sabato 26 dicembre 2015

I venti sahariani

Khamsin egiziano
Senza il vento, probabilmente la vita nel deserto sarebbe impossibile, infatti a volte può abbassare la temperatura recando sollievo a uomini e piante, e trasporta semi e pollini generando nuove vite.
Il simùn, l' harmattan, il khamsin e il ghibli sono i venti del Sahara più conosciuti.
Il nome khamsin deriva dall’arabo “khamsun” o “hamsin“, e significa cinquanta, che è il numero di giorni consecutivi in cui il vento, secondo la tradizione, spirerebbe con una certa costanza. Compare tra il tardo inverno e l'inizio estate (da aprile a giugno la frequenza più alta) e porta caldo e sabbia in tutta la zona orientale del Nordafrica, specialmente in Egitto e sulla penisola araba. Può diventare piuttosto burrascoso ed impetuoso, con raffiche di oltre i 70-80 km/h, sollevando dai deserti egiziani un ingente quantitativo di polvere e pulviscolo desertico che determinano intensi “haboob” (tempeste di sabbia) in grado di oscurare anche la luce del sole e di offuscare anche i cieli della Turchia meridionale, della Siria, del Libano, di Israele e dei territori palestinesi. E’ un vento caldo che fa alzare la colonnina di mercurio di 10° /12°gradi.
Il simun soffia in Algeria e, dato che proviene dal deserto, presenta alta temperatura ed estrema secchezza. Similmente allo scirocco, è causato da alte pressioni desertiche e basse pressioni esistenti sul Mediterraneo. Se supera il mare diventa umido.  E’ un vento forte, secco e polveroso che soffia nel Sahara, in Algeria, in Palestina, in Giordania, in Siria e nel deserto arabo . La sua temperatura è molto elevata (generalmente al di sopra di 40 °C, ma può superare anche i 54 °C) e la sua umidità può scendere sotto il 10%. Il vento si muove in cicloni di forma circolare sollevando nuvole di polvere e sabbia e modificando la forma delle dune; per questo motivo il simun produce su uomini e animali un senso di soffocamento. Questa particolarità gli è valsa l'appellativo di "vento velenoso", che è appunto il significato della parola simun. L'elevata temperatura di questo vento lo rende estremamente pericoloso, in quanto può facilmente provocare colpi di calore. Generalmente il Simun soffia da metà giugno a metà agosto, anche se il mese di picco è solitamente luglio. Il Simun venne descritto da Erodoto come un vento rosso che soffia nel Sahara, e che uccide e seppellisce ogni cosa che incontra. 
harmattan
L’ harmattan è un vento secco e polveroso che soffia dal Sahara al Golfo di Guinea, tra novembre e marzo (invernale). È considerato un disastro naturale. Passando sul deserto, raccoglie fini particelle di polvere. Quando soffia forte, può spingere polvere e sabbia addirittura fino in Sud America. In alcuni paesi dell'Africa Occidentale, il grande quantitativo di polveri nell'aria può limitare severamente la visibilità e oscurare il sole per diversi giorni, risultando paragonabile alla nebbia fitta. L'effetto delle polveri e delle sabbie rimescolate da questi venti è noto come harmattan haze, e costa ogni anno milioni alle linee aeree in voli annullati e dirottati. Nel Niger, la gente attribuisce all'harmattan la capacità di rendere uomini e animali sempre più irritabili, ma oltre a questa brutta reputazione, l'harmattan può talvolta risultare fresco, portando sollievo dal calore opprimente. A motivo di ciò, si è guadagnato il soprannome di I”l Dottore”.
Il ghibli è un vento caldo e secco che soffia dall'entroterra verso le coste della Libia prevalentemente in primavera e inizio estate. Tale vento provenendo dal deserto, trasporta polvere e sabbia. Localmente il termine ghibli assume numerosi varianti, quali gebli, gibleh, gibli, kibli. Questo vento può soffiare per giorni e rendere la vita difficile ed è quindi temuto dagli abitanti del deserto del Nord Africa.  Il ghibli può avere profondi effetti sul paesaggio spostando grandi quantità di sabbia.

