martedì 24 dicembre 2019

Hagalla: la danza del corteggiamento.


L’Hagalla è una danza beduina di corteggiamento. Viene ballata dalle donne in età da marito nel deserto sahariano a cavallo del confine tra l’Egitto e la Libia. Durante le grandi feste di celebrazione, le ragazze hanno il diritto di scegliere il futuro marito, ballando di fronte ad una fila di ragazzi che battono le mani. Questa danza può essere praticata con un bastone o un fazzoletto e in questo caso la donna porgerà l’altro lato del bastone o l’altra punta del fazzoletto al prescelto, danzandogli attorno. Se lui accetterà il corteggiamento, offrirà alla ragazza un braccialetto. La musica che accompagna il ballo è suonata con strumenti tipici come , il tabla, il duff, il nay e il rababa.
Nel tempo il costume è cambiato: l’abito è colorato, lungo e intorno ai fianchi è attaccata una specie di gonna con due enormi volant, i quali accentuano i passi. I capelli sono coperti da un lungo foulard.
Il nome della danza prende spunto dall’ hagall, un uccello tipico del deserto del Sinai che, durante il suo volo lungo il deserto, fa una divertente camminata sulla sabbia bollente, ecco perché la parola hagalla viene tradotta come “salto, sobbalzo”.

domenica 1 dicembre 2019

La falconeria nei paesi arabi.


Prendono l’aereo, hanno il passaporto, sono vezzeggiati come star e possono valere quanto un cavallo purosangue, o una Ferrari. Sono i falchi da caccia dei Paesi del Golfo, che nei mesi invernali vivono la loro stagione più intensa, fra tornei internazionali e gare di «bellezza» dai premi milionari.La falconeria è uno sport popolare negli Emirati Arabi Uniti, apprezzato dai cittadini ordinari e dai membri più alti della società. Di solito è praticato nel deserto e semi-deserto in tutta la regione e le specie più popolari utilizzate dai cacciatori sono i falchi sacro e pellegrino. Durante l'addestramento si insegna al falco a piombare e attaccare un richiamo di piumato legato ad una corda e controllato dall'allenatore. Quando l'uccello piomba per catturare l'esca, l'allenatore la tira via e questo procedimento ripetuto più volte fa si che l'uccello impari a fare ripetuti tentativi per catturare la preda. Una volta pronto per la pratica dal vivo, si completa l’addestramento usando i piccioni come esche.I falchi sono apprezzati per la caccia per il loro istinto e la loro velocità inoltre si distinguono dagli altri animali predatori, perché possono essere addestrati a consegnare la preda, senza prima ucciderla. Questo è molto importante perché nell'Islam, gli animali usati per il cibo devono essere uccisi con il rito indicato nel Corano, al fine di garantire che la carne sia halal.Sia il processo di addestramento che la caccia richiedono molta pazienza e comprensione dell'uccello da parte del falconiere; questo crea un legame unico e un linguaggio speciale tra falco e falconiere. Gli uccelli, dato che possono volare liberi durante la caccia, devono essere anche addestrati a far sempre ritorno dai loro proprietari e per questo viene data loro una ricompensa di cibo.Alcuni falchi sono catturati in natura, altri sono allevati. I falconieri usano speciali attrezzature fatte a mano, incluso un cappuccio in pelle chiamato al burqa per coprire la testa e gli occhi del falco quando non vola. Il supporto di legno usato come trespolo per l'uccello è costituito da un ampio piano piatto attaccato al bastone che può essere facilmente bloccato nella sabbia. Una protezione dell'avambraccio fatta in pelle è indossata dal falconiere come trespolo per l'uccello tra caccia e voli di addestramento. Oggi, un equipaggiamento essenziale è il faro GPS attaccato alla zampa dell'uccello.La popolarità della falconeria negli Emirati Arabi Uniti è cresciuta talmente tanto nel corso degli anni che il paese ha istituito anche due ospedali specializzati per la cura di questi magnifici uccelli: il Dubai Falcon Hospital e il Abu Dhabi Falcon Hospital . Entrambi si dedicano esclusivamente alle cure di questi animali e sono attrezzati per fornire ai falchi la migliore assistenza sanitaria possibile. Oltre ad avere un accesso immediato alle cure mediche, i falchi sono gli unici animali negli Emirati Arabi che sono legalmente autorizzati a viaggiare all'interno degli aerei - esclusivamente in prima classe, godendo di un livello di lusso che la maggior parte degli umani può solo sognare. Hanno un posto riservato a sedere e un passaporto regolare - un documento che registra data e luogo di nascita, razza, vaccinazioni. Molti falchi sono originari dell’Europa, alcuni addirittura della Siberia, come il girfalco, il più grosso, fino a un metro e 70 centimetri di apertura alare, a fronte del metro e 3 centimetri del più comune falco pellegrino. Il valore di un girfalco può arrivare a 250 mila dollari, il prezzo dei pellegrini va dai 10 ai 25 mila dollari. La stagione della falconeria è da settembre a marzo e il raduno a Messaeed tradizionalmente chiude la stagione. Dopo settimane passate a cacciare, i campioni si prendono un meritato riposo. Prima però tocca loro una passerella finale, un «concorso di bellezza». Con i becchi e gli artigli debitamente lucidati, i falchi vengono giudicati da occhi esperti. Al fortunato proprietario del migliore, tocca un premio di mezzo milione di riyal, circa 150 mila dollari. La pratica della falconeria è stata aggiunta nel 2012 dall'UNESCO nella lista del Patrimonio culturale immateriale dell'umanità. Nello stendardo presidenziale degli Emirati è rappresentato un falco che regge tra gli artigli una pergamena rossa su cui si legge il nome del Paese.

domenica 3 novembre 2019

La madrasa


Madrasa di Samarcanda

Il termine arabo madrasa può essere tradotto semplicemente con “scuola”. In arabo e in molte lingue influenzate dall'arabo, madrasa (madrasa o medrese) rappresenta qualsiasi istituto di apprendimento privato, pubblico, laico e religioso che includa una scuola e un'università per studenti musulmani o non musulmani. Generalmente però gli edifici storici che portano il nome madrasa, sono delle antiche scuole coraniche, dove ci si concentrava sull’insegnamento della lettura del Corano e della religione islamica. Era fondamentale quindi l’apprendimento della lingua araba, della storia e della letteratura sacra dell’islam.
Nella madrasa sono presenti anche gli alloggi per gli studenti, e vi è spesso annessa una moschea. Le madrase di solito includono pochi corsi, normalmente due, l' hifz (dove si memorizza l'intero Corano) e 'Alim (per coloro che vogliono diventare leader musulmani). Un 'Alim insegna l'interpretazione del Corano, la legge islamica, gli insegnamenti del profeta Maometto, la logica e la storia musulmana. Tuttavia, nei paesi delle minoranze musulmane, la madrasa fa riferimento a un sistema di educazione religiosa in cui gli studenti studiano contenuti islamici in arabo, tra cui il Corano, l'Hadith, la storia islamica e la letteratura araba.
Le madrasa hanno una storia lunga e ricca. Dopo la nascita dell'Islam nel settimo secolo, i musulmani che desideravano un'educazione religiosa si unirono a circoli di studio nelle moschee dove gli insegnanti davano istruzioni. Nel corso dei successivi 400 anni, ulteriori centri di apprendimento, fondati e dotati da sovrani, alti funzionari e ricchi membri della comunità, si incontrarono in biblioteche pubbliche e private. Queste erano le prime forme di madrasa .
Entro l'XI secolo , le madrasa erano centri di apprendimento indipendenti ben consolidati con alcune delle caratteristiche che conservano ancora oggi. Avevano edifici permanenti, personale retribuito e studiosi residenti con alloggi e stipendi. Agli studenti veniva dato vitto e alloggio e un'istruzione gratuita. Le madrasa in genere insegnavano calcoli, grammatica, poesia, storia e soprattutto il Corano e la legge sacra. A un livello superiore insegnavano materie letterarie e aritmetiche. Queste scuole si diffusero rapidamente. Durante il Medioevo, mentre meno del 5% degli abitanti dell'Occidente imparava a leggere e scrivere, migliaia di madrasa diffondevano l'alfabetizzazione fino in Russia, Mongolia, pianure cinesi, India e arcipelago malese . Durante il XIX e il XX secolo, missionari cristiani e sovrani coloniali come gli inglesi aprirono scuole basate su un modello educativo occidentale e offrirono corsi di inglese, scienza e tecnologia. Con l'ammodernamento delle economie, i musulmani che hanno continuato a scegliere le madrasas rispetto ad altre scuole hanno scoperto di non avere la formazione necessaria per lavori ben pagati. La loro mobilità socioeconomica ne ha sofferto. Tuttavia, molte madrasa si sono rifiutate di integrare soggetti non religiosi nei loro programmi. Di conseguenza, un doppio sistema di scolarizzazione è diventato la norma: uno centrato sull'Islam, l'altro occidentalizzato.


