mercoledì 14 aprile 2010

I jinn


I primi esseri che abitarono la terra furono i jann: sparsero la corruzione e si uccisero l’un l’altro. Dio allora mandò contro di loro un esercito di jinn, angeli creati dal fuoco. Al loro comando c’era Azazil (Al–Harith). un jinn molto bello e molto pio che risiedeva in cielo durante la notte e sulla terra durante il giorno e che custodiva il tesoro del paradiso. Ma quando Dio chiese agli angeli di prostrarsi di fronte Adamo tutti ubbidirono tranne Azazil che rifiutò ritenendo Adamo inferiore a lui in quanto fatto di terra. Dio punì Azazil facendolo diventare un ribelle lapidato ( shaytān rajim) e da allora il suo nome divenne Iblis che significa afflitto, disperato.
I jinn (dal verbo jānn che vuol dire nascondersi , celare) nel mondo occidentale sono chiamati geni. Vivono in un mondo contiguo a quello degli uomini, hanno caratteristiche possedute dall'uomo come l'intelligenza, il libero arbitrio, possono accoppiarsi ed avere figli come gli umani e sono in grado di scegliere tra il bene e il male.Ciò che li distingue chiaramente dall'umanità, sono i poteri e le abilità di cui sono dotati. Dio ha dato loro questi poteri per metterli alla prova. Se opprimono gli altri saranno giudicati responsabili e saranno puniti nel giorno del giudizio.
Possono intraprendere qualsiasi forma fisica quindi, possono comparire come esseri umani, alberi o animali e possono assumere la direzione delle menti e dei corpi di altre creature Il Profeta disse : "ci sono tre tipi di jinn : uno che vola nell'aria, uno che ha sembianze di serpente o cane, e uno che si sposta all'interno di un luogo limitato” Tutti i jinn hanno rapidità di movimento, riescono ad attraversare lunghe distanze in poco tempo. ma non possono prevedere il futuro.
In età preislamica ( jāhiliyya ) i jinn erano accreditati di notevole potenza, quasi sempre in grado di esprimere una devastante e spesso mortale cattiveria. L'Islam accetta l'esistenza dei jinn, anche se ne disattiva pressoché tutte le potenzialità malefiche principali, limitandole a un fastidio più o meno accentuato. Secondo la cultura islamica, i jinn possono essere musulmani o non-musulmani, infatti alcuni di loro (chiamati rawahin) si sarebbero convertiti ascoltando la recitazione del Corano fatta da Maometto. Altri sono le truppe fedeli di Iblis- Satana ( shaytin).
I jinn satanici (o spiriti maligni djnoun) sperano di incitare la gente ad adorare altri oltre ad Allah e si distinguono per alcuni comportamenti tipici... mangiano con la mano sinistra, si riuniscono al crepuscolo, prediligono luoghi di decadenza come i cimiteri e i bagni, entrano e vivono nelle case in cui le persone vivono, amano la corruzione, l'odio, la disubbidienza e la malvagità.
I jinn buoni invece sono in grado di beneficare l’essere umano. Tipico esempio di jinn buono è quell'essere che, “Aladino” nelle “Mille e una notte”, libera dalla lampada, al cui interno è rimasto prigioniero, in cambio dell'accoglimento di tutti i suoi desideri.

domenica 21 marzo 2010

Mondo cinema: " Il pane nudo"

Un film di Rachid Benhadj. Con Saïd Taghmaoui, Marzia Tedeschi, Sana Alaoui, David Halevim, Karim Benhadj. (anno 2005)