sabato 10 ottobre 2015

Il matrimonio in Turchia



Anche se la maggior parte della popolazione della Turchia è musulmana, il paese ha una lunga tradizione di laicità che si ritrova in molte pratiche differenti tra cui il matrimonio. Ad esempio nel modo di vestire. Sia gli uomini turchi che le donne turche hanno adottato stili occidentali durante la cerimonia nuziale. Per gli uomini, questo include smoking e abiti eleganti, mentre per le donne abiti da sposa bianchi. Inoltre i matrimoni turchi sono presieduti da autorità civili, piuttosto che imam o altre autorità religiose. Spesso, i passaggi tradizionali del Corano non vengono letti durante la cerimonia e per questo motivo i matrimoni islamici in Turchia sono molto più brevi degli stessi matrimoni officiati altrove. Se in molti paesi musulmani, avere più di una moglie è un evento comune, in questo paese la pratica è praticamente estinta e le donne musulmane sono autorizzate a dare il consenso alle condizioni negoziate nel contratto di matrimonio. Nonostante la forte vocazione verso la laicità, in Turchia vi sono ancora diverse pratiche islamiche tradizionali presenti nella cerimonia di nozze, sia prima del matrimonio che durante le celebrazioni. I matrimoni tra musulmani e quelli che non aderiscono alla fede sono scoraggiati.  Un uomo musulmano può prendere una donna ebrea o cristiana come sua moglie, e lei non è tenuta a convertirsi all'Islam, ma  alle donne musulmane non è permesso sposare un uomo di altra fede. Le nozze sono consentite solo se il futuro sposo si converte all'Islam. Questo perché la religione musulmana è tramandata attraverso la linea maschile. I matrimoni combinati avvengono ancora, anche se la dote non è così importante in Turchia, come in altre nazioni musulmane. Come  in molti paesi musulmani, vi è una grande disparità quando si tratta di pratiche religiose e cerimonie tra le persone che vivono in città e coloro che vivono nelle aree meno sviluppate. Come regola generale, i matrimoni rurali sono più tradizionali. Ad esempio i ricevimenti si svolgeranno, nel primo caso presso hotel o ristoranti, mentre nel secondo caso avranno luogo presso la casa della famiglia dello sposo. Durante questi ricevimenti, anche se la segregazione dei sessi si verifica, non è così estrema come in alcune nazioni molto musulmane tradizionali. Si canta e si balla nella stessa stanza, ma ci si separa per le danze popolari tradizionali.

sabato 12 settembre 2015

La famiglia islamica


I principi generali della Shari’a (Legge Sacra non elaborata dagli uomini, ma posta da Dio) regolano la vita delle famiglie musulmane di tutto il mondo in materie come il matrimonio,il divorzio, il mantenimento, l’affido dei figli, la paternità e la maternità. Ma ciò non significa che queste materie siano regolate in tutto il mondo islamico allo stesso modo, rilevanti differenze derivano da molti fattori, come le disuguaglianze teologiche tra le varie comunità islamiche, le disparate usanze locali e le diverse politiche nazionali. E’ dunque piuttosto difficile fare un discorso generale sulla famiglia islamica. In Medio Oriente, ad esempio, la famiglia rimane l’elemento fondamentale dell’organizzazione economica e sociale. La famiglia di nascita di ciascun musulmano sarà per tutta la sua vita il più importante raggruppamento sociale di cui egli farà parte e gli darà formazione, nutrimento , casa, protezione e onore. Frequentissimi sono i matrimoni tra cugini, all’interno di una stessa famiglia. Un elemento fondamentale della vita familiare è l’educazione dei giovani, a cui vengono inculcati fin dai primi anni di vita il rispetto per gli anziani, l’obbedienza e la deferenza dovute al capofamiglia e ai membri più anziani del gruppo. A loro volta i membri anziani considerano una loro responsabilità la cura e il sostegno dei membri più giovani. Da parte delle donne della famiglia ci si aspetta che siano deferenti e rispettose nei confronti non solo del padre, ma anche dei fratelli, degli zii, dei cugini e così via, che a loro volta hanno il dovere di proteggerle e rispettarle. L’identità femminile è vista in relazione alla famiglia di appartenenza: le donne, fin dal primo nome, sono identificate anzitutto come mogli e madri di questo o quell’uomo. Le donne non sposate e senza figli sono un’eccezione, e sono considerate una disgrazia per la propria famiglia. Ciò vale in un certo senso anche per gli uomini in quanto l’Islam incoraggia fortemente il matrimonio. Il Corano accetta la poligamia anche se limita a quattro il numero delle mogli che ciascun uomo può avere simultaneamente, a patto che possa fare ciò “senza arrecare ingiustizia a nessuna di loro”. Nel diritto islamico, questa “ingiustizia”  è vista principalmente come un fatto privato tra marito e moglie, ma in caso di abusi evidenti la donna ha il diritto di intentare una causa di divorzio contro il marito di fonte ad una corte islamica. Molto più facile la procedura di divorzio se a volerla è il marito, cui basta dire per tre volte “io ti ripudio”, indipendentemente dal consenso della moglie. L’adulterio è punito con pene molto dure: cento frustate se l’adultero o l’adultera non sono sposati, addirittura lapidazione se invece si tratta di persone sposate. La pena di chi accusa falsamente qualcun altro di adulterio è di ottanta frustate.