mercoledì 16 ottobre 2019

Il matrimonio in Algeria



In Algeria, la donna può contrarre matrimonio a 18 anni, l’uomo a 21. Vi sono diritti e doveri reciproci e la donna può disporre dei propri beni economici. Vige il predominio del marito nelle relazioni familiari, vi è sempre per la donna il tutore matrimoniale, rimane la poligamia, ma deve essere accettata dalla moglie precedente e rimane il ripudio che è tolto al potere del marito e deve essere deciso da un Giudice. La donna divorziata perde la custodia dei figli, l'adozione è proibita ed è proibito il matrimonio fra una donna musulmana e un uomo non musulmano. Il lavoro femminile fuori di casa, nei villaggi e classi sociali meno scolarizzate può essere considerato abbandono del tetto coniugale e quindi consente al marito di chiedere anche il ripudio. C'è l'obbligo della moglie che ha la custodia del figlio di educarlo nella religione islamica.
Ma vediamo come si svolge il matrimonio in Algeria.
La particolarità del matrimonio algerino è che si svolge allo stesso tempo per lo sposo e la sposa; l'uomo non viene messo da parte per la maggior parte del tempo come succede nei paesi vicini come Marocco e Tunisia, ma partecipa alla festa tanto quanto la sua fidanzata.
1- La proposta di matrimonio: fidanzamento o khotba.
Affinché il matrimonio sia accettato, ii futuro marito deve chiedere la mano della ragazza ai suoi famigliari. Secondo la tradizione, lo sposo accompagnato dai suoi genitori, deve portare regali come dolci, latte e fiori. Se i genitori della ragazza acconsentono al matrimonio, le due famiglie concordano la quantità della dote e la natura dei vari doni che verranno scambiati. Una volta terminati questi passaggi, i futuri sposi sono fidanzati. In generale, tra la proposta di matrimonio e la celebrazione stessa, trascorre un anno.
2- Preparazioni tradizionali per il matrimonio.
Un matrimonio algerino può differire in base alla regione in cui viene celebrato. In generale, questa è una grande festa che può durare 3-4 giorni o anche una settimana e sono presenti molti riti che si svolgono con un ordine preciso. Ad esempio la preparazione dei pasti che tradizionalmente sono preparati dalle due famiglie unite e dai loro parenti. L'uso di un ristorante non è una pratica conforme alla tradizione.
3- L’hammam.
Il giorno successivo alla preparazione dei pasti è riservato al relax e alle cure. La futura sposa accompagnata dalle donne della sua famiglia e dalle donne anziane, che assicurano il rispetto della tradizione, si recano all’hammam ed eseguono i loro rituali di bellezza. Le cure saranno accompagnate da canti e preghiere religiose.
4- La cerimonia di El Khouara.
La madre della sposa organizza nella propria casa una festa per i suoi amici e parenti. In questa occasione la sposa sfila in diversi abiti tradizionali e la famiglia distribuisce confetti, bevande, pasticcini. Maggiore è il livello sociale della famiglia, più la sposa dovrà indossare abiti diversi durante la sua sfilata.
5- L'henné o "el taâliq”.
Le donne della famiglia dello sposo si prendono cura della decorazione all'henné della sposa, come benvenuto e le regalano una valigia bianca o “jehaz" che può contenere sottovesti, biancheria intima, sapone e profumo. Il contenuto della borsa verrà rivelato solo dopo l’applicazione dell'henné. Anche gli ospiti dovranno offrire regali alla sposa. La futura moglie indossa un abito chiamato "charb ezdaf" o "binouar".  che ha motivi floreali, è lungo fino alle caviglie ed è senza maniche.
6-La celebrazione del matrimonio.
Quando la ragazza è abbigliata e pronta per il matrimonio, viene portata nella sua nuova famiglia ma, secondo la tradizione, i suoi genitori non possono accompagnarla. Sarà accolta dalla suocera con latte e datteri, segni di fertilità e buona comprensione nella coppia. A questo punto lo sposo,completamente vestito di bianco, può andare a prendere sua moglie.
La stessa sera, si tiene una seconda cerimonia di henné per lo sposo a cui verranno offerti regali.
7- L’ultimo giorno del matrimonio.
Viene offerto un pasto in onore dei genitori della sposa, che sono venuti a trovare la loro figlia. Secondo la tradizione, la settimana dopo il suo matrimonio, la sposa non fa lavori domestici e non esce di casa.
Matrimonio civile e religioso.
Il matrimonio religioso o "fatha" è celebrato presso i genitori della sposa da un imam che prima di tutto richiede l'approvazione della sposa affinché si possa celebrare il rito, poi parla delle condizioni del matrimonio e dell'importanza dell’amore. Alla fine, invita la coppia a leggere un capitolo del Corano.
Una volta formalizzata l'unione religiosa, il matrimonio civile può aver luogo ed essere celebrato.

