lunedì 8 luglio 2013

Ramadan nel mondo: Tunisia

boutbila durante il Ramadan

Anche in  Tunisia, come in tanti altri paesi islamici, la gente inizia a prepararsi per il sacro mese del Ramadan, molti giorni prima del suo arrivo. Le case e le moschee vengono addobbate e le città illuminate a festa. Negozi e mercati sono aperti fino a tarda notte. Al mattino può succedere di svegliarsi al suono  dei tamburi boutbila (drummers) che girovagano per i quartieri ricordando a tutti, di mangiare e bere prima dell’alba in modo da poter essere preparati per le lunghe ore di digiuno.
In questo mese si respira un'atmosfera profondamente religiosa nelle più antiche moschee del paese, come la moschea Zaytuna e la Uqba Ibn Nafiee moschea di Kairouan dove sono migliaia i visitatori, provenienti da paesi arabi e islamici. Durante ogni Ramadan le autorità tunisine organizzano nelle moschee, più di 400 gare di recitazione del Sacro Corano che vedono la partecipazione di oltre 15 paesi arabi e musulmani. Queste gare si svolgono in diverse sezioni ed hanno come obbiettivo l’approfondimento della conoscenza della cultura coranica.
In questo mese si rafforza anche  la solidarietà e lo spirito di comunità della società tunisina. In varie parti del paese, si dà assistenza alle famiglie povere offrendo doni e denaro alle famiglie bisognose.

https://www.youtube.com/watch?v=gQ-iIUuLhqo


                                               Ramadan Kareem


martedì 25 giugno 2013

il suq marocchino

il suq di Fes

Il suq è il cuore commerciale della medina e si sviluppa attorno alla Grande Moschea secondo una precisa gerarchia. Nelle immediate vicinanze del luogo di culto hanno sede le corporazioni delle attività di maggior “lusso”: orefici, rilegatori, librai, cambiavalute; man mano che ci si allontana i prodotti esposti diventano di uso più corrente. A ridosso delle mura di cinta hanno sede le concerie e le fucine dei maniscalchi, le attività più invadenti anche quanto a inquinamento sonoro! Ogni singola categoria artigiana, dagli ottonai ai tessitori, dagli ebanisti ai calzolai, ha una sua propria strada bordata di minuscoli negozi ognuno dei quali, giunta la sera, chiude i battenti ( nel senso proprio del termine in quanto sono battenti di legno) per riaprirli il giorno seguente. Gli artigiani preservano con dedizione il proprio mestiere, ripetendo instancabilmente i gesti tramandati di padre in figlio o appresi sotto l’ala protettrice del maalem. Nei laboratori del suq dei tintori, i lavoranti rimestano la lana, il cotone e la seta nelle vasche variopinte; fuori, il cielo si intravede appena tra le matasse di lana e i tessuti già tinti messi ad asciugare su canne tese sulla strada. Il suq dei tappeti si anima tutti i giorni al momento dell’asta pomeridiana, allorché i venditori smerciano i tessuti prodotti dalle tribù berbere. Il rame, il bronzo e l’ottone vengono lavorati al suono incessante delle mazze nel quartiere degli ottonai; sotto i colpi ritmati degli artigiani nascono lanterne, vassoi, piatti e bollitori per il tè. Nel suq dei cestai gli uomini intrecciano con destrezza panieri e canestri di dum (foglie di palma nana) o di listelli di canna. I fabbricanti di babbucce non si limitano più ad offrire i tradizionali modelli in giallo o in bianco, come una volta: le versioni odierne sono vere e proprie opere d’arte, ricamate con fili d’oro,d’argento o di seta. Nel suq delle spezie ci si inebria degli aromi di cumino, zafferano, cannella, curcuma  e molti altri, venduti sfusi sui banchi, mentre in quello dell’ henné le erbe curative tradizionali sono esposte accanto ai prodotti di bellezza, al kohol e al ghassoul. Altro spazio odoroso è quello occupato dal suq degli ebanisti, pervaso dall’ essenza di cedro. Il legno viene trasformato in tavolini, bauli, scacchiere e suppellettili vari. Poco più il là altri artigiani squadrano con speciali scalpelli, i tasselli di terracotta smaltata che combinati tra loro formeranno mosaici multicolori, gli zellij. Nel suq dei conciatori gli uomini stanno immersi fino alla vita nelle fosse rotonde riempite di tannanti, a pestare instancabilmente pelli di pecora, montone o di vacca.
Nelle minuscole botteghe, poste una di fronte all’altra, l’affastellamento di mercanzie ha del vertiginoso: nel suq ogni minimo spazio è dedicato al commercio e i prodotti debordano ovunque dai baracchini.
Il mercato costituisce un polo d’attrazione sociale, un luogo oltre che di approvvigionamento, d’incontro e di scambio. È al suq che si saldano i debiti e si  contrattano i matrimoni. I commercianti sono riuniti per specialità e i contadini, raggruppati tra loro, espongono al suolo i prodotti del loro piccolo campo, pesando frutta e verdura su bilancine d’altri tempi.
Al calar del sole, pesanti portoni di legno si chiudono isolando il suq dal resto della città.