mercoledì 5 agosto 2015

Musica e danze tradizionali negli Emirati Arabi


   
La musica e la danza sono arti ben radicate nella tradizione culturale araba e anticamente erano forme di intrattenimento per i manovali e i pescatori di perle. 
Si narra che una figura professionale di mastro cantore, il nahaán, fosse assegnata a bordo dei daw per intrattenere i tuffatori impegnati nella pesca delle perle, il quale dava il via al canto e l’equipaggio vi si univa mentre lavorava. Strumenti musicali tradizionali come il dumbek, fatto di ceramica e pelle di capra, fungevano da percussioni che accompagnavano quasi tutte le danze, mentre l’oud era uno strumento a corda molto utilizzato negli accompagnamenti musicali.
Ad Abu Dhabi la musica e la danza, così come in molte altre culture del mondo, erano la tradizionale espressione di gioia e celebrazione durante occasioni come i matrimoni, i festeggiamenti in onore di vittorie e raccolti proficui di perle
L’ayallah è una tradizionale forma di danza che simula scene popolari di battaglia che viene eseguita ancora oggi dai giovani del luogo, soprattutto in occasioni speciali come i matrimoni o particolari anniversari e addirittura durante certi convegni; i partecipanti alla danza si dispongono in 2, 3 o 4 file brandendo dei bastoni a mo’ di spade e, in file alterne, si muovono avanti e indietro a simboleggiare la vittoria e la sconfitta. Harbiyah è un’altra danza tradizionale che raffigura la vittoria e celebra l’orgoglio del potere e del coraggio e viene talvolta eseguita da giovani del luogo per dare inizio a dei festeggiamenti o inaugurare un convegno.


mercoledì 15 luglio 2015

Eid ul-Fitr in Pakistan


L'ultima notte di Ramadan, quando si avvista la luna nuova 'Chaand Raat' (Notte della Luna) inizia il trambusto di Eid ul-Fitr chiamato anche Choti Eid (Small Eid) o meethi Eid (Sweet Eid), in quanto più breve di Eid al-Adha. Decorati con luci multicolori, i negozi sono aperti tutta la notte per permettere alle persone di comprare vestiti e scarpe nuovi per l’Eid. L'atmosfera è molto eccitata e le ragazze scelgono braccialetti di vetro da abbinare ai loro abiti. In questa notte le donne e le ragazze usano decorare le mani con intricati disegni all’henné (mehndi) prima di andare a letto. Gli abiti della famiglia vengono stirati e disposti in ordine pronti per essere indossati la mattina. Uomini e donne, vestono il tradizionale shalwar kameez, bianco per gli uomini, mentre le donne e le ragazze preferiscono colori vivaci. I vestiti sono una parte essenziale della celebrazione, e le bambine possono indossare un lengha colorato (top tunica con ampia gonna, o pantaloni a gamba larga).
Quando arriva il mattino, tutti si svegliano presto e, prima di andare a pregare, la famiglia si siede per una colazione tradizionale pakistana che comprende un piatto di sevian (vermicelli dolci cotti nel latte con noci e cardamomo). I bambini piccoli attraversano il quartiere portando ciotole di sevian per i loro vicini di casa, salutando tutti con "Eid Mubarak!”.
Le preghiere si tengono spesso all'aperto, sotto tende bianche disposte in modo da accogliere tutta la folla. Dopo le preghiere si fa visita a parenti e vicini gustando un altro piatto di sevian. I giovani si riuniscono attorno agli anziani felici di ricevere il loro "Eidi" (un dono tradizionale di denaro). L’ Eidi è data anche dai fratelli alle loro sorelle più giovani di qualsiasi età. I bambini possono accumulare una quantità impressionante di Eidi! Famiglie allargate si riuniscono per il pranzo che è una festa enorme. I piatti preferiti variano da famiglia a famiglia, ma potrebbero includere biryani (riso speziato con carne), pollo bhuna, spiedini di agnello, rasmalai (piatto latteo dolce), mithai (dolci) e kheer (dolce di riso). Il giorno dopo l'Eid si riaprono scuole, università e luoghi di lavoro ma i Pakistani prolungano la celebrazione mangiando il cibo delizioso della festa con amici e colleghi.