Mohamed è un bambino come tanti altri, ma la sua famiglia è povera e lui, sporco e affamato, cerca cibo fra i rifiuti. Torna a casa felice di aver trovato una gallina morta per il fratellino malato, ma viene punito dalla madre perché mangiare carogne è peccato. Il padre è un uomo alcolizzato e violento, la madre troppo devota alla religione e al marito. Mohamed, costretto a patire ogni stento, cresce in fretta, lascia la famiglia, inizia a vagabondare tra i vicoli e le strade, di notte, alla ricerca di cibo, di un riparo, di una serenità che riesce a trovare solo in una squallida sessualità malata, frequentando i bassifondi e i luoghi più malfamati della città di Tangeri, come molti altri bambini della sua età. Nel frattempo il Marocco si sta svegliando dal lungo sonno coloniale e grandi manifestazioni di protesta cominciano a scuotere il paese. Ormai ventenne, partecipa alle sommosse politiche, e a causa di una retata, si ritrova in prigione. Compagno di cella, un detenuto politico intento a scrivere sul muro una poesia. Da quel momento sente il bisogno di imparare a leggere e a scrivere: è l’inizio di una nuova vita. Diventerà un maestro elementare per insegnare ai bambini gli strumenti per fuggire dalla miseria e dalla povertà.
Curiosità:Il film è la vera storia dello scrittore marocchino Mohamed Choukri ed è tratto dal romanzo autobiografico omonimo (il titolo originale in arabo è ﺍﻟﺨﺒﺰ ﺍﻟﺤﻔﻲ . ﺳﻴﺮة ﺫﺍﺗﻴـة ﺭﻭﺍءﻳـة al-khubz al-hafi. Sira dhatiyya riwa'iyya lett. "Il pane nudo. Autobiografia in forma di romanzo"). Il libro uscito nel 1960 diventò un caso letterario, un classico apprezzato nel mondo ma censurato nei paesi arabi a causa della sua crudezza.E’ lo stesso regista ad interpretare il ruolo di Hamid, il compagno di prigione di Mohamed, colui che gli farà scoprire l'incanto della letteratura e gli insegnerà le prime due lettere dell'alfabeto arabo, 'alif e bā', che insieme formano la parola ab "padre".

Trailer

https://www.youtube.com/watch?v=ZI7Aym5Am1A

sabato 6 marzo 2010

Le donne dell'Alto Atlante


La vita quotidiana nell' Alto Atlante è faticosa e preziosa. Gli uomini lavorano la terra e sono responsabili del taglio della legna per l'inverno e la vendita al suq della produzione agricola e del bestiame. Le donne si prendono cura dei bambini, fanno il pane, cucinano, accudiscono il bestiame, attingono l'acqua, filano, tessono e affrontano la maggior parte dei lavori stagionali: la mietitura, la raccolta delle olive, delle mandorle e delle noci, la pelatura del mais, l'approvvigionamento d'acqua e di legna minuta....

8 marzo festa della donna
auguri a tutte le donne!!!

domenica 21 febbraio 2010

Facciamo il punto della situazione.....



A seguito del rapporto pubblicato dal Ministero della Difesa, vorrei sottolineare che questo non è un blog politico, né religioso, né di propaganda, ma è il blog di una donna italiana, non convertita, interessata agli usi , costumi e tradizioni del mondo islamico. Prima di trarre conclusioni affrettate, siete gentilmente invitati a leggere il blog. Najim

sabato 13 febbraio 2010

Umm Kalthoum: "Stella dell'Oriente"


