autorità, ma esistono dei gruppi contrari alla festa dell’amore, convinti anche questi che festeggiarla sia contrario ai principi dell’Islam.  Quest’ultimi hanno addirittura chiesto al Parlamento di vietare ufficialmente di celebrare la festa degli innamorati.  Una situazione del tutto diversa la troviamo in Iraq, dove, fino a poco tempo fa, durante il regime di Saddam, questa festa era sconosciuta ma   dopo la sua caduta, il 14 febbraio, si respira aria di gioia e amore e le vetrine dei negozi si tingono di rosso; è soprattutto nei quartier al-Mansur, al-Karrada e in Via Palestina,che è possibile trovare sfiziosi souvenir e bei doni.

Articolo e contenuti a cura di Dominga Fortunato.

domenica 15 gennaio 2017

Tinariwen



C'è un gruppo musicale che negli ultimi anni si è fatto portavoce dei disagi del popolo Tuareg e di tutta l'Africa settentrionale, attraverso sonorità che uniscono le tradizioni di quelle terre a quelle del rock blues occidentale, proponendo una musica che ha avuto apprezzamenti di tantissimi grandi musicisti, U2, Rolling Stones, Red Hot Chili Peppers, Santana, Thom Yorke, Peter Grabiel, Damon Albarn, ed altri ancora. Questo gruppo, proveniente da Tessalit, regione desertica del nord est del Mali, si chiama Tinariwen, che nella loro lingua significa appunto “deserti". Prende forma all’ inizio degli anni ’80 nei campi profughi militarizzati allestiti in Algeria da Gheddafi, dove la loro opposizione militante al governo centrale dello stato africano li ha spinti a cercare rifugio. Il fondatore del gruppo, Ibrahin Ag Alhabib, rimasto orfano di padre,  ribelle tuareg, ed esule in Algeria, inizia ad appassionarsi a vari tipi di musica: tipiche melodie tradizionali dei tuareg, blues, raï (che ascoltava nelle taverne algerine), il chaabi marocchino e anche il rock e il pop occidentale e cerca di riprodurre questi tipi di musica con una chitarra costruita da lui stesso con un un barattolo, un bastone e i fili dei freni di una bicicletta. Costretto all’esilio, come molti suoi coetanei, lui stesso con altri membri della formazione originale prendono parte ad alcuni episodi di guerriglia e diventano la voce ufficiale dell’MPA, il movimento rivoluzionario del Mali che ne finanzia le attività pagando loro l’acquisto di strumenti e l’affitto di sale prova: le prime cassette autoprodotte hanno circolazione esclusivamente locale ma conquistano l’attenzione dei giovani maliani grazie alla forza del messaggio libertario e alla modernità dei suoni che abbinano chitarre elettriche e ritmiche incisive alla tradizione dei cantastorie e agli insegnamenti di maestri come il connazionale Ali Farka Toure. Del 1996 è la decisione di dedicarsi alla musica a tempo pieno e nel 1998 i Tinariwen si incontrano con la band francese Lo’Jo, che li fa conoscere al mondo intero.   Assieme organizzano la prima edizione del Festival Au Desert, a nord di Timbuctu, cui negli anni parteciperà gente come Robert Plant dei Led Zeppelin e Damon Albarn dei Blur. Tra il 2001 e il 2014 pubblicano sei dischi e il quinto, Tassili, vince addirittura un Grammy. Sono la prima band del Nord Africa a vincere questo premio. La loro musica è conosciuta come tishoumaren, musica del ishumar (disoccupato). Di solito eseguita da gruppi di 30 e più strumentisti e cantanti, tishoumaren riconosce la musica contemporanea occidentale, in particolare rock, così come altre forme di musica prevalenti in Medio Oriente, senza mai perdere il contatto con la forma antica originale. La formazione della band cambia spesso a seconda delle escursioni, ma tutti sono musicisti tuareg. Alcuni degli album sono stati registrati all'aperto, nel bel mezzo del deserto del Sahara.I musicisti americani fanno la fila per andare nel deserto del Mali a registrare con loro, sulla sabbia e con la legna che arde nel falò.

https://www.youtube.com/watch?v=FRqiqHZhKOM&t=5s