tratto da : "Marocco" di Marie - Pascal Rauzier  

https://www.youtube.com/watch?v=mxLYD7CLj3w


venerdì 7 giugno 2013

il Corano


Il Corano è il testo sacro dell’Islam, è la parola di Dio dettata alla lettera e senza intermediazione umana. In arabo “al-Qurʾān” significa “ recitazione”, “ lettura ad alta voce” e deriva dalla parola iqra (leggere). Il Corano è composto da 114 sure o capitoli (letteralmente “righe”), ordinati approssimativamente in ordine decrescente di lunghezza, da un massimo di 286 a minimo di 3 versetti. L’eccezione più importante è costituita dalla prima sura, al-Fātiḥa ( l’Aprente), un’invocazione di sette versetti ripetuta nel corso delle cinque preghiere che i musulmani devono recitare ogni giorno. I versetti sono chiamati āyāt ( segni).
“Iqra’ bi-smi Rabbika lladhi khalq: Leggi! In nome del tuo Signore che ha creato….”.secondo lo stesso Corano, questo è il primo versetto della più antica sura dettata a Maometto dall’arcangelo Gabriele sul monte Hira nei pressi della Mecca. Era l’anno 610 e per Maometto, che a quel tempo aveva 40 anni, iniziava la missione profetica  durata ben 23 anni. Il testo del Corano è stato rivelato passo dopo passo, affrontando i bisogni immediati della popolazione e dando loro il tempo di crescere e sviluppare la  fede. Secondo i musulmani, il Corano contiene la rivelazione definitiva e completa di Dio. Infatti Allah si sarebbe rivelato prima attraverso la Torah (libro sacro degli ebrei), poi attraverso i Vangeli (cristiani), ma ebrei e cristiani avrebbero falsificato questi libri e così quello che è scritto nel Corano va a correggere il contenuto dei libri precedenti. Il Corano non è stato scritto da Muhammad (la tradizione islamica afferma che non sapeva né leggere né scrivere), ma i suoi seguaci  impararono a memoria le rivelazioni che il profeta recitò loro e talvolta le trascrissero su oggetti come foglie di palma, ossa e pelli di animale. Solo dopo la morte di Maometto ,avvenuta nel 632, i suo fedeli iniziarono a scrivere redazioni complete del Corano, senza più tenere conto dell’ordine cronologico delle rivelazioni che il profeta aveva avuto. Quindi le prime redazioni erano moltissime e molto spesso discordanti tra di loro, ma la versione più famosa è dovuta a Zayd ibn Thābit che costituì il testo ufficiale diffuso in tutto il mondo musulmano, e non più modificato. Il Corano è stato scritto in arabo, la lingua ufficiale in cui pregano tutti i musulmani del mondo e  le sure sono da recitare con voce lenta e melodiosa in  modo che  si possa riflettere sul significato delle parole. Il Libro stesso deve essere trattato con rispetto e attenzione. Si tocca il testo solo quando si è in uno stato di purezza rituale, come per la preghiera. Prima e dopo la lettura si ricorda Dio e si cerca la protezione dal male.
Le decorazioni delle pagine del Corano non prevedono mai immagini di Dio per il divieto di raffigurare Allah, gli esseri umani e gli animali nei luoghi di preghiera. La bellezza della pagina è data quindi dalla qualità della calligrafia.
Milioni e milioni di musulmani e musulmane in tutto il mondo imparano a memoria le centinaia di pagine in arabo che costituiscono il libro. Questo processo è noto con il nome di 'Hifz', che significa 'conservazione'. Una persona che ha memorizzato l'intero Corano si chiama 'Hāfiz' (masch.) e 'Hāfiza' (femm.). Memorizzare il testo del Corano è un modo per garantirne la preservazione nella sua forma autentica nel corso dei secoli.

lunedì 20 maggio 2013

La danza cabila


Originaria della Turchia, la musica cabila ha attraversato tutto il Medio Oriente sino a giungere in Algeria, tra le montane della Cabilia, regione abitata prevalentemente da berberi, da cui ha preso il nome. E’ proprio da questa musica che nasce una danza gioiosa e coinvolgente la cui esecuzione è riservata alle donne. La danza cabila, così si chiama questo ballo, è legata alla celebrazione della raccolta delle olive. Accompagnate dai ritmi ossessivi dei  “tbal” ( tamburi di pelle di pecora) e dei “bendir” ( tamburelli), dal suono un po’ stridente delle “irette” (sorta di trombette) e dai richiami gioiosi delle donne (youyou), le danzatrici sembrano scivolare sul pavimento spinte dal ritmo cadenzato del bacino e da movimenti  rapidi e secchi dei fianchi. Anfore portate in equilibrio sulla testa o foulard dalle frange folte e colorate accompagnano la danza sottolineando il movimento dei fianchi, supplendo allo scarso uso delle braccia proprio di questa tradizione.  E’ una danza molto difficile da eseguire in quanto richiede un totale controllo dei muscoli inferiori e allo stesso tempo lo sforzo di apparire leggere e armoniose. Affascinano e colpiscono gli ampi e coloratissimi costumi tradizionali utilizzati per la danza: la djebba, la foudha, vera e propria divisa delle donne berbere, l’h’zam, una cintura composta da fili di lana intrecciati e culminanti in variopinti pon pon che valorizzano e amplificano il movimento dei fianchi e il mharma, foulard triangolare, nero o a motivi floreali, che copre i capelli ed incornicia il viso. Non mancano, per finire, i gioielli in argento e corallo (o a volte monete e conchiglie) che ornano il corpo della danzatrice.