Oum Kalthoum, أم كلثوم pseudonimo di Fatima Ibrahim al-Sayyid al-Baltaji, è riconosciuta come la migliore cantante egiziana di tutti i tempi. Nacque nel 1904 a Tamay-az-Zahayra, un piccolo villaggio egiziano, e Il padre, che era l'Imam della moschea, fu il suo primo insegnante di canto. Fatima iniziò la sua carriera in tenera età cantando in occasione di avvenimenti religiosi e dimostrando di avere un talento eccezionale. A circa dieci anni, vestita da beduino, iniziò a girare per i villaggi insieme al padre ed al fratello. Con loro portò per anni la parola del Profeta tra i poveri dei villaggi della zona, creandosi velocemente una buona reputazione di cantante; tuttavia il suo stile troppo campagnolo non le permise di ottenere subito un gran successo.
Fu l’incontro con due virtuosi, ad aprirle le porte del teatro arabo:Muhammad Al-Qasbaji, suonatore di liuto, compose le musiche e Ahmad Rami, grande poeta scrisse per lei ben 137 canzoni.La diffusione della radio le permise poi di raggiungere la celebrità. Oum Kalthoum divenne verso la fine degli anni '40 il simbolo della canzone araba e fu impegnata in lunghe tournée a Damasco, Baghdad, Beirut, Tripoli e in altre metropoli. La sua fama, seconda solo a Nasser, era tale che le notizie politiche importanti erano mandate in radiodiffusione prima dei suoi concerti. Negli anni '50 l'Egitto aveva due sole incontrastate guide: l'eroe carismatico Gamal Abdel Nasser e "la sfinge eterna", la "Stella dell'Oriente", Oum Kalthoum, signora senza figli, ma madre di tutto l'Egitto. Fu soprannominata anche “la cantante del popolo” per l’impegno profuso in opere caritatevoli e per la generosità dimostrata nei confronti dei poveri.
Ai suoi funerali , nel 1975, assistettero oltre cinque milioni di persone.
Le sue canzoni erano per lo più poemi epico-lirici che duravano tra i 30 e i 60 minuti; c'era, generalmente, un'introduzione strumentale di circa dieci minuti al cui termine faceva ingresso lei, regalmente accolta da fragorosi applausi. Ai fan purtroppo rimangono solo pochissimi dischi e registrazioni. Alcune canzoni sono state ri-pubblicate nel 2003, nell'album "The Lady" e liriche come “Ya Laylet El-Id Insitina" e "Kayfa Marat Ala Hawaka Al Kouloub"mettono in risalto il suo talento eccezionale.


domenica 24 gennaio 2010

i beduini




Abitanti dei deserti e delle steppe, nomadi ed erranti, liberi e sognatori, inizialmente erano i poveri che, scacciati dai ricchi proprietari agricoli delle oasi, furono costretti ad organizzarsi per vivere nel deserto (il termine beduino deriva dall'arabo Bedù, il plurale di Badwai che significa appunto "abitante del deserto "). Dove trovavano acqua, pozzi e sorgenti insediavano i loro accampamenti. Si specializzarono nell’allevamento ed erravano continuamente per procurare ai loro animali foraggio sufficiente. La loro vita, lontana dalle agiatezze, ai limiti delle possibilità umane che non lasciava spazio alle debolezze di alcun genere rese questo popolo fiero, forte e con un grande spirito di adattamento. Originari della Penisola Arabica, ora vivono nell’Africa settentrionale e in Medio Oriente. La loro economia si basa sull'allevamento : cammelli, dromedari, cavalli, caprini ed ovini forniscono loro tutto lo stretto necessario per vivere, cammelli e dromedari sono inoltre il loro mezzo abituale di trasporto. L'abitazione dei beduini è il beit, una tenda nera suddivisa in due vani, uno per le donne e l’altro, lo sciaq, per gli uomini e gli ospiti.( secondo la tradizione, l'ospite che riesce ad avvicinarsi così tanto da toccare un bastone della tenda deve essere ospitato per 3 giorni e 3 notti).Quando la famiglia è numerosa, i vani possono aumentare mantenendo però, sempre la distinzione tra locali per donne e per uomini. Un lato lungo della tenda rimane aperto durante il giorno e viene chiuso solo di notte o quando si scatenano le tempeste di sabbia. Il tessuto fitto fatto con pelli di capra, sorretto da pali e corde, non fa passare la pioggia torrenziale che cade in queste zone e mantiene gli ambienti ben areati, freschi d'estate e caldi d'inverno. L'arredamento è formato da tappeti, cuscini, recipienti, pochi arnesi e un piccolo focolare sul quale si prepara il tè. Durante le soste, quando il gruppo si trasferisce da un luogo all'altro, le donne raccolgono radici, erbe, bacche e locuste, che vengono seccate e conservate per i periodi di magra; gli uomini invece si dedicano alla caccia. L'unica occupazione ritenuta dai beduini veramente nobile è la guerra, e tra le famiglie c'è uno stato quasi permanente di guerriglia e le faide spesso finiscono con la scomparsa di una delle tribù. Questa è suddivisa in clan composti da grandi famiglie nelle quali vige il patriarcato. Il capo del clan o della tribù è sempre uno sceicco, cioè l'elemento più abile o ricco del gruppo. Le donne godono di maggior libertà che non quelle di altri popoli nomadi; vivono nella stanza loro assegnata ma possono muoversi a piacere, allontanarsi, mangiare con gli uomini e tenere il volto scoperto. Indossano la “galabia“, lunga tunica bianca, e coprono il capo con la “kefiah“, il lembo di stoffa rettangolare, trattenuta dall’”iqal “, il doppio cordone che cinge loro la testa, in origine fatto con peli di capra ritorti e oggi con fili di cotone.