mercoledì 2 ottobre 2019

Il cinema egiziano



In Egitto, il cinema nasce nel 1896. Le prime proiezioni si svolgono nell'Hammam Schneider ad Alessandria, trasformato per l’occasione in cinema, dove viene proiettato un film dei fratelli Lumière. Negli anni successivi si utilizzano, per le proiezioni, luoghi di aggregazione come i caffè e solo nel 1906 si inaugura il primo vero cinema al Cairo.
Inizialmente, gli spettatori egiziani possono guardare unicamente film muti, francesi e  italiani, ma nel 1912-1915 si iniziano a girare le prime scene in Egitto che mostrano principalmente scene di vita quotidiana.
Il primo film egiziano è di media durata prodotto in cooperazione italo-egiziana della durata di circa 35 minuti, che rimane senza successo perché senza un background interessante e interpretato da attori stranieri. Nel 1927 esce nelle sale il primo lungometraggio egiziano,”Leila”, diretto da Wadad Orfi e interpretato dall'attrice Azizza Amir. Ma è solo negli anni '30 , con l'arrivo del sonoro, che si sviluppa il cinema egiziano. “Awlad al-Zawat" , con Yusuf Wahbi e Amina Rizk , esce nel 1932 ed è il primo film parlante. Il successo ottenuto dal cantante Mohamed Abdel Wahab nel suo film “The White Rose” (1932) dà alla luce un nuovo genere, la commedia musicale, che incontrerà tutti i grandi della canzone egiziana: Farid El Atrache, Chadia, Muhammad Abd al-Wahhab, Umm Kulthûm, Layla Murad, Sabah. “Widad” di Ahmad Badrakhan , è il primo film musicale in cui canta Umm Kulthûm. Nel 1935 , Talaat Harb fonda Misr Studios , che consente all'Egitto di avere studi equivalenti ai principali studi di Hollywood. In Egitto, il cinema diventerà il settore industriale più redditizio dopo il tessile. Ma, intossicato da un successo troppo facile, il cinema egiziano uccide il pollo con le uova d'oro: mentre le sue produzioni invadono il mercato arabo, la sua qualità diminuisce. Alcuni critici lo definiscono "cinema loukoum” cioè il cinema all’acqua di rose. Nel 1947 entra in gioco la prima legge di censura, che proibisce sia le riprese nei quartieri popolari che nelle case dei fellah, proibisce anche di filmare donne che indossano il velo e scene di disordine sociale. Il regime derivante dalla rivoluzione del 1952 istituisce un cinema di stato. La nuova istituzione ha il merito di promuovere l'espressione di un certo (neo) realismo sociale. Ciò consente al cinema egiziano di recuperare il ritardo con il romanzo. È allora che la generazione di grandi registi segnerà la settima arte araba. Il primo a farsi conoscere, Salah Abu Sayf, usa gli scenari di Mahfûz e rivela l'attore Omar Sharif in “Morte tra i vivi”. Le sue opere eccezionali - Le Sangsue (1956), Le Coudaud (1957), C'est ça l'amour (1958), N'éteins pas le soleil (1961) - sono tutte segnate da innegabili ricerche tecniche. Allo stesso tempo, Husayn Kamal diventa noto con un film neorealista con immagini superbe: "il fattore" (1968).
Un altro regista, Tawfîq Salâh, dà un nuovo sguardo alla società egizia in “The Revolt” (1966) e nel “Journal of a Campaign Substitute” (1968) basato sul famoso romanzo autobiografico Tawfîq al-Hakïm. Tawfîq Salâh è un regista impegnato, ma con le sue inquietanti dichiarazioni  è costretto ad andare in esilio in Siria .
Dal 1973 il cinema egiziano è in crisi. Le produzioni della Cité du Cinéma, ospitate in un moderno quartiere sulla strada per le Piramidi, diminuiscono. Gli scenari ordinari raramente si discostano dallo stile melodico. La messa in scena usa e abusa della danza del ventre. Il cinema non rappresenta più una delle principali risorse dello stato. Nel 1976 si organizza un festival cinematografico internazionale al Cairo per fermare il declino delle produzioni nazionali. Si spera che i "Golden Nefertiti", la suprema ricompensa di questo evento, diano lo stimolo necessario ai produttori egiziani per trovare, a lungo termine, la strada della qualità.

sabato 14 settembre 2019

Moschea Shah Faysal.



La Moschea Shah Faysal (Shah Faysal Masjid) è la più grande moschea del Pakistan e dell'Asia meridionale; una delle più grandi moschee del mondo.Si trova a nord-ovest della capitale pakistana di Islamabad, di fronte alle colline Margalla e ha una superficie coperta di 54.000 metri quadrati. Può ospitare 10.000 fedeli nella sala di preghiera principale, 24.000 nel portico, 40.000 nel cortile ed altri 200.000 in un terreno adiacente. I quattro minareti, basati su modelli ottomani, sono alti 80 m  e sono i più alti minareti dell'Asia meridionale. La moschea Fayṣal prende il nome dal defunto re Fayṣal bin ʿAbd al-ʿAzīz dell'Arabia Saudita che ha sostenuto e finanziato il progetto. 
Nel 1966, il re Faysal, visitando il territorio che dominava Islamabad ne rimase colpito e propose la costruzione di un'enorme moschea. 
Nel 1969 si tenne un concorso internazionale, in cui architetti provenienti da 17 paesi  presentarono 43 proposte. Dopo quattro giorni, fu selezionato il progetto dell'architetto turco Vedat Dalokay. La costruzione della moschea iniziò nel 1976 e fu terminata nel 1986. Al governo dell'Arabia Saudita costò 130 milioni di riyal sauditi (circa 120 milioni di dollari di oggi). Lo stesso re Faysal fu coinvolto nel finanziamento della moschea e dopo il suo assassinio nel 1975, sia la moschea che la strada che vi conduce sono state intitolate a lui.
Sormontata da tetti spioventi (in netto contrasto con le tradizionali cupole presenti nella maggior parte delle moschee), la moschea somiglia ad una tenda dei beduini arabi e molti musulmani conservatori criticarono il progetto per il suo design e proprio per la mancanza della cupola tradizionale, ma tutte le critiche furono messe a tacere dalle dimensioni della moschea.
Il complesso contiene anche sale per un centro di ricerca islamica , una biblioteca, un museo e un auditorium. La grande sala di preghiera ha le pareti decorate con mosaici e calligrafie del famoso artista pakistano Sadequain. L'illuminazione centrale è realizzata da una sfera di tubi in alluminio anodizzato dorato che trasporta una lampada a incandescenza a ciascuna estremità e un grande anello di downlight. La sfera formata da circa 1000 lampadine ha un diametro di 10 metri, l'anello "satellite" è composto da 40 luci e ha un diametro di circa 40 metri. Tra le singole lampade una tenda di catene ornamentali color oro stabilisce la connessione. Questa illuminazione è stata progettata dal lighting designer tedesco Johannes Dinnebier in collaborazione con l'architetto. I visitatori sono i benvenuti, ma i non musulmani sono invitati a evitare i tempi di preghiera e il venerdì. Lasciare le scarpe al bancone prima di entrare nel cortile e ricordarsi di vestirti in modo consono(le donne dovrebbero portare il velo),sono regole da rispettare.
La moschea Fayṣal è stata descritta nel libro: "Il cacciatore di aquiloni" di Khaled Hosseini.

sabato 27 luglio 2019

Lo sloughi : il levriero arabo.