http://granellidisabbia-najim.blogspot.it/p/video.html


mercoledì 1 maggio 2013

Khan-e Borujerdi


Secondo la leggenda, quando Sayyed Jafar Natanzi, un mercante noto con il nome di Borujerdi, incontrò Sayyed Jafar Tabatabei, per parlare del suo matrimonio con la figlia di quest'ultimo, Agha Tabatabei pose una condizione: sua figlia doveva vivere in una casa bella come quella nella quale era cresciuta. Il risultato, completato circa 18 anni dopo, fu Khan-e Borujerdi ( Kashan, Iran). In origine la casa era divisa in due parti, un *andaruni e un biruni, ma oggi solo l'andiruni è aperto al pubblico. Qui si può ammirare un cortile riccamente decorato con una fontana nel centro. Alla sua estremità splendidi motivi decorano l'arcata d'ingresso **iwan alla sala di ricevimenti, disposta su due piani e arricchita di vetrate, specchi e affreschi eseguiti da Khamal ol - Molk, il principale artista iraniano dell'epoca. In una stanza adiacente, più piccola, il soffitto è decorato con un motivo realizzato a imitazione di un tappeto. Se lo si chiede gentilmente, sarà permesso salire sul tetto per ammirare dall'alto il cortile e i caratteristici "badgir"( torri del vento), dalla cupola esagonale, che hanno reso famoso il palazzo.

Tratto dal libro "Iran" di Andrew Burke,Mark Elliott

* Tradizionalmente le case iraniane avevano un andaruni e un biruni. L'andaruni era la zona più segreta, quella in cui gli estranei non erano ammessi e le donne erano libere di muoversi senza essere viste da persone che non facevano parte della famiglia,   il biruni era la parte più esterna in cui accogliere i visitatori. 

** L'īwān è un elemento tipico dell'architettura islamica. In linea di massima  è un ambiente chiuso e coperto - posto ad un'estremità di una qualsiasi costruzione  (in genere moschea, madrasa o mausoleo) - che si apra verso l'esterno e il cui ingresso sia per lo più sormontato da un arco.


domenica 21 aprile 2013

Sofreh-ye Aghd: il banchetto di nozze iraniano


Una delle principali caratteristiche della cerimonia nuziale persiana è il Sofreh-ye Aghd (banchetto di nozze), un tavolo molto basso e riccamente imbandito la cui preparazione è particolarmente accurata in quanto si  crede, e si spera, che sia di buon auspicio per la vita della coppia. Come altre popolari tradizioni persiane questo evento non ha radici islamiche, bensì nell’antica fede zoroastriana (basata sui quattro elementi della natura: terra, fuoco, acqua,  vento) e proprio per questo è presente in ogni matrimonio iraniano indipendentemente dalla fede degli sposi. Generalmente si imbandisce  il “banchetto” a casa della sposa sul pavimento della camera dove si ufficia la cerimonia, rivolto verso est , dove nasce il sole, in modo tale che gli sposi guardino verso la luce. Sul sofreh, rivestito di un tradizionale panno bianco, non possono mancare :
un grande specchio (ayne-ye bakht), posizionato al centro del tavolo,  per portare luce e luminosità al futuro. Quando la sposa e lo sposo si siedono e la sposa si toglie il velo, la prima cosa che lo sposo deve vedere nello specchio è il riflesso della sua futura moglie.
Due candelabri ( sha’am) ai lati dello specchio, che rappresentano il fuoco e l’energia. 
Un vassoio di spezie (sini-ye aatel-o-baatel) , sette tipi di spezie per proteggere dal malocchio. Questi includono: semi di papavero "khash-khaash", riso selvatico "berenj", angelica "sabzi khoshk", sale "namak" (per accecare il malocchio), semi di nigella "raziyaneh", tè nero "chaay" e incenso "kondor " (per bruciare gli spiriti maligni).
Pane tipo focaccia e formaggio feta (naan-e sangak). Il pane a volte è decorato con scritte di congratulazioni per la coppia "Mobarak Baad" .
Uova decorate, noci, mandorle e nocciole (tokhm-e morgh (uovo) ajil (frutta secca) che simboleggiano la fertilità.
Melograni e mele (anar-o-sib), per un futuro gioioso. I melograni sono frutti del paradiso e le mele simboleggiano la creazione divina del genere umano.
Acqua di rose Gol-Ab per profumare l'aria.
Zucchero cristallizzato (kaas-e nabaat o shaakh-e nabaat), per addolcire la vita della sposa.
Monete d'oro (sekeh). Ricchezza e prosperità.
Una tazza di miele che consumato  subito dopo la cerimonia assicura dolcezza nella vita. La sposa e lo sposo tuffano un dito mignolo nella tazza di miele e si alimentano l’un l’altro.
Il Corano o altre Sacre Scritture a seconda della fede (Ghoraan-e Majid) . Simboleggiano la benedizione di Dio per la coppia. Alcune famiglie aggiungono anche un libro di poesia persiana di Hafez o Rumi.
Dolci e pasticcini (shirini) da dividere con gli invitati. L'assortimento di solito comprende: noghl , baklava , toot (marzapane persiano), naan-e bereneji (biscotti di riso), naan-e badami (biscotti alle mandorle) e naan-nokhodchi (biscotti di ceci) .
Termeh (termeh) seta o stoffa ricamata in oro, tramandata da generazioni, a rappresentare la famiglia e la tradizione.
Due coni di zucchero (kalleh ghand)canditi che vengono sbriciolati, durante la cerimonia,sul telo  tenuto sopra la testa degli sposi  da parenti di sesso femminile non sposate mentre una parente felicemente sposata grattugia lo zucchero come auspicio di una vita piena di dolcezza.
Un braciere "Manghal" con carboni ardenti cosparsi di ruta selvatica "esphand". La ruta selvatica è utilizzato in molte cerimonie zoroastriane, rituali e riti di purificazione. Si crede che tenga lontano il malocchio e che porti  tanta salute.
Il telo di seta o di qualsiasi altro tessuto sottile che viene tenuto sopra la testa degli sposi durante la cerimonia.
Chi vuole può mettere sul sofreh anche un ago e sette fili colorati per cucire figurativamente le labbra delle madri degli sposi  in modo che non possano dire parole sgradevoli o intromettersi nel matrimonio. Per coloro che desiderano mantenere questa usanza rendendola meno offensiva, il significato diventa “cucire le labbra dei pessimisti". 
Un kit da preghiera "jaa-namaaz" per ricordare alla coppia la loro fede. Questo kit comprende un tappeto di preghiera piccolo "sajjaadeh" da stendere sul pavimento, al momento della preghiera, un piccolo cubo di argilla modellata con preghiere scritte su di esso "mohr" e un filo di perle da preghiera "tasbih". 
In una cerimonia nuziale non può mancare neppure la musica e la canzone che tradizionalmente viene suonata quando la coppia entra nella stanza, è un motivetto allegro dal titolo “ Bada Bada Mobarak”.