venerdì 1 gennaio 2010

Il dromedario..."la nave del deserto"



Il dromedario, la specie di cammello con una sola gobba, originario dell’Arabia è diffuso in tutta l’Africa del Nord, in India e nell’Asia Minore. Grazie alle sue qualità eccezionali, leggendaria la resistenza al caldo e alla sete, si è guadagnato il titolo di “nave del deserto”. Viaggiatore instancabile, questo animale può oltrepassare i tre metri d’altezza e vivere fino a venticinque anni. Quando è disidratato la gobba diminuisce di volume man mano che si esauriscono le riserve di grasso. Ci vogliono cento litri d’acqua, che può bere in 10 minuti, per dissetarlo dopo una settimana d’astinenza. Si nutre di piante molto succose, ma in loro assenza, durante l’inverno, si accontenta di nutrirsi di piante pungenti senza curarsi delle spine. Per assimilare tutte le sostanze presenti negli alimenti, il dromedario mastica il cibo 40-50 volte.
L’adattamento agli ambienti desertici, si riflette in diverse particolarità come la chiusura ermetica delle narici durante le tempeste di sabbia e la doppia fila di ciglia. Con la lana del manto si tessono i pesanti mantelli chiamati burnous e la carne ha qualità nutritive apprezzate.

domenica 13 dicembre 2009

Piazza Djemaa el-Fna



«Kan iam kan»… C'era e chissà poi se c'era…E' così che iniziano molte fiabe arabe, spesso raccontate al buio perché farlo di giorno, secondo molti, porta male. Lo fanno per esempio durante le lunghe veglie le donne berbere, oppure nelle piazze delle principali città dell'Africa i narratori di professione che raccontano di principi e principesse, personaggi surreali, anelli magici, lampade con poteri eccezionali, proprio come quella in cui si imbatte Aladino in una delle "Mille e una notte".
Accade anche nella piazza Djemaa el-Fna (chiamata "Piazza dei morti" o “convegno dei defunti” in ricordo delle esecuzioni pubbliche che si svolgevano un tempo) cuore pulsante di Marrakech dove tutto è magia. Il mattino è pressoché vuota, sembra una normale piazza; nel tardo pomeriggio inizia a riempirsi di bancarelle e ambulanti La sera è unica: incantatori di serpenti, di scimmie, caratteristici venditori d'acqua, danzatori, acrobati, maghi guaritori, indovini, fattucchiere, narratori di antichissime saghe, musicisti gnawa scrivani pubblici, venditori ambulanti delimitano il proprio "halqa", cerchio immaginario benedetto da un santo, e presentano il loro spettacolo. A sera inoltrata si leva il fumo prodotto da chi cuoce o scalda le vivande e man mano che si va avanti nella notte cominciano ad accendersi le luci, l'atmosfera si fa irreale: profumi, suoni, parole, danze, cibi che cuociono scatenando un profluvio di odori speziati e appetitosi, cantastorie, donne velate che ti prendono la mano per decorartela con l'hennè, rivenditori di cd, lumache e spiedini, bancarelle di spremuta d'arancia e tajin a cuocere su fornelletti, acrobati e musicanti...