E’ rapido come una freccia. Alla velocità della luce blocca la sua preda e attende con calma l’arrivo del suo padrone. E’ quest’ultimo che ucciderà il selvatico, perchè è cosi’ che vuole il Profeta. Anche il poeta arabo Abu Nuwas (757-815 d.C.)  rese omaggio allo sloughi dopo essere stato ospite di una tribù di Beduini, dove questi cani godevano di un trattamento di favore. Dieci secoli dopo, il generale di divisione francese Eugéne Dumas, direttore degli Affari dell’Algeria e console di Francia dal 1837 al 1839, a lato dell’emiro Abd-el-Kader, divenne testimone del ruolo tenuto da questi levrieri nella vita dei Beduini. “Nella tenda, lo sloughi dorme vicino al suo padrone sotto una coperta che lo protegge dal freddo. Al collo, indossa collari preziosi e portafortuna“. Nelle tribù, questi animali ricevono i migliori alimenti disponibili e, se necessario, le donne allattano i cuccioli in difficoltà. Alla morte di uno sloughi tutti piangono come se avessero perso uno dei loro famigliari. Un beduino era considerato un uomo ricco, di successo, quando possedeva tre cose: un falco potente, un cavallo nobile e uno sloughi. Gli uomini attraversano il deserto a cavallo, i loro cani sistemati sulla sella e il falco appollaiato sul braccio. Un flebile fischio del cavaliere e il falco si invola alla ricerca dei una preda: gazzella, lepre, volpe del deserto. Dopo che il rapace individua il selvatico e  lo abbatte con i suoi artigli giunge il momento di lasciare il cane. Quest’ultimo si lancia in una corsa irrefrenabile mentre il falco tenta di fermare il selvatico attaccandolo alla testa. Se il falco fallisce, il cane solo prosegue la sua corsa, anche per ore, sino a raggiungere ed abbattere la preda stremata. Con la sua anatomia, forgiata nel deserto, nessun animale di quei luoghi è più rapido e più perseverante di uno sloughi. Mentre i cani, considerati come dei bastardi di strada, non hanno vita facile nei paesi islamici (se un credente ne tocca uno dovrà lavarsi le mani per sette volte ) gli sloughi beneficiano di un aura particolare. Sono considerati degli animali puri e nobili: “Il levriero è un dono di Allah, è la nostra ricchezza, toccandolo ne siamo onorati“, dicono i beduini. La sua reputazione ovviamente è dovuta alle sue doti straordinarie di cacciatore, che permette ai beduini di mangiare carne malgrado le difficoltà di vita presenti nel deserto (oltre i 60° di giorno e 0° la notte). Ma il principale motivo della sua estrema popolarità è riferita alla sua leggenda, che si tramanda da secoli. Si dice infatti  nel Corano che uno sloughi, chiamato Kitmir, veglio’ 309 anni il letto dei sette martiri dormienti (Efeso). Per aver compiuto questo dovere, Maometto accordo’ al levriero di entrare nel Paradiso. “Ecco perchè lo sloughi è considerato come il cane di Maometto“, concordano diversi allevatori marocchini. Ed ecco perché in Africa del nord, lo sloughi resta un cane difficile da acquistare. Tre sloughi vivono a Palazzo con il re Mohammed VI e quando il sovrano dorme, i cani vegliano il suo sonno nell’anticamera e neppure le guardie del corpo possono a quel punto entrare, racconta un allevatore marocchino. Il contatto millenario con gli uomini ha sviluppato in loro il dono di poter leggere nel pensiero degli umani; si ha quasi l’impressione che questi cani sappiano quando qualcuno ha delle cattive intenzioni.

lunedì 1 luglio 2019

Ait Ben Haddou ( Marocco)



La città fortificata, o Ksar, di Ait Benhaddou è uno dei 9 siti del Marocco che l’Unesco ha dichiarato Patrimonio dell’Umanità. Secondo una credenza locale la città fu fondata da un uomo chiamato Ben-Haddou nel 757 d.C., tuttavia nessuna delle costruzioni sembra essere antecedente al 17° secolo, anche se la tecnica costruttiva è molto più antica. Questa bellissima Ksar si trova lungo la strada del commercio che le carovane percorrevano attraverso il deserto del Sahara dal Sudan fino a Marrakech ed è un esempio lampante dell’antica architettura del Marocco meridionale. La Ksar è un concetto abitativo tribale, tradizionale del Marocco pre-sahariano, composto da un gruppo di edifici costruiti nel 1600 con materiali organici, tra cui un ricco fango rosso, e racchiuso all’interno di alte mura dove ancora oggi alcune famiglie vivono. Ait Benhaddou è stata costruita su una collina, in modo da dominare la vallata, lungo le sponde del fiume Ounila, ai piedi delle montagne dell’Atlante, a 30 chilometri da Ouarzazate. Caratteristici del Ksar le torri angolari e i vicoli stretti che si arrampicano tra le abitazioni, le Kasbah di ricchi mercanti. Sulla sommità della collina svetta un grande granaio fortificato chiamato agadir. Questo straordinario complesso comprende anche una moschea, una piazza e il santuario del Santo Sidi Ali. In confronto ad altri ksour della Regione, il Ksar di Ait-Benhaddou ha preservato la sua autenticità architettonica per quanto riguarda la configurazione e i materiali e, nella parte bassa del paese, si possono osservare alcuni elementi decorativi. Situata nella provincia di Ouarzazate, questo luogo unico compare spesso nei film ambientati in Marocco come ad esempio nei film "Il gioiello del Nilo", "Il Gladiatore”, “Alessandro" e “il trono di spade”.


mercoledì 12 giugno 2019

Rhassoul: lo shampoo naturale.




Il rhassoul, rassoul o gahssoul è un argilla (hectorite per l’esattezza) saponifera ricca di minerali, estratta dal massiccio dell’Atlante, in Marocco, ed esattamente nelle regioni di Ksabi. La parola rhassoul deriva dal verbo arabo “rassala” e significa “lavarsi”, infatti le saponine contenute in questa argilla le permettono di avere un’azione detergente che è stata sfruttata fin dall’antichità dalle popolazioni locali, che la utilizzavano come shampoo, come sapone per il corpo e anche per la biancheria. Ancora oggi il  rhassoul è parte integrante della cultura dell’hammam, così come l’utilizzo del sapone nero e del guanto di crine. Per tradizione infatti il rituale dell’hammam prevede un impacco purificante e ristrutturante su tutto il corpo con quest’argilla, di solito mescolata con acqua di fiori d’arancio per profumarla.Per un uso corretto del rhassoul si deve evitare il contatto dell’argilla con elementi metallici, in quanto si possono verificare scambi cationici tra il metallo e l’argilla stessa è quindi opportuno usare ciotole di ceramica (o vetro) e mestolini in legno. Gli shampoo e i saponi a base di tensioattivi modificano chimicamente l’equilibrio della pelle o del cuoio capelluto. Il rhassoul invece, agisce principalmente attraverso un processo fisico rispettando la pellicola lipo-protettrice della pelle e dei capelli, non irritando le ghiandole sebacee. Mischiato con l’acqua, le sue fini particelle si gonfiano per formare una pasta densa, che assorbe le impurità e i grassi, che vengono poi eliminate al momento del risciacquo. E’ indicato per tutti i tipi di capelli e particolarmente consigliato per la dermatite seborroica. E’ indicato anche come maschera per il viso, per schiarire le macchie della pelle e per eliminare impurità e punti neri. Per questo uso si può utilizzare come una vera e propria base, da mescolare con altri ingredienti (miele, polpa di frutti, yougurt, olii ) a seconda del risultato che si vuole ottenere.
Le maschere con l’argilla devono essere tenute sul viso  fino a che l’argilla non inizia a seccare poi si sciacqua con acqua tiepida.Usato come impacco lavante per il corpo, lascia la pelle liscissima!