lunedì 8 aprile 2013

Marocco: le case dell'Alto Atlante


Le case di pisé (terra cruda) dell'Alto Atlante, costruite sui versanti montuosi, sembrano sorgere direttamente dalla terra e s’ incastrano le une alle altre formando un tutt'uno di tetti e terrazzi rivolti a levante. Costruite per fronteggiare i rigori dell'inverno, le case montane vengono costruite con cura. Il pisé, materiale da costruzione più diffuso in questa zona, serve da copertura per muri e tetti delle case ed è un impasto di terra cruda più o meno argillosa e acqua con l'aggiunta facoltativa di paglia e brecciame. Si inizia a costruire usando per le fondamenta pietroni di calcare estratto direttamente dal monte. Il pisè viene poi versato in una cassaforma di legno, fatta di grosse assi legate da traverse. All'interno di questa forma un operaio comprime la terra pestandola con i piedi e poi la batte con un pesante maglio di legno. Quando la terra è secca , la forma viene rimossa e appoggiata accanto al blocco precedente. L'operazione viene ripetuta fila dopo fila. Il tetto è la parte della casa che richiede più cura. Di forma piatta viene utilizzato come terrazza, essicatoio per mais o noci, cortile o cucina. Una volta eretti i muri in pisé  vi si dispongono sopra in orizzontale, nel senso della lunghezza, grosse travi di quercia e di pioppo rozzamente sgrossate e sopra ancora, perpendicolarmente, pertiche di ginepro ben strette tra loro. Dopo aver creato un'intercapedine compatta di sterpaglie, si copre il tutto con terra battuta argillosa a garanzia della tenuta stagna del tetto. Lo spesso strato di erba secca che sporge vistosamente dal perimetro dei muri serve ad impedire che l'acqua grondi sul muro sottostante.
L'acqua piovana e la neve sono infatti i peggior nemici del pisé e vanno costantemente eliminati. Normalmente ogni 4 o 5 anni il tetto viene rifatto. Un tempo le finestre delle case erano poche e chiuse dall'interno con scuri di legno, ovvero schermate da trafori di musharabiya. Le abitazioni più recenti presentano maggiori aperture e sono più frequenti i telai muniti di vetri alle finestre. Le porte d'ingresso piccole e basse, sono tenute sempre chiuse a protezione dell'intimità della casa.


lunedì 25 marzo 2013

Gli articoli della fede islamica


La fede islamica si basa su sei articoli molto semplici:
- Credere in Allah creatore dell’universo. L’ unico e il solo meritevole di adorazione.
- Credere nei profeti (nabi) e nei messaggeri (rusul), uomini scelti da Dio per la loro moralità e la loro fede, portatori della rivelazione e del messaggio dell’unicità divina. I profeti  ricordati nel Corano sono 25 e sono in ordine cronologico:
Adam( Adamo), Noha ( Noè), Houd (Heber), Saleh (Matusalemme), Lot, Abraham( Abramo), Ishmail( Ismaele), Isaac(Isacco), Jacob ( Giacobbe), Shu'aib (Jethro), Haroun (Aronne), Moses (Mosè), David ( Davide), Solomon, Ayoub (Giobbe), Zulkifl (Isaiah), Younis (Jonah), Ilias (Elia), Alyas-aa (Elisha), Zacharias ( Zakaria), Yahia(Giovanni il Battista), Gesu' e Mohammed. Rinnegare uno di essi è come rinnegarli tutti.
- Credere nei libri (kutub), le “sacre scritture”, rivelate agli uomini da Dio per mezzo dei profeti. Il primo fu il "Libro di Ibrahim" (Abramo), di cui non esistono tracce nella letteratura mondiale, poi vennero la "Torah" rivelata a Mose', lo "Zabur" a Davide e l' "Ingil" (Vangelo) a Gesu' che  sono tuttora utilizzati da Ebrei e Cristiani e infine il "Quran" a Mohammed, testo Sacro dei Musulmani.
- Credere negli angeli (mala’ika). Mohammed ha insegnato che Allah , oltre al mondo visibile  ha creato un mondo invisibile a cui appartengono gli angeli, ministri di Dio. Puri spiriti sottomessi alla Sua autorità non dotati di libero arbitrio, ai quali ha affidato dei compiti specifici nei confronti degli esseri umani.
Quattro sono gli Arcangeli: Jibril, l'angelo della rivelazione , Mikae'il l'angelo che suonerà la tromba della fine del mondo, Israfil che annuncerà la Resurrezione, Azrail l'angelo della morte.
- Credere nel Giorno del Giudizio (qiyama) e nella risurrezione (la vita dopo la morte). La vita di questo mondo, è destinata a finire  in un tempo gia' fissato, chiamato iaumu l-qiyamah (giorno della resurrezione), detto anche iaumu l-akhir (l’ ultimo giorno).In quel momento, tutte le creature verranno richiamate in vita e compariranno dinnanzi ad Allah per il giudizio finale; questo avvenimento e' chiamato "hascr" (riunione). Saranno prese in considerazione tutte le azioni, sia buone che cattive, se la bilancia penderà dalla parte del bene, il giudicato avrà come ricompensa il Paradiso; se invece penderà dalla parte del male, egli sarà punito con l’ Inferno.
- Credere nel Destino (qadr). Tutto quello che accade, sia nell'universo, sia nella vita dell'uomo, dall'evento più insignificante a quello più importante, è parte di un disegno imperscrutabile di Allah ma questa condizione non deve implicare assolutamente un’accettazione passiva e fatalista degli avvenimenti. Al contrario, il musulmano è chiamato ad operare, programmare, impegnandosi secondo gli insegnamenti islamici, prendendo però coscienza che tutto ciò che fa, e il risultato che ottiene, dipendono solo dalla volontà di Dio