mercoledì 18 novembre 2009

Il pellegrinaggio alla Mecca_ Al- Hajj


Nel cuore dell’Islam, una leggenda narra di un luogo che è sempre esistito.
Prima di ogni cosa, persino prima della creazione, c’era un luogo sacro, la casa celeste di Dio. Si chiamava Ka’aba e la sua copia sulla terra si trova oggi al centro della Grande Moschea (al- Masjid al- Haram) nel cuore di una città dell’Arabia Saudita: la Mecca (Makkah).
La Ka’aba, simbolo dell’adorazione verso l’unico Dio, è un semplice cubo alto 15 metri nel cui interno si trova una stanza disadorna. Nell’angolo sud-occidentale, incorniciata d’argento è incastonata la Pietra Nera, una delle pietre usate da Abramo per la costruzione.
I musulmani, se le loro condizioni glielo permettono, devono recarsi alla Mecca almeno una volta nella vita e in un preciso periodo dell’anno, tra l’8° e il 12° giorno del mese di duh l-hijja ( il dodicesimo del calendario lunare islamico) si svolge il Pellegrinaggio(Hajj) le cui fasi rispecchiano le tradizioni del passato, una delle quali è la creazione della nuova copertura della Ka’aba che consiste in un drappo di color nero, su cui sono ricamati a mano in oro e argento i versetti del Corano.
Per potervi partecipare il pellegrino deve essere in stato di ihram (sacralizzazione) che
consiste nel fare il ghusl, la grande abluzione rituale, nell' indossare un abbigliamento particolare e inoltre comportarsi con cortesia, rispetto e pazienza.
Per tutta la durata dell’Hajj infatti, gli uomini devono indossare due teli di stoffa bianca senza cuciture: lo izar intorno alla vita e il rida sulle spalle, mentre le donne hanno diritto di vestirsi come vogliono sempre nel rispetto delle leggi islamiche.
Arrivati alla Mecca, i pellegrini si recano alla Grande Moschea e girano 7 volte attorno alla Ka’aba in un rito chiamato Tawâf. Il Tawâf è una preghiera individuale che può essere compiuta solo in questo luogo. Subito dopo, compiono un altro rito il Sa’y, che è una marcia ripetuta per 7 volte tra due colline, Safâ – la roccia e Marwa – la pietra, e serve a ricordare il tormento di Agar che cercava acqua nel deserto. Ismaele e Agar furono lasciati da Abramo (Ibrâhîm) in una valle desolata per volere di Dio. Rimasti senza acqua, Agar presa dalla disperazione perchè il figlioletto aveva sete cominciò a correre tra le due colline in cerca di aiuto. Al settimo percorso la fede della donna venne ricompensata, l'Arcangelo Gabriele sfiorò il suolo con la punta di un'ala e fece sgorgare un getto d'acqua: la fonte Zamzam.
Il giorno 8 dhu l-hijja i pellegrini si spostano dalla Mecca a Mina , una vallata a sud dove fanno una sosta.
Il giorno 9 dhu l-hijja raggiungono la pianura di Arafat, dove sorge la collinetta Jabal al-Rahma (il Monte della Misericordia), luogo in cui Adamo ed Eva si ritrovarono dopo essere stati cacciati dal paradiso terrestre e dove il Profeta Maometto pronunciò il suo ultimo discorso. Ad Arafat, i pellegrini compiono le preghiere da mezzogiorno al tramonto facendo attenzione di rimanere all’interno dei limiti di questo territorio fino la notte che segue. E’ questo istante della stazione notturna sul territorio di ‘Arafat, in stato di ihrâm, che conferisce al Pellegrinaggio la sua validità. Si dirigono poi verso Muzdalifa dove stanno in preghiera fino a sera. Tra Mina e Muzdalifa, i pellegrini raccolgono 7 sassolini per lanciarli il giorno 10 dhu l-hijja contro tre steli (
jamarat) che rappresentano il diavolo e ricordano l'episodio in cui il diavolo (Shayṭān, Iblīs) incitò per tre volte Abramo a disobbedire al suo Signore e per tre volte Ibrâhîm lo scacciò lanciandogli delle pietre. La battaglia con il diavolo segna l'inizio di una celebrazione che dura tre giorni e che si chiama “festa del sacrificio” ( Aid al – Adha ) dove i pellegrini e i musulmani di tutto il mondo immolano un animale per poi distribuirne la carne ai poveri e consumandone una parte. Ora i pellegrini si rasano, fanno il bagno e si cambiano d'abito ritornando alla Mecca per l'ultimo commiato. Tutti ora hanno acquisito un titolo onorifico: Hajji per gli uomini e Hajja per le donne .