-La ricetta di una maschera da usare per viso e corpo:
50 ml di ghassoul
10 ml di miele*
10 ml di succo di limone
qualche goccia di latte
qualche goccia di olio di mandorle dolci

Mescolare gli ingredienti fino ad ottenere una pasta omogenea, spalmare e lasciare agire circa 15 minuti, dopo di che sciacquare.

lunedì 20 maggio 2019

Il gatto delle sabbie



Il gatto delle sabbie è uno splendido felino che vive esclusivamente in habitat sabbiosi come deserti e dune. È presente in tre aree distinte del mondo: nei deserti africani del Sahara in Algeria, Niger e Marocco, in tutta la penisola arabica e in alcune zone dell'Asia centrale tra cui Turkmenistan, Iran, Pakistan e Afghanistan. Fu scoperto nel 1858 e classificato da Victor Loche come felis margarita in onore del militare francese a capo della spedizione che lo scopri: Jean Auguste Margueritte. Sopporta condizioni climatiche estreme, con temperature che durante il giorno possono toccare punte di oltre 50 °C e di notte crollano fino a – 5 °C. Il suo corpo è una macchina perfetta per fronteggiare le avversità del deserto, in particolare le orecchie appuntite e munite di bolle timpaniche molto sviluppate assicurano all'animale un udito eccezionale in grado di localizzare di notte le prede nascoste sotto la sabbia. Rispetto a molti altri felini questo gatto è relativamente piccolo con un peso che va dai 1,5 a 3,5 kg, la coda lunga e le zampe corte. Il pelo di questo gatto è color deserto, giallo-sabbia chiaro con strisce nere o comunque scure sul dorso ma anche su zampe e coda mentre può comparire del bianco sul ventre e in zone intime. In inverno, il mantello può diventare molto folto, anche con peli lunghi 5 cm, ma la cosa più particolare è la lunghezza dei peli che coprono le zampe e che formano una sorta di cuscinetto su cui il gatto delle sabbie cammina in modo da non scottarsi. Conduce una vita solitaria tranne nei pochi momenti in cui si deve accoppiare. Vive in tane abbandonate da volpi o istrici dove resta soprattutto di giorno, anche per stare all’ombra, perché a caccia ci va di notte. Le sue prede sono roditori, lucertole, uccelli e insetti. È considerata una specie rara, difficile da studiare. Le abitudini schive dell'animale e l'ambiente proibitivo in cui vive ostacolano il lavoro dei ricercatori, per cui il comportamento in natura del “sand cat” è ancora avvolto dal mistero. Come se non bastasse, di notte i gatti della sabbia chiudono gli occhi se si avvicina un uomo, diventando quasi impossibili da individuare così perfettamente mimetizzati con l’ambiente.

domenica 5 maggio 2019

Riti e tradizioni del Ramadan

Seheriwalas - India
Il Ramadan non è solo un tempo di digiuno e preghiera, ma anche di riti e tradizioni uniche che si tramandano di generazione in generazione tra le diverse comunità musulmane del mondo. Eccone alcune:
-Egitto
In Egitto la popolazione accoglie il Ramadan con lanterne colorate, che simboleggiano l’unità e la gioia del mese sacro musulmano. Sono molte le leggende che raccontano la nascita delle lanterne e una di queste narra che durante la dinastia fatimide (attorno all’anno mille) l’esercito ordinò alla gente di accogliere il califfo di notte, illuminando le strade con candele e, per proteggere le fiammelle, di avvolgerle con una protezione in legno. Le semplici scatolette di legno divennero poi elaborate lanterne, che brillano ancora oggi nelle notti egiziane. In Egitto, come in tanti altri paesi, i bambini vanno in giro con le lanterne, cantando e offrendo le benedizioni di Allah, in cambio di dolci e piccoli regali.
-Libano
In Libano e in altri paesi del Medio Oriente, colpi di cannone a salve segnalano ogni giorno l’Iftar, la cena che interrompe il digiuno quotidiano. E’ una tradizione, chiamata Midfa Al Iftar, nata casualmente al Cairo 200 anni fa, quando l’allora governatore ottomano, Kosh Qadam, mentre stava provando un nuovo cannone, sparò volontariamente un colpo, proprio al tramonto. Anziché spaventarsi, la popolazione pensò che fosse un modo per segnalare la fine del digiuno e in tanti si complimentarono con il governatore per la nuova idea. La figlia Fatma chiese al padre di istituzionalizzarla .
-Marocco, Turchia, India, Albania
Durante il Ramadan, prima dell’alba, le strade delle città e dei villaggi marocchini si popolano di fanar, persone scelte nelle comunità locali per la loro onestà e il loro altruismo che, vestite con i tradizionali abiti lunghi bianchi e i cappelli rotondi locali, suonano il corno e cantano dolci melodie, per svegliare la gente per la colazione del mattino, il suhoor, un ricco pasto da consumarsi prima che sorga il sole. E’ un rito che ha radici lontane: la leggenda narra che un compagno di Maometto, nel settimo secolo, avesse l’abitudine di girare per le strade all’alba, cantando preghiere con una bellissima voce.
In Turchia invece, ci pensano oltre 2 mila suonatori di tamburo, anche loro in abiti tradizionali, a dare la sveglia per la colazione.
In India, nonostante la maggioranza induista, a New Delhi, sin dalle 2 di notte, nei quartieri con forti minoranze musulmane, vanno ancora in giro i seheriwalas, eredi della cultura dell’antica dinastia Moghul e dell’era musulmana, ed inneggiano al nome di Allah per svegliare i loro correligionari.
In Albania sono invece i membri della comunità rom musulmana a suonare il tamburo e a ballare per le strade, alla fine della giornata del digiuno, e sono spesso invitati nelle case per esibirsi in danze tradizionali.
-Indonesia
In Indonesia, i musulmani si purificano collettivamente, lavandosi tutti insieme in acque di sorgente e insaponandosi dalla testa ai piedi, specie a Giava. Le sorgenti hanno un profondo significato religioso nella cultura locale. Un tempo erano i religiosi musulmani che indicavano ai fedeli i luoghi dove immergersi. Oggi ciascuno si reca nei laghi e nei torrenti più vicini.
-Iraq
Nella notte, dopo aver interrotto il digiuno del Ramadan e mangiato abbondantemente, molte persone in Iraq si radunano in sale o piazze per giocare alla partita di mheibes, o gioco dell’anello. Le squadre sono due e possono andare dai 40 fino ad un massimo di 250 giocatori. Il capo della prima squadra tiene l’anello nascosto tra le sue mani sotto un velo. Gli altri membri sono tutti seduti con le mani serrate a pugno chiuso posate sul grembo. Il capo passa di nascosto l’anello ad un compagno e gli avversari devono indovinare, basandosi solo sul linguaggio del corpo, chi lo ha ricevuto. La partita dell’anello era un gioco di dissimulazione molto popolare in Iraq. La guerra sembrava averlo spazzato via e invece negli ultimi anni è ritornato ad essere praticato nel mese sacro.
-Sudafrica
La fine del Ramadan è segnalata in tutto il mondo dall’apparire della nuova luna. In Sudafrica i musulmani la celebrano con “gli avvistatori della luna”, che si appostano nei luoghi più spettacolari di Cape Town, la “città Madre” sudafricana, ed aspettano che il satellite della Terra appaia. Il primo che riuscirà a vederla ad occhio nudo darà la notizia e, in un tam tam collettivo, tutta la comunità musulmana sudafricana sarà informata che il Ramadan è finito e che la festa dell’ Eid Al Fitr a conclusione del mese sacro può cominciare.

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venerdì 12 aprile 2019

La danza della melaya.