martedì 16 giugno 2015

Ramadan nel mondo : Pakistan

Ramadan in Pakistan Awaiting Iftar at Mosque

Suscita sempre una grande emozione scorgere la luna che segna l’inizio del mese di Ramadan. Le strade si affollano e c'è trambusto fino a notte fonda. La gente provvede a fare scorta degli elementi essenziali per il mese di digiuno e gli uomini si dirigono verso la moschea per le preghiere Taraweeh, mentre le donne, indaffarate, preparano il sehri,  pasto che si consuma prima dell’alba.
Per essere certi che tutti siano svegli per il sehri, un uomo gira, prima dell’alba,  per i diversi quartieri della città, picchiando forte su un tamburo o, sbattendo su una lattina vuota. L’importante è che il rumore sia abbastanza forte da svegliare anche i più dormiglioni. Le moschee uniscono gli sforzi per garantire la radiodiffusione di canzoni islamiche, nasheeds, in tutta la città,e il conto alla rovescia dei minuti che segnano la fine del sehri. La maggior parte dei pakistani preferisce mangiare cibi sostanziosi per la prima colazione, come la paratha (burrosa focaccia), servita con un piatto al curry di loro scelta o i  Jalebis, dolci fatti di pastella fritta in forma di pretzel o a forma circolare, che vengono poi inzuppati nello sciroppo di zucchero. Qualunque sia la scelta per la colazione, si termina sempre con una tazza di tè.
Ramadan è anche il mese delle buone azioni. In questo periodo ci si ricorda delle persone che vivono in povertà e che non sanno mai se avranno abbastanza cibo per il pasto successivo. Questo è il motivo per cui è chiamato anche “mese della carità”.
Negozi di alimentari e ristoranti generalmente sono aperti durante il periodo sehri per poi chiudere in giornata e riaprire intorno al tramonto quando è l’ora del iftari, pasto per rompere il digiuno.
Il normale orario di lavoro viene cambiato in modo che la gente possa andare a lavorare prima del solito per tornare in tempo per iftari. Gli scolari amano questo mese perché le lezioni terminano alle 12.30 ed hanno quindi libero  il resto della giornata.
I preparativi per iftari pasto della sera cominciano già a metà giornata. In ogni casa non mancano le pakora (frittelle di verdure fritte) che servono per romper il digiuno - infatti iftari sarebbe incompleta senza di loro! La gente inoltre ama gustare frutta chaat (macedonia speziata di frutta), Dhai bhaley (gnocchetti piccanti in yogurt), e samosa.
Dopo il pasto iftari gli uomini vanno in moschea per le preghiere Taraweeh, mentre le donne si possono riunire in qualche casa per pregare insieme. Poi tutti tornano ai propri domicili per finire la giornata con un buon  tè.