domenica 10 marzo 2013

I ritmi nella musica araba


Nelle società primitive, la musica nasceva dai suoni prodotti dalla vita quotidiana, come il battito delle mani o  il suono di alcuni tipi di lavori ed  esprimeva i vari stati d’animo  che  accompagnavano i momenti significativi vissuti in comunità, ad esempio il raccolto nei campi, la celebrazione di matrimoni e le nascite. I ritmi arabi derivano da questi ritmi tradizionali tramandati nel tempo e si differenziano a seconda della località geografica da cui provengono. Si basano su una unità minima costituita da due suoni principali : uno è di natura sonora grave ed è chiamato dum , l'altro è un suono acuto detto tak; a questi  si aggiunge un elemento non sonoro importantissimo, il silenzio, a volte impercettibile, che si inserisce tra i diversi colpi prodotti dallo strumento a percussione, oppure si colloca al termine dei battiti prestabiliti. Solitamente , ogni ritmo inizia con uno o più suoni gravi,  dum, (eccetto per un ritmo di origine indiana denominato Karachi), e termina o con un tak o con un dum. Una delle caratteristiche più interessanti dei ritmi arabi è che, pur essendo prefissati, permettono di eseguire una vasta gamma di improvvisazioniLa tablah o darbouka è lo strumento principe della ritmica araba in generale.

RITMO MALFOUF
Ritmo in 2/4 molto utilizzato nella danza araba, solitamente accompagna l'entrata in scena della danzatrice. 
         Dum    tak  tak   https://www.youtube.com/watch?v=eGJTowf50ig

RITMO FELLAHI
Questo ritmo proviene dalla musica popolare tradizionale contadina. E’ un ritmo molto veloce in 2/4 e rappresenta uno dei maggiori ritmi della musica rurale egiziana Sha'abi.

RITMO AYUB (Zar)
Il ritmo di Ayub o Zar è un ritmo in  2/4. La sua caratteristica è di essere ripetitivo e ossessivo dato che la sua funzione è di accompagnare cerimonie religiose. Viene usato anche per indurre lo stato di trance. Di solito viene suonato aumentandone la velocità.
           Dum   Dum tak     https://www.youtube.com/watch?v=bjkjLSPc6y8

RITMO KHALIGI
Il ritmo Khaligi è in 2/4. Khaliji significa "del Golfo" infatti è tipico della musica che proviene dai paesi del Golfo Persico. Si tratta di un ritmo sincopato, usato nella musica popolare, molto simile al ritmo  Malfuf ma con accenti diversi. Si usa nella danza folkloristica omonima.
        Dum a dum a tak    https://www.youtube.com/watch?v=iHlILwIvyKo

RITMO KARACHI
Ritmo in 2/4 che proviene dal Pakistan, è oggi molto diffuso nella musica egiziana. Si tratta di un ritmo popolare dalle sonorità energiche ed incalzanti.
          Tak a dum tak     https://www.youtube.com/watch?v=8w2aOyz_U10

RITMO MAQSUM
Il Maqsum è un ritmo in 4/4 molto accentuato e per questo motivo molto coinvolgente. Si tratta di uno dei ritmi più usati e diffusi in Egitto, in tutti gli ambiti musicali, da quello popolare, al  classico, alla musica pop commerciale.
       Dum  tak     tak   dum     tak    https://www.youtube.com/watch?v=bWejvoiuzac

RITMO BALADI
Il ritmo Baladi (popolare o "del mio paese") è diffusissimo in tutto il medio oriente arabo. Viene chiamato anche Masmoudi Sgheir, "piccolo Masmoudi", poiché richiama il ritmo Masmoudi della musica colta ma ne costituisce una versione semplificata.
E' in 4/4 ed appartiene all'ambito della musica popolare.
        Dum dum     tak  dum   tak     https://www.youtube.com/watch?v=0_w94rrQEiE

RITMO SAAIDI
Si tratta di un ritmo popolare, in 4/4 proveniente dall’alto Egitto.In passato era utilizzato per accompagnare una danza di arti marziali chiamata "tahteeb" eseguita dagli uomini con lunghi bastoni. Oggigiorno il "tahteeb" è diventata una danza più formale, eseguita in forma coreografica sia dagli uomini che dalle donne, in questo caso usando bastoni più piccoli e con movimenti più aggraziati.
        Dum tak     dum dum     tak     https://www.youtube.com/watch?v=tuU9zeqsB1U

RITMO WAHDA
Ritmo in 4/4 proveniente dalla Libia, viene utilizzato soprattutto per la danza del serpente.
              