La danza della melaya è una danza folcloristica che deve il suo nome alla melaya, ossia lo scialle nero con cui viene ballata. Vede le sue origini nella regione di Alessandria d’ Egitto. In questa città di mare, dove si dice che la gente abbia un temperamento particolarmente allegro, le donne usavano coprirsi con un telo scuro e pesante detto appunto "melaya “ con il quale si nascondevano dagli sguardi indiscreti degli uomini, ma allo stesso tempo lo usavano anche come strumento di seduzione, un accessorio con cui giocare al "vedo non vedo" durante il rituale del corteggiamento. Nasceva così questa danza briosa e piena di energia, che simula il corteggiamento tra un uomo e una donna, con la donna che si ritrae dalle avance dell’uomo, nascondendosi, ma con maliziosa maestria, dietro al suo scialle nero, giocando tra la timidezza, il disdegno e la provocazione.
L'abbigliamento è legato alla tradizione; la danzatrice solitamente indossa la gallabiyya, un tradizionale abito lungo, il mandil, un fazzoletto adornato con ponpon e sistemato sul capo, e infine la melaya, lo scialle nero di ampie dimensioni.
La coreografia vede gli uomini (solitamente pescatori) seduti ai tavolini di un caffè, che bevono  e fumano con le loro shisha. Le donne invece competono per l'attenzione flirtando. Si avvolgono la melaya intorno al corpo ed iniziano a danzare coperte per suscitare curiosità, poi, man mano, si scoprono, giocando di continuo con lo scialle, roteandolo con vigore intorno al corpo ed eseguendo varianti che a volte mettono in evidenza i movimenti del bacino e a volte quello delle braccia e dei passi, mentre le mani trattengono abilmente il telo nero.
Alla fine, gli uomini e le donne ballano insieme. Il tutto con ammiccamenti, moine, giochi di sguardi, che rendono questa danza particolarmente divertente e sbarazzina.
Il costume maschile è quello tipico del pescatore, tra cui un pantalone nero, un maglione, un gilet multicolore e un cappello bianco da pescatore.

venerdì 15 marzo 2019

La leggenda del merlo bianco di Medina Azahara



Raccontano la tradizione e la leggenda che l’ Emiro Abderramàn III, che portò il Califfato di Cordoba al massimo del suo splendore nel X° secolo, nascondesse dietro l’impassibile facciata di uomo di Stato amante delle arti e delle armi, un carattere irascibile, crudele e sanguinario, che spesse volte lo mise di fronte al malcontento dei sudditi.
Si racconta anche che questi imprevedibili scatti d’ira erano dovuti ad un esacerbato edonismo, che lo portava ad essere ossessionato dalla bellezza, caratteristica di cui era carente. Nonostante gli splendidi occhi azzurri che spiccavano in un volto dagli amabili tratti, Abderramàn III aveva ereditato dalla madre cristiana una capigliatura rossiccia, che faceva coprire di colore scuro, e dei tratti marcatamente europei che lo discostavano dai tipici tratti orientali. Non solo. Il povero Emiro non era di statura alta, e i suoi detrattori erano soliti burlarsi della sua andatura, raccontando inoltre che solo quando sedeva a cavallo i sudditi potevano vederlo in una posa degna di un Califfo. La solitudine e il sentirsi messo da parte nel proprio regno portarono l’Emiro a ricreare a Cordoba la vita tipica delle Corti europee. Feste, balli, buffoni ed adulatori, banchetti furono una delle debolezze di questo malinconico uomo di stato, che non fecero altro che peggiorare la sua triste situazione, tanto da fargli dimenticare le tradizioni e la religione che lo legavano alla sua cultura. Durante un incontro pubblico, infatti, il potente magistrato Mundir ibn Sa’id al Balluti lo rimproverò di non aver presenziato alle preghiere nella moschea di Cordoba nelle ultime tre settimane per essersi dedicato quasi ossessivamente alla costruzione della città-palazzo di Medhina Azahara. È però grazie a questa ossessione che Medhina Azahara può ancora oggi considerarsi come uno dei gioielli dell’architettura araba in Spagna: una splendida cittadella, cui Abderramàn III dedicò tutto se stesso, perché voleva che fosse più bello dell’Eden. Passava ore in compagnia degli architetti, verificando il progetto, i lavori. Amava leggere poesie e ascoltare musica immerso nel rigoglio dei giardini che i suoi antenati avevano fatto costruire sulle rive del Guadalquivir, in attesa che il suo progetto giungesse a termine.
Cresciuto dai nonni in un vero e proprio harem, Abderramàn sembrava preoccuparsi solo di essere circondato dal lusso e dai piaceri mondani. La sua ossessione per la bellezza si trasformò in ossessione per la ricerca della felicità, e tale fu questa nuova ossessione che Abderramàn dispose che venissero appuntati in un diario i giorni in cui gli sembrava di averla quasi raggiunta. Anche in questo forse non fu fortunato: nel suo diario se ne contano solo 14, in oltre 70 anni di vita. Di questi 14 giorni, però, ce n’è uno di particolare importanza, rimasto intrappolato come una leggenda nelle rovine dello splendido salone di Medina Azahara.
Racconta la leggenda che un giorno Abderramàn, stanco, malinconico e triste per una lunga ed accesa discussione con la principessa consorte Zahara si ammalò gravemente, e si rinchiuse nel salone principale di Medina Azahara. Una mattina, all’alba, l’armonioso suono di uno “zyriab” (un merlo bianco) lo risvegliò, avvisandolo dell’arrivo della sua amata. Le porte del salone si aprirono ed entrò Zahara, che piangendo si prostrò davanti al suo sposo, chiedendo perdono per la discussione che aveva reso Abderramàn così triste. Gli confessò che uno “zyriab” aveva cantato davanti alla sua finestra, raccontandole il segreto racchiuso tra le mura del palazzo: Medina Azahara era il luogo che doveva celebrare il loro amore, la bellezza del loro sentimento. Per questo Zahara chiese ad Abderramàn di seminare attorno al palazzo una fila di mandorli ed una di aranci, in modo che il loro fiorire annuale ricordasse a tutti il rinnovarsi del loro amore, che a Medina Azahara aveva trovato il proprio Eden. Abderramàn si riprese grazie alle cure del medico di corte (che, si dice, fosse “guidato” dal merlo bianco) e non appena gli fu possibile fece ricoprire di mandorli le colline circostanti. Da allora ogni primavera lo spettacolo della fioritura e il profumo dei fiori di mandorlo inondano le stanze di Medina Azahara, ricordando la storia di un amore infinito, vissuto tra le mura di un palazzo magico.
Medina Azahara è stata ed è ancora ricordata coma la cittadella più lussuosa e lussureggiante della dinastia Omeya nell’Andalusia dei secoli X° ed XI°. Ciò che rimane dei saloni dopo le razzie delle legioni berbere sono testimonianze di un luogo spettacolare, splendido ed unico. Costruita da Abderramàn III ed abbandonata da Almanzor fu una città creata per impressionare e farsi ricordare. Le rovine di questo splendido sito si trovano a 7 km da Cordoba.