lunedì 1 giugno 2015

La circoncisione islamica


Adottata dai musulmani dopo l'avvento dell'Islam, la circoncisione è un rito circondato da un ricco cerimoniale degno del simbolismo dell'atto .
Oltre alle sue virtù di salute e igiene, ora clinicamente dimostrate, la circoncisione sancisce il passaggio solenne del ragazzo dalla tappa dell'infanzia a quella dell’uomo, è l'atto che attesta che il giovane è pronto per la vita adulta, dimostra la capacità del ragazzo di sopportare il dolore e firma la sua appartenenza ad una comunità che lo fa distinguere dai bambini di altre nazioni, non musulmani.
Il periodo consigliato per eseguire l'intervento va comunque dai 7 giorni di vita a prima della pubertà. L'atto "chirurgico" è praticato generalmente dal parrucchiere (hajjam) o barbiere, il  cui successo delle operazioni precedenti attesta la sua abilità chirurgica.
Consigliata prima del periodo di caldo, la circoncisione avviene generalmente in primavera e si svolge nella maggior parte dei casi, la mattina presto, con una conseguente festosa cerimonia in cui sono invitati i membri della famiglia, vicini, parenti e amici che assistono all'operazione e ai quali viene offerta una ricca colazione preparata per l'occasione. Per coprire le grida del bambino, si “affitta” un gruppo di musicisti.
Durante l'atto chirurgico della circoncisione, la madre del bambino, in mezzo alle grida di gioia da parte di familiari e vicini di casa, immerge i piedi in una vasca di acqua ghiacciata con un pezzo di metallo o oro. L'atto simbolico è quello di alleviare la tensione, infatti l'acqua fredda serve per calmare gli spiriti mentre il metallo simboleggia la forza e la resistenza che servono per superare la paura e l’ansia che assillano la madre del circonciso. 
Una volta circonciso, il bambino è attorniato dall’affetto di tutti e da una vasta gamma di giocattoli e caramelle. Per quanto riguarda l’abbigliamento , il giovane indossa di solito un "tchamir" ampio, una "tarbouch" ricamata (tipo fez) e un paio di "cherbil" o "belgha" ( ciabatte). Tutti questi abiti tradizionali, tra cui i "seroual" (pantaloni) sono realizzati in anticipo e devono essere molto ampi per consentire al bambino di muoversi con relativa facilità senza essere ostacolato dalla ristrettezza del tessuto. 
Il rito della circoncisione conduce, inoltre, ad atti di carità e di solidarietà che in genere beneficiano le famiglie più povere. Famiglie benestanti iniziano, infatti, a sostenere, in occasione della circoncisione dei loro figli, i bambini provenienti da ambienti svantaggiati, al fine di ottenere "baraka" e attuare gli ideali di solidarietà e di reciproca assistenza ancorate nella tradizione della società marocchina.

sabato 9 maggio 2015

I sufi


I Sufi sono i mistici dell' Islâm, divisi in più confraternite a seconda delle correnti interpretative della mistica via dell' ascesa a Dio.
Il Sufismo è esistito fin dall'inizio della storia dell’uomo, essendo esso in ogni era e luogo, Dio ha inviato i Profeti per condurre l'umanità alla conoscenza di Lui, e il Sufismo è la Via dei Profeti. Il grande Maestro del 9° secolo, Bayazid Bastami, descrive la storia del Sufismo affermando che, "I suoi semi furono piantati al tempo di Adamo, germogliarono sotto Noè e fiorirono con Abramo. Si fecero uva al tempo di Mosè e maturarono al tempo di Gesù. Al tempo di Mohammad, si sono trasformati in puro vino”.
La parola "Sufi" ha una triplice etimologia:
1) gli "ahl us-Suffa" erano "quelli della veranda", i Compagni del Profeta Maometto, che avevano lasciato tutto pur di vivere quanto più vicino al Profeta. Risiedevano sotto una veranda fuori della casa di Aisha. Quando il Profeta usciva erano i primi ad incontrarlo, quando riceveva un dono lo divideva con loro. Il Profeta mostrò per loro i suoi poteri miracolosi facendo moltiplicare il contenuto di un bicchiere di latte che fu sufficiente per tutti.
Vivevano senza possedere nulla ed in continui digiuni e devozioni.
2) "Suf" vuol dire lana. I Sufi dei primi secoli erano asceti che vivevano nei deserti vestiti di una lunga tunica di lana, loro unica proprietà, insieme al secchiello per l'acqua. Questa tunica era ovviamente logora e rattoppata. Queste toppe, cento come i nomi di Allah menzionati nel Corano, in epoca più tarda divennero colorate, fino a diventare il "costume" tipico del "Dervish" (poverello) del medioevo.
3) "Safa" vuol dire purezza: i Sufi sono i Puri. Per questo se chiedete a uno se é un Sufi, non sentirete mai dire di sì, perché chi lo é, per modestia non lo dice. I Sufi quindi sono parte integrante della Storia delle religioni, nati al tempo del Profeta. 