RITMO MASMOUDI KABIR 
Il ritmo Masmoudi kabir è in 8/4. Molto utilizzato nella musica classica egiziana, ma anche nella musica popolare. E' diffuso in tutto il Nord Africa. Il Masmoudi kabir (grande)  e il Masmoudi sagheir ( piccolo), hanno una frase ritmica molto simile, ma velocità diversa: praticamente uno è il doppio dell’altro.

RITMO CIFTITELLI 
Il ritmo Ciftitelli o Wahdah Kbirah è un ritmo di originie greco-turca in 8/4. Appartiene all'ambito della musica colta. La sua frase ritmica è lunga e lenta e viene usato per accompagnare momenti di Taqsim (improvvisazione) di un singolo strumento.  Viene simulato anche da strumenti musicali melodici, come ad esempio l'oud o il violino.
  Dum ta tak ta   tak   dum dum tak   https://www.youtube.com/watch?v=TV7e9SWfqqw

RITMO EL ZAFFAH
Ritmo in 8/4 di provenienza egiziana è utilizzato nelle cerimonie nuziali per accompagnare gli sposi. Si usa anche all'interno di altri brani musicali, magari per alludere al matrimonio.          
 Dum      tak tak tak   tak     dum      tak   tak     https://www.youtube.com/watch?v=5OakzdJHS38

RITMO SAMA'I
E' un ritmo in 10/4 di origine arabo andalusa e ottomana, viene utilizzato nella musica classica egiziana.    
                                            https://www.youtube.com/watch?v=B21zq9ZWpXk


sabato 23 febbraio 2013

Moschea di Abramo - Aleppo


Nella Siria nord-occidentale, a sud della città di Aleppo, sorge la Moschea di Abramo (Maqam Ibrahim). Fatta costruire nel 1167 da Nureddin, secondo la tradizione, fu fatta erigere sulla roccia su cui Abramo sostò per mungere la sua mucca. Narra infatti la leggenda che il patriarca, in viaggio verso la terra di Canaan, si fermò ad Aleppo e munse la sua mucca nella cittadella (oggi centro storico), dando così origine all'attuale nome di Aleppo, che deriva dall'arabo halib, cioè "latte". Questa moschea, un hammam e un elegante portale mamelucco sono gli unici edifici che possono essere identificate tra le rovine.

domenica 10 febbraio 2013

Il matrimonio in Iran


In Iran , l’età minima per potersi sposare è per le ragazze di 9 anni lunari (8 anni e 9 mesi sul calendario solare) e fino a non molti anni fa ci si sposava giovanissimi. Negli anni passati anche il matrimonio era combinato, infatti erano le madri a scegliere le mogli per i propri figli maschi, scelta che ricadeva su ragazze figlie di amici o parenti oppure  si ricercava  la sposa giusta nei bagni pubblici o alle feste. Oggigiorno queste usanze si ritrovano ancora solo nelle zone rurali e nelle famiglie più tradizionali.  I ragazzi infatti hanno uno stile di vita più libero, l’età del matrimonio sta vertiginosamente salendo e le coppie più moderne scelgono di persona il proprio compagno, ma il consenso dei genitori rimane tuttora molto importante ed anche certe usanze sono ancora rispettate. Ad esempio, quando un  ragazzo è in età  di matrimonio, tocca alla famiglia recarsi a casa della ragazza prescelta portando dolci e fiori. In questo incontro, detto "khastegari",sono i padri dei futuri sposi che discutono sul matrimonio, se manca la figura maschile all’ interno della famiglia, viene chiamato lo zio più anziano. Questa prima visita serve esclusivamente per le parti per familiarizzare e non vi è alcun impegno. E’ nel secondo “Khastegari” che viene fatta la proposta formale e si discutono i termini del matrimonio. In tempi passati, questo incontro permetteva ai futuri sposi di vedersi per la prima volta, un veloce sguardo quando la ragazza entrava nella sala a servire tè e pasticcini. Ai giorni nostri, quando l'uomo e la donna si conoscono già e sono gli istigatori della cerimonia, le prime due khastegaris sono fatte in un solo passo. Dopo un breve periodo si svolge il  “Boroun Bale”, una cerimonia nel quale si annuncia il fidanzamento della coppia e i genitori dello sposo portano in regalo alla sposa un anello  e un pezzo di stoffa che servirà per confezionare un abito. Nelle famiglie religiose, la tela viene utilizzata per confezionare un  chador. Durante il “Boroun Bale” viene concordato anche il “Mehrieh” che può essere una somma di denaro o una proprietà che verranno dati alla sposa in caso di divorzio. La fase del fidanzamento può durare un paio di mesi ma anche diversi anni. Il “Aghd” è il vero e proprio matrimonio. Si celebra  davanti al mullah a casa dei genitori della sposa in una sala appositamente decorata di fronte ad un banchetto chiamato Sofreh-ye Aghd. La sposa, come nella tradizione occidentale, è vestita di bianco. Parenti di sesso femminile tengono, sopra la tesata degli sposi, un velo di seta e altri parenti ed amici, a turno, versano sul telo coni di zucchero per simboleggiare il desiderio di una vita dolce per la coppia. Durante questa fase il mullah recita per tre volte una preghiera, poi domanda una volta allo sposo se vuole prendere in moglie la ragazza, dopo il suo consenso chiede per tre volte alla donna, ricomprendendo nella domanda tutte le condizioni stabilite durante il "khastegari", se acconsente al matrimonio. E’ usanza che la donna dica tre volte “no” prima di acconsentire. Dopo l’assenso della sposa l’unione dei due ragazzi è ufficiale e consacrata. Il ricevimento di nozze "Jashn-e Aroosi", può svolgersi subito dopo il matrimonio oppure diversi mesi dopo la cerimonia e tradizionalmente si protrae da 3 a 7 giorni.