venerdì 30 ottobre 2009

La musica gnawa


Gli Gnawa (con grafia francese, Gnaoua) costituiscono un gruppo etnico presente in Marocco e in altre zone del Nordafrica. Sono discendenti di quegli africani che furono portati, secoli fa, come schiavi dai paesi dell’Africa occidentale attraverso il deserto del Sahara. La musica gnawa è una delle musiche più primitive del continente africano, è molto ipnotica e capace di indurre uno stato di trance, grazie a suoni bassi e ritmati del "goumbri", una chitarra a tre corde, del qraqb (strumento a percussioni simile alle nacchere) e del battito delle mani che creano impetuose onde ritmiche. Musica e danza vengono impiegate per evocare forze spirituali capaci di estirpare il male, curare malattie della psiche o guarire punture di scorpioni. Con il tempo, la musica gnawa ha cominciato a destare interesse anche al di fuori della società tradizionale ed è salita alla ribalta internazionale. Suonatori gnawa si esibiscono ora anche in collaborazione con musicisti di origine non nordafricana, come Bill Laswell, Adam Rudolph e Randy Weston. Alcuni tradizionalisti sono scettici riguardo a questa mescolanza di un genere sacro con musiche dagli scopi più marcatamente commerciali. Un’occasione unica per ascoltare la suggestive sonorità della musica Gnawa è il “Gnawa world music festival” che si svolge ogni anno, la terza settimana di giugno ad Essaouira ed è uno dei festival più attesi in Marocco.



sabato 3 ottobre 2009

Venditori d'acqua a Marrakech


Una delle figure tipiche del folklore marocchino è il venditore d'acqua. Indossa il caratteristico costume con il grande cappello di paglia ornato di fiocchi multicolori. Porta a tracolla l'otre di pelle di capra, le ciotole di ottone e una campanella per annunciarsi alla gente. In cambio di qualche dirham , il garrab disseta i passanti.

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sabato 12 settembre 2009

Ftour o iftar : rottura del digiuno


La cucina in Marocco è un'attività ancestrale che rimane a tutt'oggi appannaggio esclusivo delle donne. L'abilità culinaria si trasmette di madre in figlia, racchiusa in una serie di gesti consumati e sapienti dosaggi affidati più all'occhio e al tocco che alla bilancia.
Paradossalmente non si cucina mai così tanto come in tempo di Ramadan. Al tramonto del sole, lo “ftour “o "iftar" annunciato in tutte le città dalle sirene, segna la fine del digiuno. Il pasto inizia solitamente con un dattero perchè era così che il profeta Maometto rompeva il digiuno. Al centro tavola troneggia la “harira” fumante, zuppa marocchina a base di pomodori, lenticchie, ceci, riso e carne, piccante e all’aroma di limone. A seguire, tè, dolci, frittelle, uova, datteri...una mescolanza di sapori dolci e salati Gli chebbakia, nastri intrecciati di pasta fritta, aromatizzati al miele e spolverati di semi di sesamo, sono i dolci per eccellenza del Ramadan. Lo “ftour” viene offerto a tutti, chi si trova fuori a quell’ora, può affacciarsi alla porta di una casa qualsiasi e riceverne. Spesso, verrà invitato a sedersi e a mangiare.