mercoledì 8 aprile 2015

La Moschea di Hassan II a Casablanca



Opera dell’architetto francese Michel Pinseau, la Moschea di Hassan II è un tempio grandioso che sembra galleggiare sulle onde. Nella realizzazione di questa opera colossale hanno partecipato più di 6000 artigiani marocchini che, venuti da tutto il paese, hanno prestato la loro opera per i lavori di intaglio, dei rilievi in stucco, delle decorazioni zellij, delle tessiture di tappeti, ecc.. Le misure sono di per sé eloquenti: dall’ingresso principale, alleggerito da raffinate decorazioni, si accede ad un complesso architettonico di ben 90.000 metri quadrati. La sala della preghiera può ospitare ventimila fedeli, altri ottantamila possono riunirsi sul piazzale e dal minareto, alto duecentocinquanta metri, un laser visibile da 35 chilometri indica La Mecca. Nella sua costruzione sono state utilizzate notevoli innovazioni tecnologiche; per esempio è stato realizzato un riscaldamento a pavimento che dona ai fedeli scalzi una piacevole sensazione di calore nei periodi invernali ed un immenso tetto scorrevole apribile costituito da 1100 tonnellate di legno di cedro, che nei periodi caldi, durante i grandi assembramenti religiosi, permette un’areazione naturale. All’interno della moschea giochi di luce esaltano gli intarsi e gli ornamenti realizzati dai più qualificati artigiani marocchini. Il marmo bianco di Carrara e i ricchissimi lampadari di Murano ne accentuano la bellezza.
Il tempio, oltre alle grandi sale per la preghiera e per le abluzioni, ospita una biblioteca, un museo e un garage sotterraneo.
La moschea fortemente voluta dal sovrano di cui porta il nome, fu inaugurata il 30 agosto 1993. I lavori iniziati nel 1980, terminarono infatti 13 anni più tardi e furono finanziati da una sottoscrizione nazionale. L’idea di costruire questa moschea venne al re negli anni ’80 pensando di voler costruire un edificio che rappresentasse l’Africa del nord, come la Statua della Libertà rappresenta gli Stati Uniti.

giovedì 12 marzo 2015

Il velo islamico


Il velo islamico o hijab, non può considerasi un simbolo religioso ma un oggetto di manifestazione di appartenenza al credo musulmano. Il velo assume il significato di esprimere, persino nell’abbigliamento, la propria vocazione religiosa. Quando parliamo del velo, hijab, intendiamo quel foulard, di vari colori e grandezze, che copre il capo nascondendo i capelli. L’obbligo di portare il velo è legato ai momenti rituali e all’ingresso nei luoghi sacri. La scelta di estendere questo obbligo a tutti gli altri aspetti dell’esistenza è un fatto personale che riguarda esclusivamente la donna. L’atto simbolico di velarsi, così come per l’uomo quello di portare l’abito tradizionale, rappresenta la volontà di esprimere anche esteriormente la propria vocazione religiosa. L’abbigliamento è quindi un simbolo e ha una precisa corrispondenza con la propria disposizione interiore. Il velo fu introdotto durante il regno di Habibullah, che lo impose alle duecento donne del suo harem, in modo tale da non indurre in tentazione gli uomini quando esse si fossero trovate fuori dalla residenza reale. Divenne così un capo indossato dalle donne dei ceti superiori, ma successivamente, quando le più abbienti smisero di farne uso, si diffuse e divenne un capo ambito nei ceti più poveri. La “velatura” della donna, finalizzata al non indurre in tentazione gli uomini, è prevista dal Corano: "O Profeta, di' alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti di coprirsi dei loro veli, così da essere riconosciute e non essere molestate . Allah è perdonatore, misericordioso" (Sura 33:59). Non si parla esplicitamente della copertura del capo o del viso ma di coprire i propri “ornamenti” cioè le bellezze femminili, le forme del corpo:
"E di’ alle credenti di abbassare i loro sguardi ed essere caste e di non mostrare, dei loro ornamenti, se non quello che appare; di lasciar scendere una copertura (hijab ) fin sul petto e non mostrare i loro ornamenti ad altri che ai loro mariti, ai loro padri, ...... "  “Sura XXIV An Nur (La Luce).
Anche nell'ambito cristiano si parla del velo delle donne. L'apostolo Paolo infatti prescrive:
"Ma ogni donna che prega o profetizza senza avere il capo coperto fa disonore al suo capo, perché è come se fosse rasa. Poiché, quanto all'uomo, egli non deve coprirsi il capo, essendo immagine e gloria di Dio; ma la donna è la gloria dell'uomo; perché l'uomo non viene dalla donna, ma la donna dall'uomo.” (1Corinzi 11:6)
In termini più semplici: la chioma viene considerata un attributo di bellezza femminile e come tale deve essere per modestia coperta anche per non distrarre gli uomini dal raccoglimento religioso. Non viene però prescritto al di fuori della pratica religiosa. Nell'ambito islamico invece si è diffuso generalmente il suo uso anche perché la donna n on doveva mostrarsi in pubblico e quando lo faceva si doveva coprire il più possibile. Abbiamo però una varietà di veli: alcuni coprono semplicemente i capelli, altri che coprono anche il corpo (chador iraniano) e altri ancora coprono completamente tutto il capo (burqa afgano). Il problema è nella interpretazione del significato del velo: per alcuni la prescrizione coranica viene interpretata come un semplice invito alla modestia del vestire delle donne e non propriamente come una tassativa prescrizione religiosa e il velo viene visto semplicemente come una tradizione ormai da superare. Per altri invece il velo è una prescrizione fondamentale.