venerdì 25 gennaio 2013

Mondo cinema: Pane e fiore


Titolo Originale: Nun va goldum
Anno: 1996
Regia: Mohsen Makhmalbaf 
Sceneggiatura: Mohsen Makhmalbaf
Interpreti Ali Bakhshi Jozam, Mohsen Makhmalbaf, Elham Mohammad-Amini, Ammar Tafti, Mir Hadi Tayebi, Moharram Zeinalzadeh.




Il regista iraniano Mohsen Makhmalbaf ci propone con “Pane e fiore “ un film semi-autobiografico. Tutto prende spunto da un episodio accadutogli all’età di 17 anni, mentre militava in un gruppo clericale anti scià. Nel 1974, nel tentativo di rubargli la pistola   accoltellò  e ferì un poliziotto. Il poliziotto si salvò ma il regista fu arrestato, torturato, imprigionato per cinque anni e liberato solo nel 1979 durante la rivoluzione islamica. Quindici anni più tardi, dovendo scegliere gli attori per il suo nuovo film dal titolo “Salaam cinema”, e volendo  scritturare solo attori non professionisti, pubblica un annuncio sul giornale. Tra i numerosi candidati, si presenta anche un quarantenne che risulta essere un ex poliziotto. Dopo un po' Makhmalbaf lo riconosce: è lo stesso poliziotto che aveva ferito anni prima. Allora il regista, invece di offrirgli una parte, gli propone di ricostruire in un film quell'evento drammatico. Ognuno di loro sceglierà un giovane interprete per il proprio personaggio, attraverso il quale fornire una versione dei fatti. L'ex poliziotto è molto reticente, c'è di mezzo il ricordo di una ragazza che lui vedeva passare ogni giorno davanti alla sua postazione e di cui si era innamorato. Alla fine però i due giovani vengono scelti ed anzi, a poco a poco, è la loro storia a prendere il sopravvento: quello che fa il poliziotto è interessato solo a salvare una piantina di rose, mentre quello che fa il regista vorrebbe salvare l'umanità e non se la sente di accoltellare il rivale. Il finale è tutto da scoprire….
Il film è stato candidato per il Pardo d'Oro ed ha ricevuto una menzione speciale all'edizione del 1996 del Festival internazionale del film di Locarno. Il titolo originale Nun va goldum significa "un istante di innocenza".


giovedì 10 gennaio 2013

Il cavallo arabo e le sue leggende



Il cavallo arabo e' una delle razze più antiche al mondo e gode di grande popolarità per  il suo stile e  la sua bellezza, per le sue doti di facile apprendimento e versatilità, per la sua  disponibilità, serietà e bontà di temperamento. E’ imbattibile nelle gare di fondo e può portare grossi carichi. Così viene narrata, secondo  una leggenda beduina, la sua origine:
"Allah disse al Vento del Sud: “Diventa carne  e io farò di te una nuova creatura in onore del mio sacro Nome e per la sconfitta dei miei nemici, affinché tu sia il servitore di tutti quelli che mi sono sottomessi.” E il Vento rispose: “Signore, che sia fatta la tua volontà”. Allora Allah prese una manciata di Vento del Sud vi soffiò sopra e creò il cavallo dicendo : “Il tuo nome sarà Arabo, la virtù risiederà nel ciuffo della tua fronte e porterai sulla tua groppa il bottino sottratto ai tuoi nemici. E' te che ho scelto fra tutti gli animali e farò del tuo padrone il tuo amico. Ti ho dato il potere di volare senza le ali, sia all'attacco che in ritirata; metterò sul tuo dorso uomini che mi loderanno e mi glorificheranno”.
Ma anche un’altra leggenda è legata a questa splendida razza e racconta che in un tempo molto lontano, sotto un cielo coperto di stelle, sulle dune sabbiose del deserto, Maometto si era fermato per riposarsi dal lungo viaggio che stava percorrendo. Guardando le sue splendide giumente, decise di metterle alla prova per vedere se gli fossero davvero fedeli. Le lasciò per tre giorni senza acqua e quando le liberò, tutte si diressero verso il fiume per abbeverarsi. Poco prima di raggiungere la fonte,  esse udirono il suono del corno di richiamo del Profeta, ma solo cinque di queste si diressero immediatamente verso il loro padrone malgrado la sete. Allora Maometto, impressionato da questo comportamento tanto sottomesso, marchiò su di esse una spiga, per distinguerle dalle altre e ancora oggi si può vedere nei cavalli che mostrano uno standard di razza eccezionale, questo simbolo che viene appunto chiamato “il germoglio di Maometto”. Da queste cinque giumente conosciute come “Al khamsa” ( le 5) nacquero, secondo la leggenda, le linee di sangue che ancora oggi esistono. 
Pare inoltre, che questo cavallo, che vive in media 21 anni, sia maggiormente apprezzato dai 7 ai 14 anni come racconta un vecchio proverbio che dice “Sette anni per mio fratello, sette anni per me e sette anni per il  mio nemico”.