giovedì 14 febbraio 2019

La poligamia e l'Islam




La poligamia è una pratica matrimoniale molto antica, tuttora ammessa in alcuni paesi, ma che è considerata reato nella legislazione della maggioranza degli stati odierni.
E’ da ricercare nell’Antico Testamento l’origine della poligamia nella religione Cristiana. La poligamia era stata introdotta per “proteggere” le donne, in maggioranza numerica rispetto agli uomini, quando esse erano orfane o vedove di conseguenza non in grado di provvedere a se stesse e quindi più facilmente prese di mira da “malintenzionati”. Era anche uno status: colui che sposava più donne era ricco, quindi potente, rispettato e accettato nella società per questo stesso motivo. Le ragioni, dunque, erano storiche, sociali e culturali oltre che religiose.
Diffusissima in Egitto, Persia, Assiria, Giappone, India e Russia, la poligamia era largamente praticata anche in Grecia. In Cina, ogni uomo aveva diritto ad avere fino a centotrenta mogli mentre presso i giudei, l’uomo poteva averne parecchie centinaia.
Ardeshir Babakan(fondatore della dinastia sasanide) e Carlo Magno (ottavo secolo dopo Cristo), avevano ognuno circa quattrocento donne nei loro harem, ma è proprio nel corso del regno di questo imperatore che la poligamia fu abolita dalla Chiesa in tutto il mondo cristiano.
La poligamia praticata dalle diverse tribù arabe, all'epoca del Jahiliyyah (l'ignoranza), era delle più rudi, poiché l'uomo, oltre a sposare più di una donna non teneva assolutamente conto dei suoi  diritti. 
L'Islam fu la prima religione a porre dei limiti a tutti gli eccessi riguardanti la poligamia, accettandola sotto precise condizioni, cosa che nessuna religione aveva fatto prima di allora; bisogna comunque sottolineare che, sebbene permessa, è molto sconsigliata nel Corano.
1) La prima condizione riguarda il numero massimo di donne che si possono sposare, cioè 4.
Prima della venuta dell'Islam, tale numero non aveva confini: un uomo poteva essere coniugato con centinaia di donne allo stesso tempo.
2) la seconda condizione riguarda l'equità e l'uguaglianza tra le mogli e l'assenza di ogni ingiustizia o oppressione.
Se un uomo non è in grado di comportarsi in modo perfettamente equo con tutte (e ciò è estremamente difficile che si realizzi), andrà contro l'ira del suo Signore.
3) La capacità di spendere a favore della seconda moglie e dei suoi figli. Se il musulmano è certo di non essere in grado di sopportare le spese implicate, deve evitare di prendersi una seconda moglie.
La poligamia nella società islamica è resa ufficiale da un atto legale che prescrive all'uomo di pagare una dote alla moglie; i figli che nasceranno da quest'unione sono riconosciuti dall'uomo come figli legittimi; il marito ha l'obbligo di sovvenire alle spese necessarie alla moglie e ai figli.
L'Islam, dunque, non ha legalizzato la poligamia per soddisfare i desideri illimitati degli uomini, ma per proteggere le donne in determinate situazioni.
Ad esempio l’esistenza di una moglie sterile mentre il marito desidera avere dei figli: cosa sarebbe preferibile fare? Prendere una seconda moglie mantenendo la prima o divorziare abbandonandola, senza che lei ne abbia colpa? oppure una moglie malata la cui malattia la rende incapace ad assumere le sue responsabilità di moglie: cosa sarebbe preferibile fare nell'interesse della donna? Avere una seconda moglie assistendo anche la prima oppure  divorziare abbandonandola o convivere con delle amanti?
Molti si chiedono come mai all’uomo è permesso avere più mogli, mentre la donna non può avere più di un marito. Questo perché nel caso della poligamia, i genitori dei bambini nati in un matrimonio possono essere facilmente identificati. E’ facile da identificare sia il padre che la madre. Ma se una donna sposa più di un uomo, solo la madre dei figli nati da tale matrimonio può essere identificata e non il padre. L'Islam attribuisce grande importanza alla identificazione di entrambi i genitori. Dato che il matrimonio in una delle sue fasi è un contratto legale tra la moglie e il marito, entrambi  i partner hanno il diritto di aggiungere qualsiasi condizione che pensano che li aiuterà a proteggere la loro vita futura e quindi se una donna non accetta la poligamia, può porre la condizione che il futuro marito non abbia altre mogli.  Sulla base di ciò, il marito deve impegnarsi a rispettare tale condizione  o non avrebbe alcun diritto di rifiutare il divorzio se la moglie lo dovesse chiedere.
Ciò che fa riflettere oggigiorno, è il fatto che la poligamia ancora praticata da alcuni popoli, sia additata come qualcosa di disdicevole che pone la donna ancor più in uno stato d'inferiorità rispetto all’uomo. Fa riflettere soprattutto poiché quest'affermazione è pronunciata da una società nella quale tutto è permesso. Anche se si cerca di nasconderlo, o far finta che non esista, la poligamia è praticata in tutte le società contemporanee, sotto il nome di amanti, di conviventi invece che sotto il nome di mogli. Non conosce limiti né regola giuridica: nessun obbligo finanziario o impegno materiale è prescritto all'uomo che coabita e convive con parecchie donne.

venerdì 1 febbraio 2019

La Grotta dei tre Ponti


Si chiama “Baatara Gorge Waterfall” ma è anche nota come  “Grotta dei tre Ponti” ed è una vera e propria meraviglia della natura. Si trova nel comune di Tannourine in Libano, vicino al piccolo villaggio di Balaa, a breve distanza dal Tannourine Cedar Reserve nei pressi del Monte Libano.La cascata in milioni e milioni di anni ha scavato un enorme buco nella roccia, una caverna aperta e profonda 250 metri il cui nome “Grotta dei tre Ponti” è stato dato a causa della sovrapposizione dei ponti naturali in calcare che sovrastano la bocca dell’abisso.
I geologi riferiscono che il ponte superiore sembra essere la formazione più antica e che i due ponti inferiori probabilmente si sono formati successivamente a causa della caduta di rocce e del calcare collassato. In alcuni punti, l'acqua cade ancora direttamente sul calcare e col tempo anche questo si consumerà. Lo spettacolo più incredibile si ha durante il disgelo del Monte Libano, quando la neve sciolta scende, con tutta la sua forza, a cascata con un salto di oltre 100 metri, nel grembo della montagna.I geologi sostengono che la formazione rocciosa risale a circa 160 milioni di anni fa, il che significa che era già presente nel periodo Giurassico, quando i dinosauri vagavano per la Terra. I ponti e la cascata sono diventati pubblici nel 1952, dopo che un biologo di nome Henri Coiffait scoprì e si interessò molto all'esistenza di questa meravigliosa bellezza naturale. Oggi è una popolare attrazione turistica ma si consiglia di essere estremamente cauti, poiché le scogliere sono scivolose e la roccia è piuttosto fragile; a volte grossi pezzi di ghiaccio cadono e rompono pezzi più grandi delle caverne e dei ponti pertanto non è permesso stare sul ponte a più persone per volta. 

