Un sondaggio realizzato dalla Thomson Reuters Foundation e rivolto a 336 esperti nel settore, ha messo in evidenza la condizione della donna nei paesi arabi. Le domande del sondaggio basate sulla Cedaw, Committee on the Elimination of Discrimination, hanno permesso di valutare la condizione femminile in base ad una serie di parametri quali il diritto alla maternità, il trattamento all’interno della famiglia, l’integrazione nella società, la possibilità di inserirsi nell’economia e nella politica del proprio paese e la presenza di comportamenti violenti diffusi. In base a tutto questo è stata stilata una classifica che vede al :
22° posto: Egitto
L’Egitto si è piazzato ultimo in tutte le categorie: molestie sessuali subite dal 99% delle donne e delle bambine. Estrema diffusione di matrimoni forzati, soprattutto nei villaggi dove la donna diventa merce di scambio e viene letteralmente venduta e data in sposa al migliore offerente. Altra questione che fa precipitare l’Egitto in coda alla classifica è la pratica delle mutilazioni genitali che continuano ad essere la prassi per il 91% delle bambine, secondo i dati raccolti dall’Unicef.
21° posto: Iraq
In Iraq la condizione delle donne risulta peggiorata dal 2003, anno di inizio dell’intervento americano. Sempre più sono le donne che vivono in condizioni di vulnerabilità, e che rischiano di subire abusi sessuali o di diventare oggetto di tratta. Soprattutto nei villaggi, la libertà personale è ancora fortemente limitata: il 72,4% delle donne è costretta a chiedere il permesso al marito anche per ricevere cure e assistenza sanitaria.
20° posto: Arabia Saudita
Al ventesimo posto la condizione femminile dell’Arabia Saudita, da dove un mese fa si è levata ancora una volta la protesta di alcune donne contro il divieto di guida, supportata anche da artisti come Hisham Fageeh, che ha realizzato un video rivisitando il testo di “No woman no cry” di Bob Marley.
Le donne sono sottoposte a un regime di tutela da parte del parente uomo più prossimo (marito, padre o fratello) e non possono disporre liberamente neppure dei propri documenti di identità. Serve il permesso del “garante” per viaggiare, sposarsi, frequentare le scuole e ricevere assistenza sanitaria. Nel 2015 le donne dovrebbero andare a votare per la prima volta. Nei casi di stupro la vittima rischia di essere accusata di adulterio e deve comunque produrre quattro testimoni uomini per poter denunciare la violenza.
19° posto: Siria
Con la guerra civile le donne sono diventate vittime del conflitto e non di rado si sono registrati casi in cui le violenze sono state impiegate deliberatamente per scoraggiare le proteste e fiaccare la resistenza. Se l’età minima per il matrimonio è 17 anni, nei campi profughi sono stati riscontrati casi di nozze anche con bambine di 12 anni.
18° posto: Yemen
Uno dei traffici più redditizi nel paese è quello dei matrimoni con minorenni, spesso con turisti stranieri. Non esiste un’età minima per le nozze e si stima che almeno un quarto delle adolescenti si sposi prima dei quindici anni. Sul fronte dell’istruzione, solo il 53% delle ragazze completa le scuole primarie, contro il 73% dei ragazzi.
17° posto: Sudan
L’età minima per il matrimonio è di soli dieci anni. Nel codice penale esiste ancora un articolo, il 152, che ammette l’arresto e la flagellazione per il modo di vestire. Sul fronte della partecipazione politica però il Sudan ha fatto notevoli progressi dal 2008, il 25% dei seggi dell’Assemblea Nazionale sono stati riservati alle donne.
16° posto: Libano
Il codice penale, nell’articolo 522, consente agli stupratori di evitare il processo se si impegnano a sposare la vittima. Le donne non possono trasferire la cittadinanza ai propri figli se avuti da partner straniero. L’aborto resta ancora oggi un reato punibile con 7 anni di carcere. Anche se il paese ha sottoscritto la Cedaw, non ha mai dato parere positivo rispetto agli articoli su cittadinanza e uguaglianza fra uomo e donna nel matrimonio e nella vita familiare.
14° posto: Somalia
In Somalia il ruolo politico delle donne è riconosciuto in Parlamento. Il 39% delle somale ha un impiego, fatta eccezione per le aree controllate dal gruppo islamista al Shabaab, dove vige il divieto di avere un impiego fuori dalle mura domestiche. La violenza contro le donne è ancora molto diffusa.
Fine prima parte
2 commenti:
Complimenti per il tuo blog, mi piace tantissimo, passi dalle tradizioni alla cultura, dal cinema alla musica, bellissimo. Ti ho inserito nel mio (il taccuino delle voci) tra quelli che seguo così non perdo i prossimi post. A presto. Ciao. Innassia
Ciao Innassia,
1000 grazie per i complimenti al mio blog... il mondo arabo è una passione che ho da diversi anni e che mi piace condividere con chi è interessato come me...
Contraccambierò presto la tua visita.
Ciao
Najim
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