sabato 22 agosto 2009

Ramadan karim


Il mese di Ramadan è il mese dello sforzo per arricchire la spiritualità, per aumentare la fede, per approfondire la scienza religiosa , per aumentare il timore di Dio, per migliorare la condotta morale e per dare maggiore forza alla pratica dell'Islam e alla diffusione della parola d'Allah. Il Ramadan è il mese del colloquio con se stesso, il mese dei bilanci e dei programmi futuri, è il mese del rafforzamento del proposito di camminare nella retta via, nella luce del Sublime Corano e dell'Insegnamento del Profeta Muhammad . Quando due musulmani si incontrano nel mese di Ramadan, dopo l'augurio di pace (as-salàmu 'alàikum) e la riposta (ua 'alàikumu-s-salàm ua ràhmatullàh) si scambiano l'augurio di Ramadan dicendo: Ramadan karìm! (Generoso Ramadan) e rispondendo: Allahu àkram! ( Allah è più generoso assai!)

Buon Ramadan a tutti
!

venerdì 17 luglio 2009

Cartoline dallo Yemen



Sana'a Un’antica leggenda narra che Sana’a venne fondata da Sem, figlio maggiore di Noè, e capostipite della razza semita. Un’altra leggenda vuole che durante i regni di Saba e di Himyar, Sana'a ospitasse il Ghumdan, meraviglioso palazzo di venti piani con cupola di alabastro trasparente e leoni di bronzo a guardia di ogni angolo. Alla fine del II secolo d.C, il re di Saba, Sha'r Awtar avrebbe costruito intorno al palazzo un muro, nucleo originario di una cinta di cui si è conservata oggi solo la porta detta Bab al-Yemen, da cui avrebbero avuto origine la città e il suo nome, che letteralmente significa "città fortificata”. Le case a più piani (fino a 7-8) che abbelliscono tuttora la capitale sono realizzate con mattoni di argilla cotta al sole ed arricchite da piccole finestre d’alabastro, da facciate di creta bianca e da balconcini intagliati da sembrare merletti.
Wadi Dhahr A pochi chilometri da Sana'a, vi è una valle chiamata Wadhi Dar. Qui sorge il palazzo Dar al-Hajar che significa "palazzo sulla roccia": è un sorprendente edificio in cima ad una formazione rocciosa sporgente, costruito attorno agli anni '30 sulle rovine di altri edifici già presenti da secoli sulla collina. Il bellissimo palazzo di 5 piani, decorato con elaborate finestre takhrin, è stato realizzato dall'imam Yahya come sua residenza estiva.
Shibam. Definita la” Manhattan del deserto” o “la città del cielo”, Shibam forma un insieme ammucchiato di quasi 500 grattacieli, raggruppati in una zona di soltanto mezzo km quadrato. I suoi palazzi alti fino a 9 piani sono costruiti con mattoni di fango, paglia e sabbia.
Hababah. La grande vasca circondata da un semicerchio di case tradizionali, è la struttura più interessante del paese. Si tratta di una straordinaria cisterna per la raccolta dell'acqua piovana. Le alghe che ricoprono il fondo della vasca conferiscono all'acqua un sorprendente colore verde smeraldo.
Zabid. Durante l'epoca del suo massimo splendore Zabid aveva ben 236 moschee, ma nel corso dei secoli molte sono andate distrutte. Oggi la città è in decadimento ed i suoi pochi abitanti sono poverissimi. Alcune case di Zabid presentano ancora interni riccamente decorati che contrastano con le semplici strutture esterne. Nel passato era usanza celare ai passanti le ricchezze del proprietario dell'edificio. Più la casa era grande e sontuoso il suo interno, più modesta era la facciata che dava sulla via.