http://host.uniroma3.it/progetti/cedir/cedir/Relazioni10/Simboli%20Islam.pdf

martedì 10 febbraio 2015

Matrimonio in Pakistan



In Pakistan il matrimonio è considerato l’evento cardine della vita sociale degli individui, soprattutto per le donne: “sistemare” adeguatamente le proprie figlie è il principale assillo per i padri pakistani. L’età media delle spose si aggira sui vent’anni e l’unione è quasi sempre combinata dalle famiglie. La scelta del coniuge viene fatta preferibilmente tra cugini di primo grado poiché si ritiene che la parentela possa cementare il legame offrendo maggior garanzie in caso di eventuali controversie o incompatibilità. E’ importante sottolineare che alcune usanze seguite nei matrimoni pakistani non hanno alcun fondamento nell’Islam ma provengono da tradizioni della cultura indù. Durante la cerimonia di fidanzamento (mangni), che segna l'impegno formale della coppia , si decide la data delle nozze. Da 8 a 15 giorni prima del rito matrimoniale, la sposa entra in stato di isolamento (mayun); non le è più permesso lasciare la sua casa né vedere il futuro marito, ma iniziano per lei i rituali di abbellimento. Sulle mani e sul viso della ragazza si applica ogni giorno, fino al matrimonio, una pasta(uptan) a base di curcuma, polvere di sandalo, erbe e oli aromatici, portata in dono dalla madre dello sposo. Il giorno prima del matrimonio si svolge il rasm e mehndi (henna party) cerimonia tra donne dove si applica il mehndi (henna), si canta, si balla e si fanno riti per allontanare il male (sadka). La sera viene organizzata una cena per gli ospiti, ma alla sposa non è permesso prendere parte alle celebrazioni e deve mantenere il viso nascosto dal velo. La cerimonia  ufficiale di matrimonio inizia con il baraat, processione di familiari, parenti e amici dello sposo che accompagnano lo sposo a casa della sposa. Lo sposo( groom) percorre la strada in sella ad un cavallo riccamente bardato o su una macchina seguito da tutti i parenti e viene accolto dalla famiglia della sposa con ghirlande di fiori e petali di rosa. La cerimonia ufficiale di nozze (neekah) si svolge a casa della sposa e qui la nuova coppia suggella con la propria firma il contratto di matrimonio (neekah-naama). Il neekah-naama contiene tra l’altro le condizioni che devono essere rispettate da entrambe le parti come il diritto della sposa di divorziare dal marito e l'importo monetario che lo sposo dovrà versare alla sposa (meher). Il meher comprende due importi, uno dovuto prima che il matrimonio sia consumato e l'altro in un tempo stabilito; questo garantisce una certa sicurezza per la sposa all'interno del matrimonio. I padri dello sposo e della sposa (walis) agiscono come testimoni di nozze. Se il padre non è disponibile, il maschio più anziano della famiglia prende il suo posto. Il quazi, cioè l’autorità religiosa, legge versi scelti dal Corano e attende il Ijab-e-qubul (proposta e accettazione) di matrimonio. Dopo la formula “qabool Kiya” (accetto e firmo) pronunciata da entrambi gli sposi e le firme dei testimoni, il quazi recita la Fatihah, il primo capitolo del Corano, che segna la fine della cerimonia. Ora la coppia può vedersi allo specchio e la sposa svela il suo volto che ha tenuto nascosto durante il neekah ( Mooh dikhai). Agli invitati viene offerto un magnifico banchetto. Nel frattempo la sposa attende, lontano dai festeggiamenti il momento del ravanghi (la partenza) che rappresenta il momento culminante di tutta la cerimonia nuziale: lo sposo entra nella stanza dove la sposa, che indossa ricchi abiti di colore rosso, sta aspettando e in questo modo, sotto gli occhi di tutte le persone presenti, gli sposi diventano ufficialmente marito e moglie. Verranno quindi scortati in una stanza appositamente addobbata (sag) dove passeranno la loro prima notte di nozze (basarti). Il giorno successivo (valima) i festeggiamenti riprendono a casa dello sposo. Ruksati è la cerimonia per salutare la sposa prima della sua partenza per casa dello sposo. Chauthi è l'usanza di riportare la sposa a casa dei suoi genitori alcuni giorni dopo il matrimonio. Di solito sono i fratelli della sposa che eseguono questa tradizione.



