venerdì 20 maggio 2016

La leggenda di Aisha Kandisha.


Aisha Kandisha è uno dei tanti jinn (termine arabo che designa uno spiritello di natura sia benevola sia, per lo più, maligna) che popolano l’immaginario del Marocco. Si manifesta sotto sembianze umane, spesso come una donna bellissima con una leggera veste bianca, altre volte come una vecchia strega senza denti; in ogni caso, la si può riconoscere da un particolare caratteristico: ha zampe di cammello o di capra al posto dei piedi e delle gambe. E appare di notte, solo agli uomini.
Si narra che, nel 17° secolo, una contessa di origine portoghese cadde follemente innamorata di un ricco uomo di Safi, cittadina sulla costa atlantica del Marocco. A differenza delle donne del posto, usciva senza velo indossando una lunga veste bianca e tutti gli uomini che la vedevano si innamoravano di lei, storditi dal suo fascino irresistibile. Tanti persero la ragione e vagarono disperati per l'eternità. Presto venne soprannominata “kandisha”, dalla parola portoghese “condessa”, contessa. Dopo il matrimonio con il suo amato, la donna si convertì all’Islam e prese il nome di Aisha. Secondo un’altra versione, Aisha era la figlia di un proprietario terriero dell’Alto Atlante, una giovane di rara bellezza, dalla pelle di un bianco candido, gli occhi nocciola e dai lunghi capelli neri. Per aiutare la resistenza contro gli invasori portoghesi già stabilitisi sulla costa e proteggere le proprie terre, la giovane utilizzava la sua avvenenza per sedurre gli ufficiali portoghesi, condurli in luoghi bui e appartati e quindi ucciderli. Anche dopo la sua morte continuò a vagare, specialmente vicino a corsi d’acqua e laghi, e a spaventare gli uomini che si avventuravano in luoghi isolati e che dovevano stare bene attenti a non soccombere alla sua bellezza, potendo facilmente riconoscerla dagli zoccoli di cammello al posto dei piedi. Il solo modo che gli uomini avevano per salvarsi era mostrare un coltello o un oggetto metallico.
Un’ultima versione ne fa una donna uccisa dal marito, che torna dall’oltretomba per vendicarsi degli uomini e il cui arrivo si riconosce dal suono dei suoi zoccoli di metallo che creano mille scintille.
Nella variante più moderna e urbana della leggenda, Aisha sarebbe l’incubo dei tassisti, dapprincipio ammaliati da una donna bellissima ed eterea e, in seguito, spaventati dal vederla trasformarsi in vecchia strega dai piedi di cammello proprio dentro al loro taxi. In realtà, di questa che viene considerata come una delle più conosciute leggende del Marocco, esistono varie versioni che talvolta si intrecciano ed è probabile che essa trovi le sue radici nella ben più antica mitologia ebraico-berbera del paese. Una cosa, però, è certa: ancora oggi Aisha Kandisha è viva nella memoria popolare marocchina, continua a spaventare gli uomini che viaggiano solitari e viene spesso invocata per tenere a bada i bambini monelli e spingerli ad addormentarsi rapidamente.

martedì 3 maggio 2016

Raqs el Saif, la danza che dona la libertà.



La danza "Raqs el Saif" affonda le sue radici nei tempi lontani e scintillanti di ori dei sultani ottomani. Le donne che vivevano nell’harem del sultano, vendute da familiari o rapite come bottino di guerra, odalische seminude, in questo serraglio di passione e voluttà, per pochi istanti danzanti, sfidavano la loro condizione di donne schiave e prigioniere rivendicando con elegante spudoratezza la libertà del loro animo ( "si può tenere una spada sopra la mia testa, ma io sono libera nella mia anima"). Si divertivano a sottrarre le spade ai loro carcerieri che adagiavano sulle loro teste, in equilibrio. In questa posizione continuavano ad eseguire la loro danza, fatta di passi così piccoli, da risultare quasi impercettibili, ma sensuali e morbidi. In questo modo fermavano quasi il tempo e lo “usavano” per stare ferme, per stare sulla scena, con aria di coraggiosa sfida e sguardo alto, ballerine impavide e simbolicamente libere. Nel breve tempo della "Raqs el Saif".