Al-Hajjara.  Le case di pietra a 4 o 5 piani di al-Hajjara sono costruite vicinissime fra loro e strapiombano nella valle circostante. Il villaggio serviva come importante fortificazione nel periodo delle invasioni turche nello Yemen. Qui si trova un caratteristico funduq yemenita molto frequentato dai turisti. I cibi vengono consumati seduti per terra su dei cuscini, in una grande sala a cui si accede senza scarpe. Dopo il pasto è usanza che il padrone del funduq, con i suoi famigliari, intrattenga gli ospiti con musiche e danze tradizionali yemenite.

mercoledì 24 giugno 2009

L'henné


La decorazione con l'henné ( o henna) ha origini antichissime risalenti ai tempi dei Faraoni. I reperti egizi di mummie e le incisioni pittoriche rinvenute su bassorilievi e monumenti dell'epoca suggeriscono che la pratica di dipingere capelli, barbe e parti del corpo con l’ henné era, nell'antico Egitto, pratica piuttosto comune, mentre nell'Asia centro-continentale (Persia, Pakistan, India) erano soprattutto religiosi, musici e danzatori ad usare queste decorazioni.
La pittura corporale è assai diffusa in tutti i paesi di cultura islamica. I disegni tradizionali indiani e pakistani tendono ad essere molto intricati, dettagliati e astratti, mentre i quelli medio orientali sono solitamente floreali, meno complessi di quelli indiani e talvolta con forme geometriche e simboli astratti.
Gli usi decorativi dell'henné variano da cultura a cultura. Segno di appartenenza tribale, sociale o religiosa, in alcuni paesi è utilizzata per celebrare le circoncisioni, le nascite, le festività (ad esempio, la fine del Ramadan) come simbolo di buon augurio. In altri diventa simbolo del passaggio dall’età infantile a quella fertile e adulta oppure di rito prematrimoniale che "segna" e le ragazze da marito.
In Medio Oriente, infatti è tradizione dedicare la sera precedente le nozze al rito dell'henné durante il quale la sposa, le sue sorelle, le amiche e sua madre decorano le mani e le braccia con disegni molto ornamentali e di buon auspicio, utilizzando poi una parte dell' "henna al-arus" (l'henna matrimoniale) per fare impacchi sui capelli che, ramati e lucidissimi, saranno "sfoggiati" il giorno delle nozze. L'henné, in questo caso, viene preparata dalla madre della sposa e dalle anziane della famiglia.
In Marocco la tecnica di pittura sulla pelle si chiama Harqus.
L' henné viene estratto da una particolare pianta, la Lawsonia Alba, sempreverde, che da arbusto può raggiungere l'altezza di sei metri e che cresce spontanea in Medio Oriente, Africa del Nord e Asia centrale.
La polvere di henna, stemperata in acqua e diluita con succo di limone, assume la consistenza di una pasta morbida, liscia e molto profumata, che deve essere fatta riposare per un po' di tempo prima di essere utilizzata. Si stende con l'aiuto di un sottile attrezzo sulle parti da decorare e si lascia asciugare per un tempo variabile (a seconda dell'intensità di colore che si intende dare al disegno), comunque mai superiore ad un'ora. I capelli, invece, protetti da una cuffietta impermeabile possono "sopportare" l'impacco di henné anche tutta la notte. Se alla pasta di henné si aggiungerà un po' di miele, l'impacco, seccando, non indurirà, restando morbido ed umido. Quando sarà trascorso il tempo di posa, basterà risciacquare accuratamente pelle o capelli con acqua tiepida, utilizzando sapone e shampoo neutro per detergere a fondo: la colorazione durerà per qualche settimana, a seconda dell'intensità del colore e del tempo di posa.