martedì 6 gennaio 2015

Burj al Arab



Il Burj Al Arab, ossia "Torre degli Arabi”, è considerato "l'albergo più lussuoso del mondo". Situato su una isola artificiale nei pressi della spiaggia di Jumeirah a 280 metri dalla costa è collegato alla terra ferma tramite un ponte che permette il passaggio delle auto. Con la sua inusuale forma “a vela” è il successo di una equipe di architetti che aveva il compito di progettare uno dei migliori alberghi del mondo per lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum e con i suoi 321 metri di altezza, attualmente il Burj al Arab è la più alta costruzione al mondo completamente dedicata ad hotel. La sua costruzione che iniziò nel 1994 e finì nel 1999 non fu certo libera da difficoltà progettuali e di realizzazione. Ci sono voluti tre anni solo per bonificare la terra dal mare, ma meno di tre anni per costruire l'edificio stesso che contiene oltre 70.000 metri cubi di calcestruzzo e 9.000 tonnellate di acciaio. La facciata principale del Burj Al-Arab è fatta in materiale tessile rivestito di teflon, inoltre l’ hotel è provvisto di un eliporto  dove nel febbraio del 2005,
a scopo pubblicitario, si è disputato un particolare incontro amichevole tra Andre Agassi e Roger Federer sul campo da tennis allestito per l'occasione sulla piattaforma dell'eliporto, all'altezza di 211 metri sul mare. Tutte le camere sono suite e hanno superfici variabili tra i 170mq e i 780mq producendo una rendita annuale di circa 100 milioni di euro; le stanze vengono a costare da un minimo di 600 euro a notte fino ai 9.000 euro per la royal suite. Oro 22 carati, stoffe preziose, marmi di Carrara e brasiliani, rivestono ogni angolo di questo meraviglioso edificio. La notte, a intervalli di 15 minuti, l’albergo cambia colore attraverso un sofisticatissimo sistema di illuminazione studiato per creare un effetto scenico, ma in modo da non infastidire gli ospiti che soggiornano all’interno. L’albergo è dotato anche di un ristorante al livello del mare circondato da un acquario immenso. Oltre ai vari record il Burj Al-Arab vanta anche quello dell’atrio più alto del mondo, ben 181 metri. Una curiosità: 90 delle 200 suite dell’hotel furono prenotate dalla modella Naomi Campbell per ospitare gli invitati al suo compleanno. Durante la sua costruzione ha totalizzato ben 3 record: il primo è quello dell’edificio con il più grande atrio del mondo, poi quello dell’edificio ricoperto dalla tela più grande al mondo mentre il terzo record è quello dell’unico hotel a poter vantare ben sette stelle.