martedì 15 gennaio 2019

Matrimonio in Egitto: 1° parte

Il fidanzamento

mariage egyptien  -  nuit du henne

In Egitto per la donna sposarsi è praticamente obbligatorio, pena la riprovazione, il rifiuto sociale. A volte nelle campagne le bambine di 12 anni si sposano, anche se la legge vieta il matrimonio fino al compimento dei 16 anni di età, ma spesso con sotterfugi la legge è violata. In questo paese, per la maggior parte delle volte, non ci si sposa per amore ma bensì per interessi e la donna che vive in un ambiente conservatore (quello più diffuso nell'Egitto “moderno") è destinata a sposarsi con un uomo che conoscerà solo qualche giorno prima del fidanzamento o se già lo conosce è perché quest'ultimo è un cugino (anche di primo grado) o un vicino di casa. Non è ben visto che due persone si conoscano fuori di casa senza che il futuro marito non passi prima a chiedere il permesso al futuro genero. Certo, esistono anche i matrimoni, i fidanzamenti fatti all'insaputa della famiglia, ma per la  maggioranza degli egiziani, il matrimonio  è ancora combinato dalle famiglie e spesso i prescelti sono cugini. Addirittura nel sud dell'Egitto uno zio della futura sposa può offendersi con il padre e la madre di lei se non scelgono suo figlio. Di solito l’uomo affida alla propria madre il compito di trovargli una moglie che vada bene per lui, la donna invece deve solo aspettare di ricevere qualche proposta. Al primo incontro, se la ragazza accetta il fidanzamento, si stipula un primo contratto ufficiale dove vengono decise la dote (shabka) e le spese per la casa e i mobili, quindi si da una festa, che a seconda delle possibilità delle famiglie, può essere molto fastosa o svolgersi solo in famiglia. La donna può anche rifiutare l’uomo che le viene proposto, ma se gli interessi della famiglia sono alti, spesso accade, anche ai giorni nostri, che il padre la obblighi. Bisogna anche dire che per la donna l'età è molto importante e tante donne sposano il primo uomo che si presenta solo perché hanno paura di rimanere zitelle e di essere additate, criticate, derise…avere  23, 24 anni ed essere ancora nubile, in molti ambienti è una vergogna, vuol dire che si hanno dei difetti e le malelingue mettono in giro voci terribili. Dal momento che i due sono fidanzati ufficiali (da sottolineare che in arabo si chiamano già marito e moglie) si stabilisce la data delle nozze  e non essendo ben visto il fidanzamento che dura più di un anno o due, di solito ci si sposa in pochi mesi, addirittura c'è gente che si fidanza ufficialmente e si sposa lo stesso giorno e fa una festa più grande. I fidanzati in quel lasso di tempo si vedono sempre in compagnia di qualche membro della famiglia che fa da supervisore. I giorni prima del matrimonio i mobili e  tutti gli accessori per la casa vengono portati in pompa magna con musica, canti e corteo di famigliari, nella casa dei due futuri sposi e molto tradizionale è la cucitura dei materassi. E' il marito che deve provvedere all'acquisto o all'affitto della casa coniugale e al mantenimento della moglie e dei figli. Il giorno prima del matrimonio c'è la festa chiamata "la notte dell'hennè". La famiglia della sposa si riunisce a casa della ragazza mentre quella dello sposo a casa dell’uomo e tra canti danze e scherzi, offerta di cibo e di bevande,la sposa davanti a tutta la sua famiglia immerge le mani nell'hennè riscaldato da molte candeline che la madre le porge. (continua)

martedì 1 gennaio 2019

Matrimonio in Egitto: 2° parte.

Il giorno delle nozze



In Egitto i modi di sposarsi sono molti e variano a seconda della ricchezza delle famiglie, dal grado di religiosità, dal tradizionalismo e persino dall'età dei due sposi e dal loro vecchio status famigliare (divorzio,vedovanza). Vedovi, divorziati, e coppie che si sposano in tarda età faranno una cerimonia sobria senza fronzoli.
Oggi anche  la donna può chiedere il divorzio, mentre prima vi era solo il ripudio del marito,  ma in Egitto è meglio essere vedove che divorziate, infatti la donna che divorzia deve risposarsi il più presto possibile e di solito gli uomini che accettano il matrimonio sono o vecchi o poligami. Chi è molto religioso si sposerà in moschea (il matrimonio egiziano e musulmano è di tipo civile) ma senza la presenza della sposa che aspetterà con le donne della famiglia a casa, mentre lo sposo celebrerà il matrimonio con il suocero…Questo perché la donna egiziana, quando si sposa, può delegare la firma dei documenti a suo padre (in caso lei fosse orfana ad uno zio) e questa usanza è seguita da tutte le spose per non mancare di rispetto al padre. I matrimoni più diffusi fra la gente comune vengono celebrati all’aperto dove viene montato un palco con un trono al centro per i due sposi, tantissime luci colorate e tanta musica. Davanti vengono sistemati tavoli e sedie per gli invitati e tutto intorno dei tendoni colorati per chiudere la zona. Nei matrimoni più conservatori uomini e donne sono separati. Il matrimonio comincia quando lo sposo, accompagnato da famigliari, va a prendere la sposa dal parrucchiere dove lei si fa depilare, pettinare e truccare; poi è il turno del fotografo, infine gli sposi arrivano nel luogo delle nozze e comincia la cerimonia. L’ingresso degli sposi viene accolto dalle donne di famiglia che manifestano la loro gioia con la “zaghroutah" che è quel suono che fa pressappoco così… “lululululululululi”, poi viene mostrato l’oro che il marito ha comprato alla sposa e quindi viene firmato il contratto davanti ad un rappresentante delle autorità, dal padre della sposa con lo sposo. Poi inizia la vera festa. Se gli sposi provengono da famiglie ricche, si organizza una festa che dura tre giorni, con cene sempre diverse, spettacoli vari, danza del ventre, show di cavalli arabi e musica con cantanti anche famosi. Se invece la famiglia ha meno possibilità, la festa dura solo una notte con musica, danzatrice o spettacolo e non sempre viene offerta la cena ma solo la torta, dei dolci e bevande. Nei matrimoni tra contadini o tra gente del sud, si usa sparare in aria con armi da fuoco, fare fuochi artificiali e spettacoli con il fuoco. Le feste egiziane si svolgono sempre alla sera, cominciano intorno alle 22 e finiscono tra l'una e le 3 del mattino. Una volta conclusa la festa c'è la parte privata del matrimonio, a volte le famiglie o il marito decidono di passare "l'entrata"(come la chiamano i "romanticissimi" uomini egiziani) in albergo. I viaggi di nozze sono una cosa acquisita recentemente.
La mattina dopo è tradizione che la suocera della sposa (perchè di solito la nuova famiglia va ad abitare presso la famiglia dello sposo, nella stessa casa o nello stesso edificio, il suocero in teoria prepara la casa a sue spese per la futura famiglia del figlio) porti una consistente colazione agli sposi. I matrimoni dei fellah e nel said (cioè nel sud dell’Egitto) invece hanno una triste e particolare tradizione che avviene prima dell'intimità dei due coniugi: la suocera della sposa con la madre di lei e le zie deflorano con una asciugamano e un pezzo di stoffa la ragazza per provarne la verginità. Fortunatamente questa usanza sta pian piano sparendo. 
C’è chi in Egitto si sposa anche non più giovanissimo  in quanto gli stipendi sono molto bassi ed allora i ragazzi, per avere una vita sessuale ricorrono al matrimonio temporaneo, anche se non è legittimo. In questo caso, se nasceranno dei figli saranno ritenuti illegittimi e questo comporta un problema molto grave per la donna, infatti se il matrimonio temporaneo non dovesse sfociare in un vero matrimonio, la ragazza risulterebbe nubile ma non più vergine, e questo è un elemento ancora molto importante nel matrimonio. Può capitare che in un futuro matrimonio legittimo, la sposa non vergine venga respinta dal marito, e uccisa dalla propria famiglia in quanto l'avrebbe disonorata.Ciò avviene spesso nelle periferie, nelle campagne e negli strati più miseri della popolazione.