martedì 25 dicembre 2012

La Sacra Ka'ba



La Ka’ba (letteralmente il “cubo” in arabo) è una struttura in pietra antica che si trova all’interno della Grande Moschea della Mecca, in Arabia Saudita. Per i musulmani di tutto il mondo è il luogo più sacro della terra, quello che tutti loro sognano di poter visitare almeno una volta nella vita, quello verso cui bisogna rivolgersi per le preghiere quotidiane. Le sue origini e la data di costruzione si perdono nella notte dei tempi.
Secondo la tradizione islamica, la prima Ka’ba fu costruita da Adamo dopo la cacciata dal Paradiso terrestre; travolta poi dal diluvio universale, fu ricostruita da Abramo e dal figlio Ismaele i quali murarono nell’angolo sud-orientale dell’edificio la Pietra Nera ( Al-hajar Al –aswad), che avevano ricevuto dall’Arcangelo Gabriele. 
Secondo un’altra tradizione la Ka’ba fu costruita per la prima volta in cielo, duemila anni prima della creazione del mondo, dove ancora rimane il modello originario. Adamo poi la ricostruì sulla terra, in un punto posto esattamente al di sotto del luogo che l’originale occupava in cielo. Egli usò per costruirla pietre tratte dalle cinque montagne sacre: Sinai, al-Judi, Hira, Olivet e Libano. Diecimila angeli furono incaricati di sorvegliare la struttura che fu però distrutta al momento del diluvio, rendendo così necessaria la ricostruzione da parte di Abramo.
Sebbene fosse stata costruita come casa di culto monoteista, durante il tempo del Profeta Maometto, venne rilevata dagli arabi per ospitare i loro numerosi dei tribali. Fu nel 630, dopo anni di persecuzione e di esilio, che Maometto, tornato con i suoi seguaci alla Mecca, riuscì a distruggere i 360 idoli esposti all'interno della Ka'ba facendola tornare luogo di culto monoteista. 
Prima dell'avvento dell'Islam era di dimensioni assai più contenute, oggi misura 10 x 12 metri di lato e 15 metri di altezza; è coperta da un enorme telo di broccato nero chiamato Kiswah, che viene  rifatto e sostituito una volta all'anno e sul quale sono ricamate le parole della professione di fede .
L'ingresso è permesso solo agli inservienti e alla famiglia reale Saudita che ne ha la custodia. All'interno, vi è un pozzo, ormai essiccato, che anticamente era chiamato al-Akhsaf o al-Akhshaf, ed era destinato a raccogliere il sangue delle vittime sacrificali. 
Il pavimento è ricoperto di marmo bianco, i muri sono rivestiti fino a metà altezza di marmo rosa mentre   la parte restante e il soffitto sono coperti di stoffa verde decorata con alcuni versetti del Corano. Al centro, come sopporto del soffitto, ci sono tre colonne di legno alte 9 metri e scolpite con incisioni d’oro. Il soffitto è decorato con lampadari, che risalgono all’epoca Ottomana; fatti di vetro, argento e rame hanno anch’essi inciso alcuni testi del Corano. Di fronte alla parete nord ovest, ma non collegato con l’edificio della Ka'ba, c’è un muro di marmo bianco semi circolare si chiama Higr Ismail. Questo spazio gode di una speciale considerazione perché all'interno di esso si trovano le tombe di Ismaele e sua madre Hagar. Durante il pellegrinaggio annuale ("Hajj") , i musulmani camminano intorno alla Ka'ba in senso antiorario (un rituale conosciuto come "tawaf").

lunedì 10 dicembre 2012

Matrimoni nel mondo islamico: usanze e tradizioni.



Sapevate che:
il momento più spettacolare della cerimonia nuziale in Iran, è quando davanti ai due sposi seduti su tronetti leggermente rialzati, i parenti sollevano un grosso specchio, consentendo ai due sposi di vedersi per la prima volta fianco a fianco dopo il “si”. In questo paese, dove  le donne sono obbligate a indossare il chador quando escono di casa, le nozze vengono spesso celebrate in casa per consentire alle spose di vestire abiti occidentali al riparo da sguardi indiscreti. In Kirghizistan è l’uomo  a decidere la donna che vuole sposare, e per convincerla ricorre alla tradizione: rapirla. Lei ha tre giorni di tempo per respingerlo e tentare di fuggire, trascorsi i quali non ha altra scelta che seguirlo all’altare. In Turchia per festeggiare le nozze si usa sparare in aria e quanto più è grande e potente l’arma, tanto più è considerata ben augurale per gli sposi.
In Afghanistan, nel giorno del loro matrimonio, i due sposi sono tenuti a stare a debita distanza. In una stanza festeggiano gli uomini, nell’ altra le donne. Curiosa anche l’usanza di non ricevere regali, ma di doverli fare a tutti gli invitati: mandorle per gli uomini e simboli del lavoro domestico per donne. Gli invitati maschi gettano petali di fiori sugli sposi e le donne regalano una sciarpa che li avvolgerà, simbolo di indissolubilità. Servire mandorle durante il ricevimento nuziale è una tradizione che resiste in molti paesi arabi. Ciascun invitato ne deve ricevere cinque. Le mandorle rappresentano i cinque desideri sacri per il matrimonio, che includono felicità, ricchezza e longevità. Il cuore della mandorla rappresenta i tempi duri che la coppia dovrà affrontare durante il matrimonio, mentre la parte dolce rappresenta l’amore. Vengono date cinque mandorle anche perché il cinque è un numero dispari e i numeri dispari non possono essere divisi, un simbolo dell'unione della coppia.